In Libia si aggrava la crisi. Onu: ricorrere a mezzi pacifici
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Proseguono le tensioni in Libia e cresce la preoccupazione per un intensificarsi delle operazioni militari sul terreno. Il governo di Fayez al-Sarraj, riconosciuto a livello internazionale, ha ripreso nei giorni scorsi il controllo di alcune zone del Paese, strappandole alle forze del suo antagonista, il generale Khalifa Haftar. Ieri il capo dell’aviazione dell’autoproclamato esercito nazionale libico, guidato proprio da Haftar, ha annunciato l’avvio “della più vasta campagna aerea nella storia della Libia, per colpire interessi turchi e forze del governo di Tripoli in tutte le città libiche”. Secondo il ministro dell’Interno riconosciuto, Fathi Bashaga, citato dal sito dell’agenzia Bloomberg, inoltre, la Russia, che sostiene Haftar, avrebbe spostato in Libia “almeno 8 jet da una base siriana, verosimilmente per appoggiare una nuova campagna di raid aerei” del generale della Cirenaica. Non si è fatta attendere la reazione della Turchia, che sostiene il governo di accordo nazionale libico guidato da Sarraj. “In caso di attacchi contro gli interessi turchi in Libia, le conseguenze sarebbero molto pesanti”, recita un comunicato di Ankara.
“Nelle ultime due settimane – commenta Claudia Gazzini, analista dell’International Crisis Group – è cambiato moltissimo sul terreno. Fino ad allora più o meno le forze del generaler Haftar avevano il sopravvento, assediavano Tripoli e bombardavano costantemente la capitale. Negli ultimi giorni, invece, c’è stato un cambiamento: le forze del governo di Serraj hanno riconquistato una base militare a sud-ovest di Tripoli, importantissima per la sua posizione strategica, mentre quelle di Haftar hanno annunciato il ritiro da alcune zone della periferia della capitale. Quindi per la prima volta stiamo veramente vedendo che, grazie agli aiuti turchi, il governo di Tripoli ha per il momento il sopravvento. Però – prosegue Gazzini – continuano le minacce di Haftar e dei suoi alleati, che fanno presagire, comunque, che di fronte a noi abbiamo un’escalation, se non altro aerea. Si teme fondamentalmente un allargamento di questo conflitto per procura, cioè Turchia da una parte, russi ed emirati dall’altro”.