Béchara Raï: salvare il Libano un dovere nobile per il mondo
Fausta Speranza – Città del Vaticano
A un mese esatto dall’esplosione nel porto che ha devastato Beirut – 220 morti, 6.000 feriti e 300 mila sfollati – il Papa richiama tutti alla “Giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano”. Nell’accorato appello, lanciato ieri al termine dell’udienza generale, ha annunciato di inviare il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, quale suo “rappresentante” per esprimere “vicinanza e solidarietà” e per invitare “anche i fratelli e le sorelle di altre confessioni e tradizioni religiose ad associarsi a questa iniziativa” nelle “modalità che riterranno più opportune, ma tutti insieme”.
Ricordando il richiamo 30 anni fa di San Giovanni Paolo II, Francesco ha affermato: “Di fronte ai ripetuti drammi, che ciascuno degli abitanti di questa terra conosce, noi prendiamo coscienza dell’estremo pericolo che minaccia l’esistenza stessa del Paese. Il Libano non può essere abbandonato nella sua solitudine”. Per oltre 100 anni, il Libano è stato “un Paese di speranza”, “un luogo di tolleranza, di rispetto, di convivenza unico nella regione”. Come disse San Giovanni Paolo II nel 1989, “il Libano rappresenta qualcosa di più di uno Stato, il Libano è un messaggio di libertà, è un esempio di pluralismo tanto per l’Oriente quanto per l’Occidente'”. Francesco ha ribadito: “Per il bene stesso del Paese, ma anche del mondo, non possiamo permettere che questo patrimonio vada disperso”.
Dell’incoraggiamento di Papa Francesco a “tutti i libanesi a continuare a sperare”, abbiamo parlato con il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, cardinale Béchara Boutros Raï: