Roma (AsiaNews) La lezione più grande della primavera araba, per chiunque salirà al potere in questi Paesi, è che se non si rispettano i diritti umani di base, è impossibile garantire sicurezza al proprio popolo. Lo afferma ad AsiaNews Bernard Sabella, professore cattolico di sociologia alluniversità di Betlemme, a Roma per il convegno Le donne agenti di cambiamento nel sud del Mediterraneo. Lultimo premio Nobel per la pace, assegnato alla yemenita Tawakkul Karman (insieme a Ellen Johnson Sirleaf e Leymah Gbowee); le donne saudite al voto (tra quattro anni); le 27 palestinesi liberate in base allaccordo su Shalit: le urgenze del mondo arabo, emerse con la Rivoluzione dei gelsomini e in alcuni casi piegate al volere dei fondamentalismi, hanno per protagonisti anche le donne.
Nei Paesi arabi spiega Sabella le donne hanno gli stessi problemi degli uomini, soprattutto in termini di mancanza di opportunità e di impiego. Anzi, per loro è peggio: quando sempre più donne musulmane vanno alluniversità, ma poi non hanno le stesse opportunità dei loro colleghi di parlare o trovare un lavoro aderente ai loro studi, diventa naturale che sinterroghino sulla natura del sistema sociale ed economico del Paese in cui vivono.
Che piaccia o no prosegue il professore per tradizione le donne arabe vivono in un sistema patriarcale, che tende a metterle in secondo piano e insegna che questa cultura e questa religione offrono loro la giusta protezione. Ma la questione, è che offrire protezione non risponde alle domande di oggi.
In tal senso, le recenti mosse del governo saudita che per la prima volta concede alle donne di votare e candidarsi alle prossime elezioni, ma senza poter apparire nei manifesti elettorali, e poi mantiene il divieto di guidare alle donne non rappresentano una schizofrenia di chi è al potere, ma un problema radicato nella società. Anche se il regime cerca di far evolvere la situazione femminile spiega , nella società ci sono forze tradizionaliste (uomini e donne) assolutamente contrarie. La situazione delle donne diventa una questione politica di primordine: ma come si possono prospettare donne alla guida, al voto, che occupano posti di lavoro, senza provocare una reazione interna, che può sfociare nellestremismo e nel fondamentalismo?.
Il professore sottolinea che lo Stato deve occuparsi di mercato di lavoro, di educazione, di salute e di uguali opportunità: La sicurezza non è solo di tipo militare. Quando non ti senti sicuro da un punto di vista economico, culturale, sociale, educativo; quando non hai una casa e unistruzione adeguata; quando non sai nemmeno leggere e scrivere, allora quel governo a prescindere da quante armi comprerà per proteggerti resterà instabile.
Infine, Sabella parla della situazione palestinese, che per tradizione vede le donne impegnate nella lotta politica. Ai tempi del mandato britannico (1920-1948), era lelite a scendere in piazza; oggi, lattivismo femminile è diviso tra religione e secolarismo, fino a sfociare nel terrorismo: tra gli oltre mille prigionieri liberati dalle carceri israeliane in base allaccordo su Shalit (il giovane soldato israeliano prigioniero di Hamas dal 2006, ndr), 27 erano donne.
Il docente conta i numeri: Nelle università ci sono circa 96mila donne, contro 79mila uomini. Questo significa che cè una generazione che decide da sola cosa fare: alcune donne vogliono fare attivismo politico, altre lavorare nel settore legale, o magari in unong internazionale.
Comunque, per Sabella la sfida più grande resta quella politica: Vogliamo porre fine alloccupazione israeliana e vogliamo un nostro Stato. Gli uomini non possono fare da soli la Palestina: hanno bisogno delle donne per affrontare questa sfida.