EGITTO – ( 29 Maggio )

Egitto. Migliaia in piazza Tahrir: al ballottaggio ex premier di Mubarak

La miccia egiziana rischia di prendere nuovamente fuoco. E questo dopo la diffusione, ieri, dei dati ufficiali delle elezioni presidenziali. Al ballottaggio se la vedranno l’ex premier di Mubarak, Ahmed Shafiq ed il leader dei Fratelli Musulmani, Mohammed Morsi. Un risultato che ha fatto riversare nella notte in piazza Tahrir, al Cairo, migliaia di manifestanti, che hanno poi dato fuoco al quartier generale di Shafiq. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

I giovani egiziani, quelli di piazza Tahrir, non ci stanno. “Un pericoloso passo indietro” – lo definiscono – rispetto a quella rivoluzione in cui hanno creduto fortemente; la stessa che, dopo mesi di braccio di ferro, ha portato via il presidente Mubarak. Una rivoluzione, però, dalla strada sbarrata, proprio da un collaboratore dell’ex capo indiscusso dell’Egitto: il suo premier, Ahmed Shafiq, che ora se la vedrà al ballottaggio con il leader dei Fratelli Musulmani, Mohammed Morsi. Comunque vada, insomma, dalle urne uscirà un presidente lontano dalle istanze dei manifestanti. Marcella Emiliani, giornalista esperta di Medio Oriente al microfono di Giada Aquilino:

Morsi e Shafiq sono due personaggi già consumati agli occhi di quei giovani scesi in piazza per cacciare Mubarak. Il più compresso è certamente Shafik, perché è stato primo ministro: tra l’altro, era stato eliminato dalla Commissione elettorale, poi ha fatto ricorso ed è stato riammesso alla tornata di consultazioni. Ora, il problema è vedere perché il voto degli egiziani si sia concentrato su Shafiq, un personaggio ben poco appetibile: c’è chi dice che tutta la parte secolarizzata della società non voglia uno strapotere dei Fratelli musulmani. Morsi è il segretario generale del Partito “Giustizia e libertà”, quello che è stato creato dai Fratelli musulmani, i quali – con le legislative – hanno già acquisito quasi il 50 per cento dei seggi in Parlamento.

L’epicentro della protesta, comunque, torna a Piazza Tahrir, simbolo di un cambiamento che stenta a venire e che rischia definitivamente di non far sbocciare più quei fiori della primavera araba, il cui odore di democrazia aveva inebriato i giovani egiziani.

 
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