Repubblica Centrafricana a rischio genocidio
Lo sfogo ad ACS di mons. Dieudonnè Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, e l’appello alle Nazioni Unite di inviare un contingente di pace adeguato
Roma, (Zenit.org)
«Il rischio che si arrivi al genocidio è imminente». Così larcivescovo di Bangui, monsignor Dieudonnè Nzapalainga, dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre durante una conversazione avuta mercoledì 12 febbraio. Il presule descrive lattuale situazione in Repubblica Centrafricana ed esorta le Nazioni Unite ad inviare un contingente di pace adeguato. «Con appena 4mila o 5mila soldati è impossibile restaurare la pace nellintero paese. Per proteggere la popolazione servono più uomini. La crisi ha ormai raggiunto proporzioni drammatiche e in Centrafrica potrebbero regnare definitivamente il caos, lanarchia e il disordine totale».
Monsignor Nzapalainga racconta di un suo recente viaggio a Bodango, un piccolo villaggio a 190 chilometri da Bangui. Arrivato sul luogo, il presule si è reso conto che erano scomparsi circa duecento musulmani che abitavano il piccolo centro ed ha chiesto ad alcuni militanti anti-balaka cosa fosse successo. «Mi hanno risposto che erano stati cacciati e si erano trasferiti nella capitale. Ma come potevano camminare per quasi 200 chilometri con donne, anziani e bambini? È chiaro che è andata diversamente».
Larcivescovo sottolinea come, a differenza di quanto diffuso dai media internazionali, gli anti-balaka che in lingua Sango significa anti-machete non sono milizie cristiane. Unestraneità più volte affermata dallepiscopato locale e ribadita ieri anche dal vescovo di Bangassou, monsignor Juan José Aguirre. «Nessuna milizia cristiana sta uccidendo i musulmani in Centrafrica – ha dichiarato ad ACS – Gli anti-balaka sono dei cittadini traumatizzati ed esaltati, che dopo aver subito per un anno violenze e soprusi da parte della Seleka, hanno deciso di vendicarsi riversando il proprio odio contro la coalizione e contro i centrafricani di fede islamica che lhanno sostenuta».
Intanto la popolazione continua a vivere nel terrore e ad assistere a scene che, afferma monsignor Nzapalainga, «ricordano il genocidio in Ruanda». Larcivescovo si riferisce a quanto accaduto a Bohong, il piccolo villaggio cristiano a 15 chilometri da Bouar attaccato dalla Seleka lestate scorsa. «Persone arse vive, case bruciate, teschi e ossa abbandonati tra le ceneri racconta Avevo visto simili crudeltà solo nei documentari sullolocausto ruandese. Oggi il diavolo vive nel nostro paese e se nessuno tratterrà la sua mano, il maligno riuscirà a raggiungere il suo obiettivo: uccidere e distruggere».
La presenza dei missionari è uno dei pochi aiuti rimasti ai centrafricani. «Loro hanno scelto di rimanere, non sono stati costretti. E nel coraggio di questi religiosi i centrafricani possono intravedere una luce nel buio della notte. Perché se i missionari sono ancora in Centrafrica, vuol dire che cè ancora speranza».