GAZA – ( 15 Novembre )

Violenza a Gaza: morti 15 palestinesi e 3 israeliani. Mons. Shomali: impedire un’altra guerra



Ancora violenze in Medio Oriente. Nelle ultime 24 ore sono morti almeno 15 palestinesi, tra cui due bambini, e tre israeliani. L’Egitto e la Russia condannano come “inaccettabili” le azioni dello Stato ebraico volte a colpire i vertici di Hamas a Gaza. Per gli Stati Uniti, Israele ha diritto a difendersi contro i razzi sparati dai palestinesi sul proprio territorio. “Profonda inquietudine” è stata espressa in una nota dal Patriarcato di Gerusalemme che invoca una “collaborazione internazionale” per porre fine al conflitto. Benedetta Capelli:RealAudioMP3

Torna a preoccupare la situazione mediorientale, già infiammata dallo scenario siriano. Dopo l’uccisione ieri, da parte di Israele, di uno dei più importanti capi di Hamas, Ahmed Al Jaabari, anche oggi non sono mancate le violenze. Un razzo lanciato dai miliziani palestinesi a Kiryat, nel sud di Israele, ha provocato la morte di 3 persone ed il ferimento di diversi civili, tra di loro anche un bambino di 4 anni. Sette i palestinesi uccisi oggi nei raid israeliani. Ieri 8 palestinesi, tra cui due bambini, avevano perso la vita a Gaza negli attacchi israeliani. Duecento gli obiettivi colpiti da Israele dall’inizio dell’operazione. Stanotte il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, su richiesta dell’Egitto, si è riunito d’urgenza per discutere di quanto accaduto, nessuna dichiarazione formale ma solo la richiesta che la violenza si fermi. Ad infiammare oggi sono le parole dello stesso presidente egiziano Morsi che ha definito “inaccettabile” l’aggressione contro Gaza. Sproporzionati gli attacchi israeliani: è la posizione della Russia mentre ieri sera gli Stati Uniti hanno ribadito il diritto dello Stato ebraico all’autodifesa. Concetto sottolineato al telefono dal presidente Obama al premier israeliano Netanyahu e reiterato anche allo stesso presidente Morsi. Intanto al Cairo si è tenuta una manifestazione a sostegno del popolo palestinese ed altre sono state annunciate. In Israele la Knesset dovrà decidere sulla richiesta del ministro della difesa Barak di richiamare unità di riserva.

Sulle nuove violenze israelo-palestinesi ascoltiamo il commento di mons. William Shomali, vescovo ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme, al microfono di Thomas Chabolle:RealAudioMP3

R. – Quello che succede da qualche giorno è un circolo vizioso di violenza: uno tira, l’altro risponde, senza misura, e si ci sono vittime da entrambe le parti. Specialmente a Gaza, perché Gaza è una città sovrappopolata e là dove arrivano gli attacchi, ci sono innocenti che muoiono. Siamo tristi per quello che accade e adesso possiamo solo accompagnarli con la nostra preghiera, aspettando che le Nazioni Unite, e specialmente gli Stati Uniti, intervengano con forza per impedire un’altra guerra.

Quali sono i rischi reali di questa nuova esplosione di violenza tra israeliani e palestinesi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Eric Salerno, esperto di Medio Oriente:RealAudioMP3

R. – Il rischio vero è che questa tensione possa estendersi anche alla Siria, perché è evidente che una situazione di questo genere a Gaza, provocata in questo momento sia da Hamas, ovviamente, ma anche da questa accelerazione da parte di Israele, rischia di dare segnali ad Assad e alle persone che stanno dall’altra parte nel conflitto, per cercare di provocare un intervento internazionale.

D. – Di mezzo, però, c’è anche il Libano…

R. – Sì, assolutamente. A Israele non interessava un’accelerazione di questo tipo, in questo momento, se non per motivi preelettorali, perché si vota il 22 gennaio in Israele. Nethanyau può aver detto: “Mi serve una cosa di questo genere”. Ma c’è anche un altro motivo da non sottovalutare, che è quello di colpire e distruggere il più presto possibile l’arsenale missilistico di Hamas. Questo significa che Israele, in qualche modo, si vuole preparare a un eventuale attacco contro l’Iran e potrebbe scegliere un motivo qualsiasi per fare la stessa cosa con Hezbollah in Libano.

D. – Uno dei segnali più preoccupanti riguarda poi l’Egitto, che ha richiamato il proprio ambasciatore da Tel Aviv. Il Cairo perde, dunque, ufficialmente il suo ruolo di mediatore, ricoperto per tanti anni?

R. – Sì, questo senz’altro. Anche se bisogna ricordare che quello al potere in questo momento al Cairo è un regime, perché è ancora un regime governato dai Fratelli musulmani, guidato da un personaggio apparentemente moderato, che è il presidente Morsi. E’ anche vero che i Fratelli musulmani, che sono gli stessi di Hamas a Gaza, sono decisi ad andare su altre posizioni con Israele, ossia – lo hanno detto ufficialmente – chiedono la revisione del Trattato di pace con Israele per costringere lo Stato ebraico a rispettare quelli che erano gli accordi di Camp David e ad arrivare alla soluzione della questione palestinese.

D. – Gli Stati Uniti si sono schierati apertamente al fianco di Israele. “Ha diritto all’autodifesa”, dice la Casa Bianca. Ma è un caso che questo attacco mirato su Gaza sia stato organizzato e portato a termine subito dopo le elezioni americane?

R. – Io direi da una parte sì, ma ci sono anche tante altre cose che stanno succedendo. Non bisogna dimenticare che il 29 novembre all’Assemblea generale dell’Onu potrebbe venire presentata la richiesta palestinese di riconoscimento dello Stato palestinese come Stato aderente, non formale. Gli americani hanno già detto che non accettano questa ipotesi e Israele sta minacciando cose terribili, come la defenestrazione, non si sa bene come, del presidente Abbas, la denuncia degli accordi di Oslo e la fine del processo di pace. Può succedere di tutto in questi mesi e in questi giorni.

 
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