EGITTO – ( 3 Settembre )

Il direttore del periodico Watani: «Ora l’Egitto guarda avanti con fiducia»

di Carlo Giorgi | 3 settembre 2013

Il direttore di Watani, Youssef Sidhom.

(Milano) – «Per il nuovo corso dell’Egitto sono davvero ottimista. Allontanando il presidente Mohamed Morsi e togliendo di mezzo il governo dei Fratelli Musulmani, l’Egitto è diventato un luogo di grandi speranze, sia per i cristiani sia per i musulmani». Youssef Sidhom, giornalista cristiano, è il direttore di Watani («La mia patria»), il giornale più influente della comunità copta egiziana. 40 mila copie stampate ogni edizione; un sito Internet e una pagina Facebook che registrano circa 25 mila visitatori ogni giorno. I giornalisti a tempo pieno sono 45, decine i collaboratori esterni freelance (tra cui molti corrispondenti da numerose città del Paese). Un giornale considerato importante anche dagli osservatori internazionali, per comprendere dove stia andando oggi l’Egitto.

«Il Paese ha passato tempi difficili e sta guardando avanti – spiega Sidhom -, la strada per diventare un moderno Stato civile è lunga, siamo ancora ai primi passi… Fino ad ora l’Egitto sta pagando un prezzo davvero grande per aver tolto di mezzo i terroristi, ma guardiamo avanti con grandi speranze. In questi giorni si sta lavorando ad emendare la Costituzione. La prima fase di questo lavoro è stata terminata: una commissione di dieci esperti costituzionalisti ha emendato 198 articoli della vecchia Costituzione; adesso siamo alla seconda fase del lavoro. Due giorni fa un decreto presidenziale ha indicato i nomi dei 50 membri del comitato che dovrà valutare la nuova Carta costituzionale. La maggioranza dei nomi, se non tutti, sono di persone stimate, rispettabili, moderate, figure di un certo rilievo nei loro rispettivi campi. Abbiamo fiducia che possano fare un buon lavoro, terminando le correzioni alla Costituzione».

Quale ruolo può giocare la comunità copta? L’emigrazione dei copti oggi può essere un problema?
Ci sono documenti che parlano di centomila cristiani che stanno pensando di lasciare l’Egitto. Non li condanno per questo, perché il Paese sta passando attraverso tempi difficili. Io dico sempre che chiunque abbia una volontà forte di rimanere e combattere per un nuovo Egitto, dovrebbe rimanere. Ma se ci sono famiglie o persone che preferiscono partire e tentare di avere un futuro migliore, hanno tutti i diritti e io non li considero in alcun modo dei traditori. Ma questo non cambia il fatto che il resto degli otto milioni di copti continuano a rimanere in Egitto. E questo è il cuore della sfida che devono affrontare: integrarsi nella vita politica e creare un legame con i loro concittadini musulmani. In modo da creare una solidarietà nazionale che possa salvare l’Egitto e rimodellare il suo futuro.

I Paesi occidentali possono aiutare la comunità copta?
Può darsi che uno degli obiettivi degli attacchi incendiari alla chiese che si sono accentuati e concentrati nelle sei settimane appena trascorse, sia stato quello di trascinare i copti lontano dai musulmani e di far sì che urlassero al mondo di venire a salvarli. Cosa che i copti non hanno fatto e non faranno mai. La strategia dei Fratelli Musulmani è stata quella di separare i cristiani dai connazionali musulmani. La comunità copta non dovrebbe mai separarsi, in qualsiasi circostanza, dal grosso del popolo egiziano, specialmente dopo la caduta della Fratellanza Musulmana. L’unica speranza dei copti nel percorso che devono affrontare d’ora innanzi – sia che si tratti di emendare la Costituzione, sia che si tratti dei passaggi ulteriori, dell’elezione di un parlamento e di un nuovo presidente – l’unica speranza dei copti, dicevo, è di essere «egiziani». Se saranno dei veri patrioti egiziani e riusciranno ad allearsi con i loro concittadini musulmani credo che apriranno la strada a risolvere tutti i loro problemi di copti.

 

Il testo completo si trova su:

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=5476&wi_codseq=  &language=it

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