KURDISTAN – ( 25 Maggio 2016 )

Le loro storie

Reportage dal Kurdistan:i sogni (scoloriti) degli orfani
 
 
Linda Dorigo
 
 
 
​Una cameretta dell’orfanotrofio di Sulaymaniyah (tutte le foto sono di Linda Dorigo)
 

L’eco delle stanze vuote rimbalza sulle pareti giallognole. I pochi bambini rimasti in orfanotrofio sono tutti al piano di sopra, concentrati in un’unica stanza dei giochi. Sono solo una decina, scalzi sui tappeti scoloriti. Gli altri sono stati mandati a casa di parenti perché in Iraq i dipendenti pubblici non ricevono lo stipendio da agosto e il mantenimento degli orfanotrofi non è più sostenibile.

Da Sulaymaniyah, città al confine con l’Iran, la linea del fronte dista un centinaio di chilometri. Anwar Omar Ali è il direttore dell’orfanotrofio maschile dove vivono una trentina di bambini. «Zardasht è nato nel 2006 – racconta –: figlio di un’orfana scappata di casa e orfano di padre, ucciso prima della sua nascita. La madre, psicologicamente instabile, si è risposata nel 2010 con un uomo già sposato con figli, e vive ora in una baracca piena di cianfrusaglie e spazzatura». L’organizzazione Kurdistan Save the Children (Ksc) ha segnalato il caso di Zardasht, che è stato affidato ai servizi sociali. «Il bambino chiedeva insistentemente della madre – continua il direttore –, così l’anno scorso le è stato portato in visita. Fino a qualche minuto prima di entrare nella sua vecchia casa domandava quanti piani avesse. Quando ha visto le condizioni in cui viveva la madre è fuggito spaventato».

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Shilan è una ragazza di sedici anni che vorrebbe continuare a studiare, ma nessuno l’accompagna alle scuole serali. «Gli autisti finiscono il turno alle quattro – spiega un’impiegata –, ma con la crisi neanche loro vengono al lavoro». Shilan è andata a scuola fino alla quarta elementare e ogni tanto chiede di poter riempire le sue giornate vuote con qualche libro. «È nervosa, la notte non dorme – commenta l’assistente –. Avrebbe bisogno di uno psicologo. Due anni fa ha chiesto di poter andare a vivere con la madre, ma è tornata dopo qualche settimana accusando il padrino di aver tentato di violentarla. Ogni tanto le diamo qualche soldo di tasca nostra – conclude – ma avrebbe bisogno di affetto, non denaro».

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Tutti gli anni per la ricorrenza del No Ruz la Fondazione Talabani organizza dei tour al bazar dove gli orfani possono comprare vestiti tradizionali, scarpe e bigiotteria, e sentirsi così più uguali a tutti gli altri bambini.

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«Perché non riusciamo a guardare alla persona per quella che è, invece di giudicarla per la famiglia, o la nonfamiglia, da cui proviene?», domanda con amarezza Noaman Ali, responsabile dei progetti di Ksc. L’organizzazione lavora con il ministero degli Affari Sociali e conta circa 200 orfani registrati su tutto il territorio.

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I bambini vengono sostenuti con programmi economici (assegni dai 20 ai 40 dollari al mese), legali e familiari (ricongiungimenti e affidamenti) grazie alla Fondazione Talabani e a sponsor privati internazionali. Fino a qualche tempo fa il governo forniva agli orfani un conto bancario personale dal quale avrebbero potuto prelevare una volta maggiorenni. «Circa 60 dollari al mese fino ai 18 anni – spiega rammaricato Omar Abdulla Gulpi, direttore allo sviluppo sociale del governatorato di Sulaymaniyah – e 90 dollari se si iscrivevano all’università».

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Prima come ospite, adesso come custode, Karzan non ha mai realmente abbandonato l’orfanotrofio. I bambini lo adorano e non si addormentano senza di lui.

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Ha lo sguardo basso, il viso lungo e triangolare. «Ogni luogo dell’orfanotrofio – racconta – porta con sé un ricordo. Porto nel cuore tutti gli altri bambini anche se non ci vediamo molto». Karzan si è sposato nel 2010 e adesso sogna una famiglia. «Perché l’unica cosa che mi fa felice è entrare in casa e abbracciare qualcuno».

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Il testo originale e completo si trova su:

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/Kurdistan-i-sogni-scoloriti-negli-orfanotrofi-.aspx

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