FRANCIA/ISLAM – ( 19 Ottobre )

Religione e società

Mandiamo gli imam a scuola. Così

Il governo francese ha commissionato un rapporto su come formare le guide spirituali dei musulmani in libertà e sicurezza. «La Lettura» ha visto in anteprima il documento

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Sono 1.800 gli imam di Francia. Soltanto il 25-30% ha nazionalità francese. Un migliaio non percepisce alcun salario per l’impegno di guida della comunità. Dei 700-800 stipendiati, solo gli imam alle dipendenze dei governi turco (circa 150), algerino (150) o marocchino (30) sono pagati a tempo pieno. Gli imam occupano uno spazio decisivo. Sono il perno della vita comunitaria, il modello per le nuove generazioni, il veicolo di teologie e strategie. Passano da loro il lavoro, l’assistenza, la famiglia, il denaro; la fede e l’ideologia. La formazione e il ruolo degli imam rappresentano un problema sempre più sentito in Europa, in Francia in particolare.

La Francia è il Paese dell’Unione Europea con la più alta percentuale di musulmani, il 7,5% della popolazione complessiva. I musulmani tedeschi sono il 6% degli abitanti, quelli britannici il 4,5%. Negli ultimi decenni, la presenza islamica ha sfidato i francesi. La visibilità dell’islam e la concezione musulmana della donna cozzano con la tradizione laica ed egualitaria della Repubblica. Con il divieto del foulard nella scuola statale del 2004 e la proibizione di portare burqa o niqab nei luoghi pubblici del 2010, il Parlamento ha consacrato lo scontro tra l’assimilazione repubblicana e la differenza musulmana.

I legami delle comunità islamiche con le terre d’origine toccano i nervi scoperti di un Paese ancora ferito dalla decolonizzazione e timoroso di perdere peso nel mondo arabo. Radicalizzazione e terrorismo hanno effetti gravi e diversi. Da un lato, è alto il numero dei musulmani arruolati in Francia e partiti a combattere per il califfato in Siria e in Iraq. Dall’altro, dopo l’attentato alla scuola ebraica di Tolosa, e stante il rischio di aggressioni per chi si avventuri per strada con una kippah, è incessante il flusso di ebrei francesi in fuga verso Israele.

Da almeno un quindicennio la Francia è uno dei più interessanti laboratori di creazione di un islam europeo. La formazione degli imam è la partita più importante. I musulmani francesi hanno approfittato della liberalità della legge per creare «libere facoltà » di studi musulmani. Le università hanno risposto proponendo vari percorsi di formazione sull’islam. Il governo freme per agire, ma teme di avventurarsi in un campo minato. Un anno fa, l’attuale primo ministro Manuel Valls, allora ministro dell’Interno, incaricò Francis Messner di redigere un Rapport sur la formation des cadres religieux musulmans. Il Rapporto, consegnato in settembre ai ministri dell’Educazione nazionale e dell’Interno, non è stato ancora reso pubblico, ma «la Lettura» ha potuto vedere il testo in anteprima.

Francis Messner, alsaziano di Mulhouse, è uno dei più autorevoli esperti francesi ed europei di diritto delle religioni. È direttore di ricerca emerito al Cnr francese. Per molti anni ha animato l’Istituto di diritto canonico dell’Università di Strasburgo e ha creato master pionieristici in diritto delle religioni e in studi islamici. Nel Rapporto, Messner raccomanda al governo una formazione dei quadri religiosi musulmani funzionale alla costruzione di un «islam di Francia». A tal fine, l’autore preconizza una struttura triangolare.

Il primo dei tre lati è occupato dalle facoltà libere di studi islamici: Messner ne suggerisce la trasformazione in enti accreditati dal governo e partner delle università. Al secondo lato troviamo i corsi universitari che offrono una formazione «civile e civica» di cui dovrebbero beneficiare i futuri ministri islamici, ma anche i ministri di altre comunità religiose immigrate e gli stessi funzionari ministeriali. Tale formazione, che coniuga scienze religiose e diritto costituzionale, diritti dell’uomo e islamologia, è attiva da tempo all’Institut Catholique di Parigi, a Strasburgo e a Lione. Sta avviandosi a Aix-en-Provence, Montpellier e Bordeaux. Dovrebbero seguire le università di Tolosa e di Lilla. L’obiettivo che il Rapporto ministeriale assegna a questa for- mazione è triplice: essa deve trasmettere conoscenza in merito alla storia e alla società francese, fornire strumenti che «facilitino la gestione delle istituzioni confessionali», e proporre un «approccio universitario al fatto religioso». L’autore propone al governo che questa formazione diventi obbligatoria per chi chiede il visto d’ingresso in Francia in quanto ministro religioso, ma anche per i cappellani nelle carceri, negli ospedali e nell’esercito.

Il terzo lato del triangolo, raccomanda il Rapporto Messner, consiste in «poli d’eccellenza» in cui si sviluppi ricerca sulle «scienze sociali e umane dell’islam». Sarebbe demandato a questi poli, secondo la visione di Francis Messner, lo studio della «radicalizzazione religiosa».

Non sappiamo se e quando il Rapporto diverrà ufficiale. Né sappiamo quale seguito il governo darà alle raccomandazioni in esso contenute. Di certo, il triangolo composto da libere facoltà islamiche integrate nel sistema statale, formazione civica e teologica nelle università e ricerca d’eccellenza sull’islam non è il parto della fantasia di uno studioso. Il triangolo teorizza infatti quanto già emerso col tempo nella società e nelle istituzioni francesi. Inoltre il triangolo è espressione dell’orientamento del governo e delle stesse organizzazioni musulmane, di cui Francis Messner ha preso conoscenza nei mesi di lavoro presso il ministero dell’Interno. Infine la proposta nasce dall’osservazione delle esperienze europee, e in particolare del caso tedesco.

Nel suo Rapporto del 2010, il Consiglio delle scienze federale ha raccomandato l’istituzione di facoltà di teologia islamica nelle università pubbliche di Germania. Secondo le autorità tedesche, il sistema, già sperimentato negli atenei di Tubinga, Munster, Osnabrück, Francoforte e Giessen, garantirebbe la qualità dell’insegnamento e della ricerca, incoraggerebbe il «confronto con altre forme di pensiero» e fornirebbe «le basi concettuali per il dialogo interreligioso». Il Rapporto francese menziona anche l’esperienza italiana del Forum internazionale democrazia e religioni, centro interuniversitario che da alcuni anni propone una formazione alla cittadinanza cui i governi italiani non hanno mai prestato sufficiente attenzione.

Il Rapporto Messner ha un respiro europeo, ma affonda le sue radici nella storia di Francia. Il controllo del sapere religioso e delle istituzioni confessionali è nel Dna d’Oltralpe tanto quanto l’ambizione di fare dell’Esagono una terra di libertà, diritti e progresso per le fedi. I paradossi storici della laicità repubblicana si ripercuotono sul presente. Ci volle la Rivoluzione francese perché ogni diocesi cattolica avesse il suo seminario, strumento di rieducazione del clero all’eguaglianza, alla libertà, alla fratellanza. C’è voluto l’Istituto cattolico di Parigi, nel 2004, per avviare la formazione di imam che l’Università statale di Parigi 4 aveva bocciato in omaggio alla laicità. Il triangolo di Messner tenta di conciliare l’autonomia dei credenti e la responsabilità dei governi, la risposta ai bisogni delle comunità religiose e la cura della coesione sociale, la scienza della religione e l’educazione alla verità rivelata. È irto di ostacoli il passaggio dall’islam in Francia all’islam di Francia.

Marco Ventura

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