EGITTO – ( 28 Aprile 2016 )

Egitto a un bivio tra Mediterraneo e le finanze saudite

di Valentina Colombo
 
28-04-2016
 
Il vertice tra El Sisi e il re Salman

Da un lato proteste interne contro il governo di El Sisi e in risposta nuovi arresti nei confronti di giornalisti e attivisti, dall’altro proteste italiane e internazionali riguardanti il caso Regeni e la libertà di espressione nel paese e in risposta irrigidimento egiziano verso nord e nuove alleanze a sud-est. La terra dei Faraoni sembra in preda a uno schizofrenico tentativo di salvarsi dall’opposizione interna ed esterna, dalla crisi economica e dal terrorismo. Alleanze spezzate, alleanze ricucite, nemici veri e presunti da combattere a breve termine, ma apparentemente nessun obiettivo a lungo termine.

Ebbene, la visita ufficiale del re dell’Arabia Saudita Salman in Egitto, durata dall’8 al 12 aprile scorso, e conclusasi con la firma di una serie di accordi per progetti di sviluppo e investimenti in Egitto del valore di oltre venti miliardi di dollari, conferma la cooperazione e l’intesa, avviata sin dalla presa di potere di El Sisi, tra i due giganti dai piedi d’argilla del mondo sunnita in Medio e Vicino Oriente. Malgrado le finanze saudite si siano assottigliate per via del drastico calo del prezzo del petrolio, Riyadh ha deciso di correre in soccorso dell’Egitto e di offrire l’aiuto economico necessario per sostenerlo, e al contempo estendere la propria influenza religiosa e politica sul più importante paese sunnita del Nord-Africa.

L’annuncio della costruzione di un ponte che unisca il regno saudita a Sharm el Sheikh – annuncio già fatto sia ai tempi di Mubarak che a quelli di Morsi – sembra indicare sia la volontà saudita di contribuire al risanamento delle perdite egiziane nel campo del turismo sia la necessità di trovare un’alternativa alla perdita di uno dei luoghi privilegiati del turismo saudita e dei paesi del Golfo, ovverosia il Libano, ma non da ultimo di facilitare il transito dei pellegrini egiziani verso la Mecca, fonte di ingenti introiti per il Regno. L’annuncio della “restituzione” all’Arabia Saudita delle due isole sul Mar Rosso di Tiran e Sanafir, sulle quali dovrebbe poggiare il suddetto ponte, ha già provocato numerose reazioni negative non solo da parte dell’opposizione a El Sisi, in primo luogo la Fratellanza, ma anche da parte di alcune moschee egiziane che hanno chiamato i fedeli a protestare dopo la preghiera di venerdì 15 aprile.

La visita di re Salman all’università islamica di al-Azhar, alla quale il Regno ha versato dal 2014 somme cospicue per il restauro della struttura, e l’impegno a versare altri fondi per una cittadella della ricerca e un dormitorio per studenti, indica altresì la volontà saudita di influenzare la politica religiosa. Nonostante re Salman abbia incontrato anche il papa copto Tawadros, quasi a volere tranquillizzare gli animi della principale minoranza del paese che ha appoggiato sin dall’inizio El Sisi, è evidente che si sia trattato di un tentativo di tamponare l’ufficializzazione del rapporto con uno Stato che al proprio interno discrimina altamente i cristiani.

Gli accordi tra Egitto e Arabia Saudita hanno cercato quindi di rafforzare la coalizione sunnita guidata dal Regno che necessita sicurezza ai propri confini laddove all’interno la dinastia reale deve affrontare quotidianamente frange di opposizione violenta e non violenta e il problema di una sempre più difficile successione in seno alla famiglia Al Saud. Una coalizione sunnita contro il terrorismo, che pur essendo numericamente superiore all’asse sciita, è senza dubbio più fragile in quanto meno compatta sia nei rapporti interni sia in quelli esterni.

In questo contesto può essere letto anche l’atteggiamento del governo egiziano nei confronti del governo italiano sul caso Regeni ovverosia un ennesimo atto di chiusura e irrigidimento, dovuto a una profonda debolezza interna di El Sisi – che sta agendo come un funambolo tra rimaneggiamenti di ministri, attriti in seno alle forze di polizia, crisi economica e minaccia terroristica – che non vuole correre il rischio di ammettere pubblicamente una falla nei propri apparati di sicurezza e/o una mancanza di controllo reale sull’opposizione interna. In altre parole, l’Egitto si trova a un bivio: guardare al Mediterraneo oppure guardare alla penisola arabica sia nelle questioni interne che internazionali, ma soprattutto deve decidere se puntare a una politica a breve termine dettata dalla paura oppure a una politica a lungo termine per evitare di cadere nel baratro e implodere nei prossimi anni.

Il testo originale e completo si trova su:

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-egitto-a-un-bivio-tra-mediterraneo-e-le-finanze-saudite-15990.htm

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