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ALGERIA – (13 Maggio 2020)

Covid. In Algeria la politica resta in lockdown: bavaglio alle opposizioni e ai media


Federica Zoja mercoledì 13 maggio 2020
Le dimissioni di Bouteflika e l’uscita di scena di numerose figure a lui legate non hanno segnato un nuovo corso. L’attuale leader Tebboune usa gli stessi metodi. E approfitta della pandemia
In Algeria, nonostante la repressione, sono riprese le proteste dello scorso anno

In Algeria, nonostante la repressione, sono riprese le proteste dello scorso anno – Ansa

 

L’Algeria cerca di reggere il doppio colpo infertole da Covid-19 e ribasso dei prezzi del petrolio senza l’aiuto del Fondo monetario internazionale, che pure ha proposto un nuovo prestito, e optando invece per drastici tagli alla spesa pubblica e un’apertura del mercato interno agli investimenti stranieri. Misure ambiziose, segno di una volontà di cambio di paradigma rimasta per decenni in naftalina. Rimane, al contrario, drammaticamente ingessato il modello politico, finora incapace di una svolta: in nome dell’«unità nazionale», carta jolly utile per tutte le stagioni, la presidenza di Abdelmadjid Tebboune non perde occasione per mettere il bavaglio alle opposizioni, civili e militari. Per quanto riguarda lo scontro con la stampa indipendente, domenica scorsa un gruppo di giornalisti e internauti ha avviato una campagna di sensibilizzazione sui principali social algerini intitolata #Happy_FreeKhaled e dedicata al reporter Khaled Drareni, che in questi giorni compie quarant’anni mentre si trova in detenzione carceraria preventiva.

Drareni, collaboratore di Tv5Monde e fondatore del blog Casbah Tribune, non è un caso isolato: come lui, decine di altri opera- tori dei media che hanno denunciato le opacità di un sistema politico stantio. Questo nonostante le dimissioni del presidente Abdelaziz Bouteflika e l’uscita di scena di numerose figure a lui legate. Non ha prodotto alcun effetto, a fine aprile, la denuncia di Amnesty International contro un progetto di legge teso a contrastare la diffusione di fake-news che nuocciono all’ordine pubblico». La norma è stata adottata, questa settimana, dalle due Camere del Parlamento di Algeri. Il legislatore ne precisa la filosofia: «La libertà di opinione e di espressione non può essere invocata per giustificare la discriminazione e il discorso di odio». Secondo le maggiori Ong nazionali e internazionali, i 47 articoli della legge, con una intenzionale ambiguità, offrono alle autorità un ulteriore strumento, potentissimo, per zittire l’informazione indipendente e infierire sulle voci libere. Ad esempio, chi fosse ritenuto responsabile di «incitamento alla violenza» attraverso il proprio blog, rischierebbe fino a 7 anni di prigione. Nel frattempo, anche i vertici militari sono nel mirino.

Negli ultimi mesi, svariati generali hanno varcato la soglia di prigioni di massima sicurezza (mentre altri sono fuggiti all’estero o sono stati “dimissionati” prima del tempo): Wassini Bouazza, capo del controspionaggio militare, è stato arrestato e ora è in attesa di giudizio. Braccio destro del defunto capo di Stato maggiore Ahmed Gaid Salah, Bouazza avrebbe favorito la fuga a Dubai del segretario particolare del feldmaresciallo con appresso delicati dossier di politica estera e di difesa dell’Algeria. Quanto ai sopravvissuti, anche l’emergenza sanitaria li compatta intorno a Tebboune: il numero dei contagi da coronavirus è a quota 6.000, e sono 515 i decessi. Da metà marzo, qualsiasi assembramento è vietato: lo stesso Hirak, il movimento che dal febbraio 2019 scuote alla radice l’establishment algerino, ha disposto la sospensione temporanea delle manifestazioni. Tuttavia, domenica scorsa, nella regione Nord orientale della Cabilia, alcune migliaia di persone – poche centinaia, secondo le autorità – hanno deciso di riprendere la via della mobilitazione, protestando contro l’arresto di giovani attivisti. L’iniziativa è stata sposata dall’Hirak centrale. In parallelo, si rileva anche la ripresa del battage Web contro intimidazioni, convocazioni nei commis-sariati, incarcerazioni ai danni degli oppositori politici. Il messaggio è chiaro: a causa del virus, lo scontro frontale con il regime è rimandato, non cancellato.

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