LIBIA – (22 Maggio 2020)

Libia: il premier al-Sarraji e il generale Haftar Libia: il premier al-Sarraji e il generale Haftar  (AFP or licensors)

In Libia si aggrava la crisi. Onu: ricorrere a mezzi pacifici

In Libia si teme un’escalation di violenze dopo l’annuncio del generale Haftar di una vasta campagna aerea contro Tripoli. L’analisi di Claudia Gazzini dell’International Crisis Group

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

Proseguono le tensioni in Libia e cresce la preoccupazione per un intensificarsi delle operazioni militari sul terreno. Il governo di Fayez al-Sarraj, riconosciuto a livello internazionale, ha ripreso nei giorni scorsi il controllo di alcune zone del Paese, strappandole alle forze del suo antagonista, il generale Khalifa Haftar. Ieri il capo dell’aviazione dell’autoproclamato esercito nazionale libico, guidato proprio da Haftar, ha annunciato l’avvio “della più vasta campagna aerea nella storia della Libia, per colpire interessi turchi e forze del governo di Tripoli in tutte le città libiche”. Secondo il ministro dell’Interno riconosciuto, Fathi Bashaga, citato dal sito dell’agenzia Bloomberg, inoltre, la Russia, che sostiene Haftar, avrebbe spostato in Libia “almeno 8 jet da una base siriana, verosimilmente per appoggiare una nuova campagna di raid aerei” del generale della Cirenaica. Non si è fatta attendere la reazione della Turchia, che sostiene il governo di accordo nazionale libico guidato da Sarraj. “In caso di attacchi contro gli interessi turchi in Libia, le conseguenze sarebbero molto pesanti”, recita un comunicato di Ankara.
“Nelle ultime due settimane – commenta Claudia Gazzini, analista dell’International Crisis Group – è cambiato moltissimo sul terreno. Fino ad allora più o meno le forze del generaler Haftar avevano il sopravvento, assediavano Tripoli e bombardavano costantemente la capitale. Negli ultimi giorni, invece, c’è stato un cambiamento: le forze del governo di Serraj hanno riconquistato una base militare a sud-ovest di Tripoli, importantissima per la sua posizione strategica, mentre quelle di Haftar hanno annunciato il ritiro da alcune zone della periferia della capitale. Quindi per la prima volta stiamo veramente vedendo che, grazie agli aiuti turchi, il governo di Tripoli ha per il momento il sopravvento. Però – prosegue Gazzini – continuano le  minacce di Haftar e dei suoi alleati, che fanno presagire, comunque, che di fronte a noi abbiamo un’escalation, se non altro aerea. Si teme fondamentalmente un allargamento di questo conflitto per procura, cioè Turchia da una parte, russi ed emirati dall’altro”.

Ascolta l’intervista a Clauda Gazzini:

La necessità del cessate il fuoco


Continua da più parti la richiesta di una tregua nel Paese. La missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) esorta ”tutte le parti” coinvolte ”ad astenersi dall’escalation militare e a ricorrere a mezzi pacifici  per risolvere la crisi in corso, ”ricorda i loro obblighi rispetto al diritto umanitario internazionale e mette in guardia contro qualsiasi attacco contro i civili, punizioni extra giudiziarie, saccheggi, rapine e incendi di  proprietà pubbliche e private”. Anche l’Unione Europea ieri si è detta “preoccupata per i continui combattimenti in Libia” attraverso il portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera, Borrell che ha ricordato quanto già espresso recentemente in una dichiarazione a nome dei 27 Stati membri, ovvero la richiesta a tutte le parti in conflitto di cooperare per un cessate il fuoco duraturo e la ripresa dei colloqui mediati dall’Onu. Preoccupazione per l’intensificarsi delle ostilità, necessità di una tregua umanitaria e cessazione delle interferenze straniere sono state ribadite anche dal segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, e dal ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, nel corso di un colloquio telefonico. A favore della tregua si è espressa la stessa Russia. In una nota, il ministero degli Esteri di Mosca ha sottolineato “l’importanza di una cessazione immediata delle azioni militari e la ripresa del processo politico sotto gli auspici delle Nazioni Unite”. Per Claudia Gazzini le possibilità di giungere a una tregua al momento sono poche: “Innanzitutto, perché tutti continuano a illudersi della possibilità di avanzare militarmente, vogliono riacquistare terreno; però c’è anche il problema che nessuna delle due parti protagoniste e delle altre, crede in un processo politico. A Tripoli dicono di volere la pace, ma senza Haftar; dall’altra, Haftar ritiene di dover essere l’unico comandante e che il processo politico debba essere in mano sua. Quindi, l’Onu in questo contesto di forte frammentazione politica e di continuo arrivo di armi e aerei, come abbiamo visto, ha poco spazio di manovra”.

Missione Irini ed embargo armi

Intanto, il governo italiano ha approvato il decreto missioni, che contiene anche quella europea Irini, per attuare l’embargo e bloccare l’ingresso delle armi in Libia. “Irini – conclude l’analista dell’Icg – era stata studiata come possibile aiuto da parte dell’Unione Europea per fermare il flusso di armi in Libia, perché si pensava che con questa missione di monitoraggio, di dispiegamento di navi nel Mediterraneo e con la presenza di un supporto satellitare si potessero mettere in campo dei mezzi per disincentivare l’invio di armamenti in Libia da parte dei sostenitori stranieri. Più che monitorare e riferire all’Onu, all’agenzia, che ha il mandato di allertare il Consiglio di Sicurezza sulle violazioni dell’embargo di armi, la missione Irini non può fare”.

Il testo originale e complego si trova su:

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2020-05/libia-timori-escalation-onu-ricorrere-a-mezzi-pacifici.html

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