EGITTO – ( 27 Gennaio )

Egitto: 86 morti negli ultimi due giorni. Mansour promuove il generale al-Sisi, presto le presidenziali



In Egitto è salito a 86 morti il bilancio delle vittime degli scontri che hanno insanguinato le celebrazioni, sabato e domenica, del terzo anniversario della caduta del regime di Mubarak. Il Paese intanto si prepara alle elezioni presidenziali che si terranno prima delle legislative, come ha confermato il capo di Stato Adly Mansour, che oggi ha promosso al grado di Maresciallo di Campo, il più alto, il generale Abdel Fattah al-Sisi. E oggi il Consiglio supremo militare egiziano si è riunito per decidere sulla candidatura del generale alle prossime presidenziali. Sulla situazione nel Paese Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Alberto Ventura, docente di Storia dei Paesi islamici presso l’Università della Calabria:RealAudioMP3

R. – Bisogna ricordare che la cifra dei deceduti dal luglio scorso – da quanto cioè è stato destituito Morsi – si aggira intorno al migliaio. È una situazione veramente molto grave. La rivoluzione che aveva portato all’abbattimento del regime di Mubarak, tre anni fa, in qualche modo è abortita: dalle elezioni democratiche che ne sono risultate ha vinto un partito, quello dei Fratelli Musulmani, che non ha risolto i problemi anzi ha scontentato gran parte di quelle che erano state le anime della rivoluzione. Alla fine, naturalmente, l’intervento militare ha preso il sopravvento e sta conducendo la situazione egiziana in maniera non particolarmente efficiente, né come intelligence del terrorismo, né soprattutto come proposta politica per una normalizzazione del Paese.

D. – In questo contesto le elezioni presidenziali si svolgeranno prima delle parlamentari…

R. – Sì, vedremo a cosa porteranno. È certo che il popolo egiziano in questo momento è piuttosto stanco dell’instabilità e della profondissima crisi economica che attanaglia il Paese; quindi, non credo che a breve ci possano essere svolte particolarmente decisive. Ho paura che l’instabilità e le violenze potranno continuare.

D. – Neanche dieci giorni fa con il referendum è stata approvata – praticamente all’unanimità – la nuova Costituzione…

R. – Innanzitutto, l’approvazione della Costituzione è solo un passo formale che deve essere seguito poi da un mutamento sostanziale. Sono molti gli articoli di questa Costituzione che sono stati ritoccati rispetto a quella, pur recente, del 2012, approvata sotto il governo di Morsi, e che fanno pensare ad un maggiore rispetto dei diritti umani, a maggiori tutele verso i minori e verso i diritti delle donne. E’ chiaro però che bisogna vedere nella realtà cosa succede; per esempio, quando si parla di libertà di espressione e di manifestazione e poi però si danno ampi poteri alle istituzioni di vietare, e se necessario contenere anche con la forza, queste manifestazioni allora il dettato costituzionale sembra del tutto inutile. Più che una vigilanza su articoli che riguardano i diritti umani, la cosa importante sarebbe un cambiamento politico profondo.

D. – Con la decisione di anticipare le presidenziali prima delle legislative gli occhi puntati adesso sono sul generale Al Sisi, che si è detto pronto ad una candidatura se questo fosse richiesto. Questo uomo forte viene acclamato nelle piazze come in grado di riportare la stabilità e la sicurezza…

R. – La sensazione è che si voglia forzare un po’ la mano su queste elezioni proprio per confermare alla guida del Paese questo indirizzo militare forte; finora però non sembra che questo gruppo di militari sia riuscito a garantire quella stabilità che vorrebbe promettere a parole. I segnali che ci arrivano – con intromissioni di gruppi terroristici e con brigate del Sinai – continuano, nonostante la repressione avvenuta sul posto, a far sentire la loro voce, adesso anche con attentati kamikaze e autobombe nelle stesse grandi città, come Il Cairo ed altre città dell’Egitto. Il progetto dell’uomo forte, che salva il Paese potrebbe essere una chimera.

D. – Come si inquadra l’Egitto in questo momento nel contesto internazionale?

R. – Gli intrecci sono molteplici. Innanzitutto, mi sembra ci sia un evidente tentativo di ricollocamento dell’Egitto in un’ottica continentale-africana: la visita del ministro degli Esteri Nabil Fahmy in Algeria sta a significare proprio questo, nonostante siano state smentite voci di accordi più o meno segreti tra i due Paesi. L’Egitto si sta quindi rendendo conto che in questo momento potrebbe essere una potenza regionale, non tanto nella questione mediorientale – come ha sempre cercato di fare –più che altro sul fronte africano vero e proprio. In quel caso potrebbe esser un Paese leader e recuperare parte di quel prestigio, anche economico, che in gran parte ha perso.

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del sito Radio Vaticana
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