In Libano cresce la protesta sociale. La Caritas aiuta chi ha fame
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Non si arresta la violenta protesta di piazza in Libano, anzi aumenta con il passare dei giorni. Un morto e decine di feriti il bilancio di questo inizio settimana. A perdere la vita un giovane di 26 anni, ferito a morte nella notte di martedì a Tripoli, la seconda città del Paese che in queste ultime ore è diventata l’epicentro della protesta. Scontri si sono registrati anche in altri comuni a partire dalla capitale Beirut, dove un centinaio di persone ha marciato nel distretto di Hamra, dove si trova il quartier generale della Banca centrale, intonando slogan contro il suo governatore. A Saida, nel Sud del Paese, i manifestanti hanno lanciato ordigni contro la filiale locale della Banca centrale. A Tripoli, invece, centinaia di persone hanno saccheggiato una decina di banche, incendiando anche due veicoli militari.
La crisi economica
Il Libano sta vivendo una crisi economica che non ha precedenti negli ultimi trent’anni, dalla fine cioè della guerra civile. Una mobilitazione popolare iniziata già lo scorso autunno, che si è fatta particolarmente violenta questo mese. Nel frattempo nel Paese è cambiato l’Esecutivo: il nuovo è in carica da soli tre mesi. I cittadini accusano la classe politica di corruzione ed incompetenza e, come detto, nel mirino dei manifestanti sono finite anche le banche. La valuta nazionale ha registrato un crollo record, mentre l’inflazione cresce ad un ritmo insostenibile. Il risultato è, stando agli ultimi dati, un impoverimento generale della popolazione libanese: quasi un cittadino su due – la percentuale si aggira intorno ai 45 punti – si trova sotto la soglia di povertà. Un dato inimmaginabile appena un anno fa.
Il Governo chiede la fine delle violenze
Il neo primo ministro Hassan Diab ha riconosciuto “un peggioramento della crisi sociale”, sottolineando come essa acceleri “ad una velocità record”, con riferimento dunque sia al crollo della valuta che alla crescita enorme dell’inflazione. Diab ha aggiunto che “comprende il grido del popolo”, messo a dura prova da una povertà che, come detto, riguarda quasi la metà dei libanesi. Allo stesso tempo il primo ministro ha fermamente condannato, durante una riunione del Governo, le manifestazioni violente e gli episodi di vandalismo, respingendole senza appello e denunciando, inoltre, delle “intenzioni malvagie dietro a tutto questo”. Raoul Nehmé, ministro dell’Economia, ha ammesso – pur senza specificare il periodo temporale – che i prezzi in Libano sono aumentati come mai prima d’ora, facendo registrare un drammatico +55%.
La Chiesa è protagonista della solidarietà
“Da sempre la Chiesa libanese è all’avanguardia nell’aiutare la popolazione, ma ora gli sforzi sono triplicati perché la situazione è drammatica”. Lo afferma nell’intervista a VaticanNews il giornalista libanese Camille Eid, secondo cui non va dimenticato il ruolo della pandemia che “ha portato tantissimi cittadini da un giorno all’altro a perdere il lavoro”. Le manifestazioni in Libano sono iniziate ad ottobre, “ma – evidenzia Eid – con il lockdown imposto dal Governo erano cessate, ma ora sono riprese con più forza perchè la gente ha davvero fame”. Cosa ha risposto la politica? “Un primo passo c’è stato a livello di indagini, su chi ha portato a questa inflazione, ma negli ultimi mesi zero processi e nessun arresto. Occorre passare – afferma ancora il giornalista libanese – dalle parole ai fatti”.
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