Iraq. Il leader sciita al-Sistani: Combattenti rispettino i diritti di tutti
Nuovo preoccupante allarme dallIraq. Le autorità di Baghdad hanno informato lOnu che jihadisti sunniti hanno sequestrato del materiale nucleare dall’università di Mosul. Si combatte intanto ad ovest della capitale irachena tra ribelli e forze governative: 11 le vittime segnalate. La massima autorità sciita al-Sistani chiede rispetto dei civili a prescindere dall’appartenenza confessionale, mentre sul fronte politico è stallo per la formazione del nuovo governo, con il ritiro dei curdi dalle trattative. E nel nord del Paese controllato dallIsil, la stampa araba segnala bombardamenti dellaviazione iraniana. Sui timori di un ampliamento regionale del conflitto Marco Guerra ha intervistato Vittorio Emanuele Parsi ordinario di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano:
R. La regionalizzazione del conflitto è nelle cose, nel senso che la minaccia che si pone è una minaccia che è rivolta alla regione e ben oltre la regione. Quindi in qualche modo è imminente e inevitabile anche una risposta regionale.
D. E troppo semplicistico parlare di una guerra tra sunniti e sciiti, quella che tuttavia si vede sul campo
R. Direi di sì perché quello che vediamo sul campo in realtà è il prodotto dellazione di attori politici ben definiti. Uno di questi è lArabia Saudita che sulla politicizzazione e sulla militarizzazione di questa differenza religiosa presente nel mondo musulmano, ha investito e continua a investire da decenni, ormai.
D. Dopo unimpetuosa avanzata dellIsil, adesso la situazione sembra di stallo sul terreno. In molte città si combatte ma non si avanza e non si arretra. Che via di uscita prevede per questa crisi sul piano militare?
R. – Lunica via di uscita è la sconfitta dellIsil, che richiederà tempo ma è lunica possibilità. Ipotizzare di lasciare questa mina vagante, questa metastasi allinterno del mondo arabo e musulmano, che possa muoversi attraverso i confini, è francamente velleitario e pericolosissimo: è perfino più pericoloso di un conflitto duro e protratto nel tempo.
R. – I curdi hanno annunciato luscita dalle trattative per la formazione di un governo. Si profila sempre di più un Iraq diviso in tre Stati?
R. – Direi che quantomeno si profila uno Stato curdo di fatto. Credo che questo sia sostanzialmente inevitabile e tutto sommato è uno dei pochissimi lasciti positivi di questa lunghissima crisi che è iniziata sostanzialmente con la guerra del 90-91.
D. Gli Stati Uniti e anche le potenze regionali come lIran non riescono con le loro pressioni a smuovere Al Maliki, che al momento sembra bloccato su questa formazione del nuovo governo?
R. – E estremamente difficile perché se dovessi dire con una battuta quello a cui stiamo assistendo, di fronte alle difficoltà degli sciiti iracheni al governo di affrontare questa minaccia, viene quasi da dire che si capisce come mai la maggioranza sciita sia stata così tanti anni governata dalla minoranza sunnita. Cè un’evidente incapacità organizzativa. Dopodiché, gli Stati Uniti, lIran e anche Israele, hanno su questo fronte unoggettiva comunanza di interessi però purtroppo la vicenda atomica da un lato e il riaprirsi della crisi arabo-israeliana dallaltro, rendono questa competizione di interessi estremamente difficile poi da tradurre in politiche concrete.
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