MONACO/BARI – ( 13 maggio 2016 )

Monaco e Bari, le due lezioni che il governo ignora

di Gianandrea Gaiani

13-05-2016 
 
 
Il presunto terrorista Hakim Nasir (a destra) si fa un selfie con il sindaco di Bari

Le aggressioni a coltellate in una stazione della periferia di Monaco e gli arresti di Bari sembrano aprire nuovi preoccupanti orizzonti alla minaccia terroristica islamica in Europa e in Italia. Al di là dei risultati delle indagini che, in Italia come in Germania potrebbero non essere eclatanti, vi sono alcuni elementi che andrebbero presi in seria considerazione perché potrebbero configurare un quadro molto grave della minaccia.

Paul H, il 27enne tedesco che ha aggredito a coltellate quattro persone uccidendone una in una stazione ferroviaria periferica di Monaco, potrebbe essere solo uno psicolabile tossicodipendente come ha fatto sapere la polizia, nonostante in molti lo abbiano sentito gridare «Allah ù Akbar» e «Uccidere tutti gli infedeli». L’instabilità mentale e l’uso di droghe non sono però incompatibili con il jihadismo, dal momento che molti terroristi non erano sani di mente e hanno usato stupefacenti per riuscire a uccidere. Meglio poi ricordare che polizia e istituzioni tedesche hanno spesso negato le motivazioni islamiste di molti gesti criminali preferendo farli passare per “crimini comuni” per esigenze diciamo di “correttezza politica” (o per non incoraggiare l’islamofobia!) come nel caso delle aggressioni e degli stupri di moltissime donne tedesche la notte di Capodanno a Colonia e in altre città.

La tattica di usare coltelli per aggredire passanti inermi, ma comunque “infedeli”, richiama la cosiddetta “intifada dei coltelli” palestinese che ha insanguinato negli ultimi mesi Gerusalemme e la Cisgiordania. In Medio Oriente sono stati uccisi moltissimi attentatori perché in Israele molti cittadini girano armati e la polizia ha il grilletto facile, ma se una tattica simile prendesse piede in Europa gli assalitori avrebbero gioco più facile. Pochissime persone circolano, infatti, armate e la presenza di agenti non è certo capillare come nello Stato ebraico. Del resto, per i gruppi jihadisti una sorta di “intifada dei coltelli” sarebbe molto vantaggiosa: determinerebbe un panico generalizzato impiegando manovalanza spendibile fatta da giovani esaltati senza “bruciare” terroristi veri o preziosi “foreign fighters” addestrati e veterani del jihad in Siria. 

Le lezioni apprese dagli arresti degli afghani a Bari ci raccontano invece un film che già dovremmo conoscere, ma che a Roma fingono di non avere mai visto. Chissà quante cellule come quella smascherata a Bari sono già presenti in Italia, nascoste tra i 100 mila “rifugiati” o ”richiedenti asilo” che attualmente si stima siano in Italia, per la quasi totalità musulmani: gente di cui per la gran parte non sappiamo nulla, ma che possono muoversi liberamente e fare ciò che vogliono. O tra i 350 mila transitati dal nostro Paese dal 2014 a oggi o tra quel milione di clandestini che solo l’anno scorso ha “invaso” l’Europa dalla Libia (150 mila) e dalla Turchia (850 mila).

Sappiamo da anni, ce lo dicono i rapporti d’intelligence, che il traffico di clandestini arricchisce trafficanti che finanziano qaedisti e Isis così come sappiamo che attraverso i flussi di immigrati vengono infiltrati chissà quanti terroristi, estremisti islamici o aspiranti tali. Ciò nonostante continuiamo ad accogliere ogni giorno chiunque paghi i criminali mobilitando flotte e forze militari di sicurezza non per ripristinare o far rispettare le leggi ma per consentire a costoro di violarle. Inoltre, la volontà degli afghani arrestati di condurre azioni terroristiche in Italia sembrerebbe indicare uno scenario ben poco  rassicurante e cioè che la stagione in cui i jihadisti colpivano altrove in Europa ma non nel Belpaese potrebbe presto concludersi.

Il testo originale e completo si trova su:

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-monaco-e-bari-le-due-lezioni-che-il-governo-ignora-16141.htm

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