Il Cairo (Agenzia Fides) – Migliaia di persone hanno dimostrato ieri, 1° luglio, in piazza Tahrir al Cairo per chiedere che vengano portati a termine i processi contro chi ha ordinato la violenta repressione della rivoluzione di gennaio e febbraio, e per dare sostegno alle famiglie delle circa ottocento persone che hanno perso la vita durante gli scontri violenti che hanno preceduto la caduta del Presidente Mubarak. La dimostrazione non è stata turbata dagli incidenti come accaduto il 28 giugno, quando mille persone rimasero ferite negli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza.
Vi sono diverse interpretazioni su questi incidenti dice allAgenzia Fides p. Luciano Verdoscia, missionario comboniano che vive ed opera al Cairo. Da parte dei dimostranti si accusa lattuale governo militare di essere un residuo del vecchio regime e di usare gli stessi metodi intimidatori per sopprimere e mettere in cattiva luce lopposizione. Altri invece affermano che tra i manifestanti di piazza Tahrir si sono infiltrati elementi fondamentalisti, forse provenienti dallestero.
Secondo p. Luciano i giovani di piazza Tahrir sono impazienti, perché ritengono che il governo si inventi delle scuse per rimandare i processi nei confronti dellex Presidente Mubarak e del suo entourage, in particolare dellex Ministro degli Interni, ritenuti responsabili degli eccidi commessi al momento della rivoluzione di questo inverno. Allo stesso tempo, invece, vengono processati in via diretta i manifestanti che si sono resi responsabili di disordini o di reati comunque minori, se non insignificanti, durante questo periodo di transizione. Sembra quindi che il governo militare usi la legge marziale per giudicare questi casi e invece, per quanto riguarda le accuse contro i rappresentanti del vecchio regime, i processi sembrano andare molto a rilento.
Le recenti dimostrazioni, secondo il missionario, devono essere inserite nel contesto nel quale vive lEgitto. Si vive un momento di stasi e di attesa afferma p. Luciano. Vi sono dei ripensamenti sugli ultimi momenti: cè chi dice che in Egitto è in atto una vera rivoluzione ed altri, invece, che sono più scettici e ritengono che il Paese non sia ancora pronto per le votazioni. Si vive tra lentusiasmo del cambiamento, con la prospettiva di dare vita ad una democrazia matura e ad una società più giusta, e le paure dellincertezza del pericolo che i gruppi fondamentalisti, che sono i più organizzati, possano avere una voce forte nella riorganizzazione della società conclude il missionario. (L.M.) (Agenzia Fides 2/7/2011)
Vi sono diverse interpretazioni su questi incidenti dice allAgenzia Fides p. Luciano Verdoscia, missionario comboniano che vive ed opera al Cairo. Da parte dei dimostranti si accusa lattuale governo militare di essere un residuo del vecchio regime e di usare gli stessi metodi intimidatori per sopprimere e mettere in cattiva luce lopposizione. Altri invece affermano che tra i manifestanti di piazza Tahrir si sono infiltrati elementi fondamentalisti, forse provenienti dallestero.
Secondo p. Luciano i giovani di piazza Tahrir sono impazienti, perché ritengono che il governo si inventi delle scuse per rimandare i processi nei confronti dellex Presidente Mubarak e del suo entourage, in particolare dellex Ministro degli Interni, ritenuti responsabili degli eccidi commessi al momento della rivoluzione di questo inverno. Allo stesso tempo, invece, vengono processati in via diretta i manifestanti che si sono resi responsabili di disordini o di reati comunque minori, se non insignificanti, durante questo periodo di transizione. Sembra quindi che il governo militare usi la legge marziale per giudicare questi casi e invece, per quanto riguarda le accuse contro i rappresentanti del vecchio regime, i processi sembrano andare molto a rilento.
Le recenti dimostrazioni, secondo il missionario, devono essere inserite nel contesto nel quale vive lEgitto. Si vive un momento di stasi e di attesa afferma p. Luciano. Vi sono dei ripensamenti sugli ultimi momenti: cè chi dice che in Egitto è in atto una vera rivoluzione ed altri, invece, che sono più scettici e ritengono che il Paese non sia ancora pronto per le votazioni. Si vive tra lentusiasmo del cambiamento, con la prospettiva di dare vita ad una democrazia matura e ad una società più giusta, e le paure dellincertezza del pericolo che i gruppi fondamentalisti, che sono i più organizzati, possano avere una voce forte nella riorganizzazione della società conclude il missionario. (L.M.) (Agenzia Fides 2/7/2011)
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