Il card. Tauran in Algeria: Papa Francesco incoraggia cristiani e musulmani al dialogo
Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, è in questi giorni in visita in Algeria come inviato speciale del Papa per le celebrazioni dei 100 anni della Basilica di SantAgostino ad Annaba. Al porporato Papa Francesco ha affidato un suo messaggio nel quale incoraggia il dialogo tra cristiani e musulmani e ringrazia le autorità algerine per aver contribuito ai recenti restauri della Basilica. Al microfono di Tiziana Campisi, il cardinale Tauran spiega come, in questo centenario, lAlgeria continui a riscoprire la Chiesa cattolica nella sua storia:
R. E un segno penso di grande maturità, perché è un popolo che assume la sua storia. Lì, ovviamente, i cristiani cerano prima dellislam e hanno conosciuto questa pagina della loro storia e soprattutto riconoscere che Agostino è un algerino … e che algerino!
D. Quanto la figura di SantAgostino sta ancora contribuendo allo sviluppo del dialogo interreligioso?
R. Prima di tutto, SantAgostino unisce le due sponde del Mediterraneo; è un pensatore, un genio: ci sono poche persone che hanno la dimensione di quelluomo! La cosa che mi ha sempre impressionato è pensare che ha scritto tra le più belle pagine di teologia mentre la città di Ippona era assediata: lui si prodigava per i rifugiati, allo stesso tempo; era un pastore che seguiva la vita quotidiana dei suoi fedeli. Direi che il grande apporto di SantAgostino è questo: che non cè opposizione tra fede e ragione.
D. Quale messaggio di Papa Francesco porta allAlgeria?
R. La Lettera che il Papa mi ha indirizzato parla del dialogo interreligioso ovviamente e della gratitudine della Chiesa cattolica per la comprensione e la generosità, anche, dei musulmani, perché le autorità hanno collaborato anche economicamente al restauro di questa bellissima chiesa.
D. Che segno vuole essere la Basilica di SantAgostino in un Paese prevalentemente musulmano?
R. Io penso che ricorda a tutti che siamo fatti per vedere Dio: e questo è un segno molto potente, soprattutto in un Paese musulmano dove la preghiera svolge un ruolo importante. I musulmani pregano parecchie volte al giorno, in pubblico in privato, ma anche in pubblico e quindi è bene che anche i cristiani, con la maestà di questa chiesa, ricordino che anche noi lodiamo il Signore, lunico Dio, e che siamo fedeli ai nostri doveri.
D. Secondo lei, quanto possono essere importanti i pellegrinaggi dei cristiani in Algeria, in quei luoghi dove ancora sopravvivono testimonianze della Chiesa?
R. Io personalmente credo molto in questi piccoli gesti della vita ordinaria e quindi anche nei pellegrinaggi, perché tessono rapporti umani molto più profondi che non a livello commerciale o turistico. E lì io penso che le nostre chiese debbano essere sempre aperte per accogliere chi vuole trovare un po di silenzio per pensare, per pregare, per ricordare ai concittadini che luomo non vive di solo pane
D. In che modo il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che lei presiede, può contribuire nella crescita del dialogo tra cristiani e musulmani in Algeria?
R. Il Pontificio Consiglio ha come scopo di favorire e coordinare iniziative, perciò noi abbiamo soprattutto contatti con la Conferenza episcopale, con i vescovi locali perché il dialogo non si fa a Via della Conciliazione: il dialogo si fa sul terreno. Quindi, in Algeria, nelle parrocchie e questo dialogo della vita è molto importante: vivere insieme, confrontati con gli stessi problemi, con le stesse difficoltà, come credenti E io penso che questa spontaneità nei rapporti sia la base di ogni dialogo e il dialogo interreligioso si basa sempre sullamicizia: ci si deve conoscere, amarsi vicendevolmente e fare un pezzo di strada insieme.
D. La Basilica di SantAgostino ad Annaba è come un faro per la città, posta comè su una collina. Che cosa dice agli algerini di oggi?
R. Che le religioni non sono un pericolo ma sono, al contrario, una fonte di pace e di comunione fraterna. Perciò, questa Basilica ricorda che non cè futuro se non un futuro condiviso.