IRAQ – ( 12 Novembre )

10 anni fa il sanguinoso attentato di Nassiriya, costato la vita a 19 italiani



Sono trascorsi 10 anni dall’attentato di Nassiriya, in Iraq. Era il 12 novembre 2003: un camion sfondò la recinzione della sede della missione Msu (Multinational Specialized Unit) dei carabinieri, aprendo un varco ad un’autobomba che esplose subito dopo. Morirono 12 militari dell’Arma, cinque militari dell’Esercito, due civili italiani e 7 iracheni. E’ stato l’attacco più sanguinoso nella lunga catena di lutti che caratterizzò l’operazione “Antica Babilonia”, in Iraq. Per un ricordo su quell’atto barbaro, Salvatore Sabatino ha intervistato padre Mariano Asunis, cappellano militare della Brigata Sassari:RealAudioMP3

R. – Ricordo molto bene l’accaduto. Ricordo anche il suono particolare di questa esplosione che era diverso dalle altre esplosioni, perché eravamo lì e spesso e volentieri si facevano esplodere le armi che venivano prese dalle case dei vari ribelli. Questa esplosione aveva un rumore particolare, poi quel fumo rivelava che era successo qualcosa di straordinario, di grave. Ma nonostante tutto credo che bisogna ricordare questo avvenimento particolare, che nessuno mai avrebbe sospettato potesse accadere, soprattutto agli italiani che sono stati accolti con il cuore grande, con le braccia aperte per il bene che compivano come il buon samaritano. E lì c’è stato un gruppetto composto di persone che veniva da fuori che ha causato questo dramma. Allora lì devi dare una risposta; e la risposta è quella della fede.

D. – Lei dice: “Noi siamo andati in Iraq per dare una speranza alla popolazione civile -che stava attraversando un momento difficilissimo ovviamente – per dare la vita, invece c’è piombato addosso la morte”. Che tipo di risposte ha dato poi ai militari che si sono trovati in questa situazione?

R. – Credo che la risposta l’abbiamo presa soprattutto dalla Bibbia. Non abbiamo usato i classici libri liturgici, ma abbiamo dato risposte per quello che ci hanno insegnato; “Abramo, vai ed esci dalla tua terra, e va’ dove io ti indicherò”. Nassiriya è Ur dei Caldei, è la terra di Abramo e perciò noi siamo andati nella terra di Abramo con lui che poi ci unisce nelle tre religioni. Noi siamo stati mandati – via Ur dei Caldei – a Nassiriya per portare la pace. Poi naturalmente, con le bandiere, abbiamo dovuto riportare i nostri cari in Italia. Ma è stato un abbraccio forte da parte dell’Italia e lasciatemelo dire – visto che siamo a Radio Vaticana – anche della Chiesa, la Chiesa Ordinariato militare, questa Chiesa particolare nelle Chiesa universale è stata una luce di speranza! Voglio ricordare a tutti che sono stati offerti 50 mila rosari da parte dell’Ordinariato militare quando sono arrivate le salme, e che in quella notte non si faceva altro che pregare a Maria, la Madre per eccellenza.

D. – La Vergine Maria, cui lei si è rivolto durante la benedizione di quelle bare in partenza per l’Italia, lo ricordiamo tutti. Lei chiese che fosse la voce di una mamma a rispondere a quell’appello. La figura della mamma è ovviamente anche la figura della Madonna …

R. – Penso che sia comune a tutti conoscere quel passo del Vangelo, quando Gesù, al termine della sua vita, dalla Croce vede la mamma e la chiama “Donna”, e presenta Giovanni come suo figlio. tutti noi siamo Giovanni. Ed è per questo che ho voluto fosse una donna a rispondere al proprio nome, così come ognuno ha lasciato la propria mamma, la propria sposa, la propria figlia, così fosse Maria donna per eccellenza, madre di tutti. Abbiamo la certezza che quello che è stato distrutto dagli uomini è accolto da Dio.

R. – Le tante mamme i tanti figli, le mogli di quei caduti le avranno sicuramente chiesto un aiuto di fede per poter comprendere e gestire un dolore così forte. Lei cosa ha risposto a chi le ha chiesto: ” Perché è accaduto, Dio dov’era in quel momento?”.

R. – Io ho risposto, perché anche io vivo nella fede, dicendo: “Anche io sono un uomo prima di essere un religioso, un frate, un sacerdote. Anche io ho avuto dei momenti di dubbio, così come li ha avuti Gesù: “Padre se possibile allontana da me questo calice!”. Ma ho insegnato quello che io ho dentro; per me l’insegnamento più bello è quello delle due sorelle: le due donne che incontrano Gesù dove è morto Lazzaro e dicono: ”Io so che mio fratello risorgerà nell’ultimo giorno”. Ecco allora cosa insegni? Che la vita non termina, la vita viene donata. Il sangue irrorato dei martiri, porta altra vita. E allora voglio concludere con questo esempio. Non sono stato io forse a portare fede in queste famiglie, ma sono stati loro, con il loro esempio e con la donazione dei loro cari che hanno aumentato la fede in me.

Testo proveniente dalla pagina

 

del sito Radio Vaticana
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