EGITTO – ( 24 Giugno )

Egitto: il presidente Morsi in diretta Tv per un discorso alla Nazione


Attesa in Egitto per il discorso alla Nazione che il presidente Morsi pronuncerà oggi in diretta Tv. Un intervento, il suo, che giunge in una settimana decisiva per la tenuta del governo. Domenica, infatti, l’opposizione, con il gruppo Tamarod (Ribellione), ha organizzato una manifestazione al Cairo per chiedere le sue dimissioni ed elezioni anticipate. Tutto questo mentre ricorre il primo anniversario dall’elezione di Morsi. Ma come è cambiato il Paese in questo ultimo anno? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Valentina Colombo, docente di Storia dei Paesi islamici presso l’Università Europea di Roma: RealAudioMP3

D. – Diciamo che l’Egitto è cambiato nel senso che, probabilmente oggi come oggi, c’è molta più responsabilità da parte dei cittadini. I cittadini hanno capito che votando com’è stato votato Morsi in alternativa a Shafiq, che veniva visto come espressione del vecchio regime, è stata votata una ideologia. Una ideologia contro il passato, un’ideologia volta a un cambiamento totale: dopo la laicità, o pseudo-laicità, di Mubarak, votare un partito islamico. Ma non dimentichiamoci che la maggior parte degli egiziani nelle elezioni presidenziali, che hanno visto contrapporsi Morsi a Shafiq, non ha votato: Morsi è stato eletto con 13 milioni di voti contro i 70 milioni abbondanti di cittadini egiziani.

D. – C’è ora la data del 30 giugno, scelta proprio dal movimento anti Morsi per chiederne le dimissioni e intanto sono scese in campo le forze armate. Insomma, una situazione incandescente…

R. – E’ una situazione incandescente, ma anche tipicamente egiziana. L’ingresso delle forze armate in campo è una costante nella storia politica egiziana: laddove abbiamo dei problemi politici, l’esercito è sempre entrato, l’esercito è sempre stato un po’ l’ago della bilancia. Ovviamente, a maggior ragione se si ha bisogno di un elemento forte, che è soltanto l’esercito. Teniamo presente che all’interno del movimento anti-Morsi troviamo anche alcune parti islamiche, ovvero gli estremisti islamici di destra, i salafiti: ci sono alcune parti di questo gruppo forte che iniziano a criticare Morsi stesso.

D. – E non si fermano poi solo alle critiche, visto che ci sono già dei fatti di violenza e anche questo non era mai avvenuto: ad esempio, 4 sciiti sono stati linciati in un villaggio proprio per aver promosso il loro credo in un villaggio a maggioranza sunnita. Questo è successo nel sud del Paese.

R. – Questo deve far riflettere! Questo è un qualcosa che rappresenta veramente – possiamo dire – una novità, però non stupisce. Questo ha a che fare non tanto con l’Egitto, ma con la situazione siriana. Noi, all’inizio di giugno, abbiamo avuto la dichiarazione di jihad in Siria, da un lato, da parte del leader dei Fratelli musulmani, e dall’altra di Hezbollah, partito del movimento islamico sciita in Libano, scatenando la guerra non tanto dei siriani contro il regime di Assad, ma una guerra interna, intraislamica tra sunniti e sciiti. E questo cosa significa? Significa che in tutti i Paesi, compreso l’Egitto, laddove non si erano mai registrati scontri di questo genere – scontri nei confronti di cristiani sì, ma nei confronti degli sciiti rarissimamente si erano avuti fatti di questo genere – se si invoca una jihad che vede l’asse sunnita contro l’asse sciita, si arriva anche a questo.

D. – Tutte queste tensioni interne cozzano poi con il ruolo di mediatore che il Paese ricopre in ambito internazionale, soprattutto per quanto riguarda lo scacchiere mediorientale. Può oggi l’Egitto essere ancora credibile?

R. – Io credo di no, ma non solo l’Egitto. Io, a questo punto, parlerei dei Fratelli musulmani in generale: purtroppo i Fratelli musulmani sono stati considerati dagli Stati Uniti e dall’Occidente il male minore in questi Paesi, ma purtroppo quello che si sta rivelando – sia in Tunisia come in Egitto, per non parlare poi ovviamente della situazione siriana, che è ancora tutta in fieri – è che i partiti legati al movimento dei Fratelli musulmani sono tutt’altro che affidabili. Continuano la loro politica di doppio linguaggio: un linguaggio moderato, addolcito nei confronti dell’Occidente, nei confronti degli Stati Uniti, e invece un linguaggio più duro, più islamicamente corretto all’interno. Queste due facce, ovviamente, rappresentano una schizofrenia nelle loro decisioni. Per cui, addirittura, c’è chi oggi definisce persone come Ghannouchi in Tunisia o persone come Morsi addirittura dei filo-sionisti, il che è una assurdità ovviamente. Però, c’è la percezione, all’interno di Paesi come l’Egitto, che i partiti al potere siano scesi a patti con l’Occidente e con il nemico di sempre che è Israele.

Testo proveniente dalla pagina

 

http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/24/egitto_di_nuovo_in_fermento_a_un_anno_dallelezione_del_president/it1-704324


del sito Radio Vaticana

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