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LIBIA – (14 Dicembre 2017)

Migranti. Dopo avere allontanato le Ong, la Libia abbandona i «soccorsi»


Nello Scavo giovedì 14 dicembre 2017
Le autorità di Tripoli rinunciano a sorvegliare le acque internazionali. Prima ne rivendicavano il pieno controllo
Dopo avere allontanato le Ong, la Libia abbandona i «soccorsi»

E’ ufficiale: la Libia rinuncia ai soccorsi in mare al di fuori delle acque territoriali. Il dietrofront di Tripoli è stato comunicato all’Organizzazione marittima internazionale quattro giorni fa. Dopo mesi di polemiche e intimidazioni a mano armata contro le ong che si spingevano fino al confine delle 12 miglia marittime, Tripoli riconosce di non essere in grado di presidiare la zona di ricerca e soccorso (Sar) rivendicata dallo scorso luglio, in concomitanza alla stretta sulle operazioni delle organizzazioni non governative. Il segretariato dell’Organizzazione marittima in alcuni documenti afferma che la missiva del governo di transizione «ritira la precedente notifica ufficiale», datata 10 luglio 2017.

In quella circostanza Tripoli aveva fatto sapere di essersi riappropriata dell’area Sar stabilita all’epoca di Gheddafi. Tanto che le cartine adoperate dalla missione europea ‘EuNavFor Med (Sophia)’, riportano quale unica zona Sar libica proprio quella risalente all’epoca del dittatore e poi confermata dal governo riconosciuto di Sarraj. L’Organizzazione marittima internazionale è una convenzione autonoma dell’Onu. I paesi membri si impegnano a prevedere e rispettare degli standard riguardanti la navigazione. Del board di direzione fa parte anche un ufficiale della Marina Italiana.

Fino a luglio le operazioni di ricerca e soccorso avvenivano in un’area al limitare delle acque territoriali di Tripoli. «Noi vogliamo mandare un chiaro messaggio a tutti coloro che infrangono la sovranità libica e mancano di rispetto per la Guardia costiera e la Marina », aveva detto il portavoce delle forze navali Ayub Qassem, riferendosi in particolare alle Ong. L’area prima rivendicata e ora oggetto di rinuncia si estende fino a circa 180 chilometri dalla costa, a metà rotta tra Lampedusa e Tripoli e quasi a ridosso delle acque maltesi. Il generale Abdelhakim Buhaliya, comandante della base di Tripoli, dove vive praticamente da asserragliato il presidente Sarraj, aveva tuonato: «Nessuna nave straniera ha diritto di entrare senza espressa richiesta delle autorità libiche».

Una decisione che aveva provocato diversi incidenti, con le navi delle Ong allontanate a colpi di mitra, altre volte sequestrate per ore. In almeno un caso si è sfiorato lo speronamento. A causa della Sar libica, il centro di coordinamento dei soccorsi di Roma – che da alcuni mesi si appoggia ad una struttura congiunta italo-libica presso la nave della Marina italiana ‘Tremiti’ ormeggiata a Tripoli – in diverse occasioni aveva prima inviato le Ong a salvare i migranti, ma poi le aveva fermate in attesa delle motovedette libiche. La rinuncia di Tripoli, a questo punto, lascerà scoperto un ampio tratto di mare che i trafficanti di uomini hanno più volte dimostrato di poter attraversare pressoché indisturbati.

La notizia, ottenuta da Sergio Scandura di RadioRadicale e confermata ad Avvenire da diverse fonti, è destinata a cambiare ancora una volta lo scenario nel Mediterraneo, a pochi giorni dalla scadenza degli accordi di transizione. Due giorni fa Amnesty International ha accusato i governi dell’Ue, e in particolare l’Italia, di essere «consapevolmente complici delle torture e degli abusi su decine di migliaia di migranti detenuti dalla autorità libiche».

Una denuncia che Tripoli ieri ha definito «molto esagerata». Al contrario «siamo molto soddisfatti dell’aiuto che stiamo ricevendo dall’Italia per migliorare le condizioni nei campi di detenzione», ha detto il ministro degli Esteri libico Mohamed Taher Siala. Nelle stesse ore si è appreso che la Russia è pronta a sostenere l’allentamento dell’embargo sulle armi per la Libia. La minaccia, perciò, è che dai soccorsi agli accordi politici il tavolo rischia di saltare.

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