PAKISTAN – ( 16 Ottobre )

Condanna a morte per Asia Bibi. Bhatti: giustizia non esiste per i deboli

Asia Bibi – OTHER

In Pakistan l’Alta Corte di Lahore ha confermato la sentenza di condanna a morte per Asia Bibi, la donna cristiana accusata di blasfemia e condannata in primo grado nel 2010. La notizia è stata data all’agenzia Fides dall’avvocato della donna. Il giudice ha accolto come valide e credibili le accuse delle due sorelle musulmane che hanno subito testimoniato contro di lei. Ora resta l’appello alla Corte Suprema. Il servizio di Cecilia Seppia:

E’ il 14 giugno 2009, nel Punjab, quando due colleghe di Noreen Asia Bibi le chiedono di andare a prendere dell’acqua e poi la rifiutano: “è acqua impura – dicono – toccata dalle mani di un’infedele cristiana”. E’ il banale pretesto da cui ha inizio il calvario di questa donna di 45 anni, madre di cinque figli che viene subito accusata di aver risposto insultando Maometto e quindi di blasfemia e di essersi rifiutata di convertirsi all’Islam. Subito il carcere, che dura ormai da 1943 giorni, periodi lunghissimi di isolamento in cui Asia ha sempre pregato confidando – ha detto lei stessa – nel grande amore di Dio, e ancora un processo viziato da irregolarità, tra cui l’assenza di un avvocato per lei e deposizioni dei teste, intessute di contraddizioni e discrepanze. In primo grado la condanna a morte, l’8 novembre 2010, la seconda condanna è arrivata oggi, perché il giudice ha ritenuto valide le testimonianze di quelle due sorelle. Il caso di Asia è diventato una questione internazionale  e molti Paesi si stanno adoperando per modificare la legge sulla blasfemia, adesso però la parola passa alla Corte Suprema. “Assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste” questo chiedono i suoi avvocati che oggi hanno ribadito: la giustizia in Pakistan è sempre più in mano agli estremisti. Subito dopo la notizia, Cecilia Seppia ha sentito Paul Bhatti, leader dell’Apma All Pakistan Minorities Alliance che da sempre si batte in difesa delle minoranze religiose e fratello dell’ex ministro pakistano per le minoranze, Shabbaz, ucciso dagli estremisti:

R. – È una notizia molto triste e dolorosa. È una notizia che ci fa pensare che la giustizia per i più deboli non c’è, non esiste. In ogni modo, questa notizia era un pò prevista, in quanto tutte le volte i processi venivano deviati e magari, in qualche modo, non venivano presi in considerazione; poi tutta la pressione da parte degli estremisti … Già questo indicava che probabilmente la giustizia non sarebbe fatta perché una volta il giudice non c’era, un’altra l’avvocato non si presentava … C’erano tutte queste scuse per prolungare o per deviare questo processo. In ogni modo, io ho comunque ancora speranza, in quanto questa non è una fase definitiva; ci sono altre fasi in cui si può fare ricorso.

D. – Adesso ci sarà l’appello alla Corte Suprema: che cosa succederà?

R. – Bisogna preparare  in modo giusto il caso e fare appello alla Corte Suprema perché anche in passato tantissime volte gli imputati in primo e secondo grado venivano condannati e la Corte Suprema poi li rilasciava. Se guardiamo alla storia del Pakistan una speranza c’è, perché fino ad ora nessuno è stato giustiziato a morte dalla Corte per questa legge. Sono ancora ottimista. Se noi adesso riusciamo a fare ricorso alla Corte Suprema questo darà una speranza e forse una soluzione al problema.

D. – L’avvocato di Asia, il crisitano Naeem Shakir, ha detto che la giustizia in Pakistan è sempre più in mano agli estremisti. Lei condivide questa posizione?

R. – Sì, non tutta la giustizia, ma spesso questa è molto influenzata dai gruppi estremisti: purtroppo questo è un problema. Io ho scritto recentemente un articolo su questo, dicendo che in Paesi come questo la giustizia spesso viene negata ai deboli, perché influenzata da queste ideologie così forti, estreme, che sono molto potenti e hanno molto seguito in Pakistan come in altre parti.

D. – A livello internazionale che cosa si può fare? Quali altre mobilitazioni si possono mettere in atto?

R. – Penso che le mobilitazioni a livello internazionale per Asia Bibi non servano a far pressione sul governo; serve un gruppo di avvocati che possa gestire, discutere e portare alla Corte delle prove nuove, perché anche se queste due sorelle hanno testimoniato contro Asia, ci sono tanti altri punti da cui lei potrebbe essere prosciolta, è un discorso lungo. Qui abbiamo già consultato altri avvocati, altra gente. Tra poco ritornerò li e spero di gestire personalmente questa faccenda per trovare una soluzione definitiva.

D. – Il caso di Asia Bibi è emblematico comunque di tanti cristiani che in Pakistan, come in altri Paesi, vengono perseguitati a causa della loro fede e spesso non sono soggetti a processi equi …

R. – Sì, è così. Vengono bersagliati. Poi spesso le persone sono più deboli, e sono facili vittime di queste accuse anche per motivi personali a volte. Abbiamo visto ad esempio quella chiesa che è stata bruciata a Peshawar, il quartiere di Lahore dato alle fiamme, prima ancora. Queste sono state vittime di un’ideologia estrema mossa da motivi personali e non perché avevano commesso qualcosa.

 

Il testo originale e completo si trova su:

http://it.radiovaticana.va/news/2014/10/16/condanna_a_morte_per_asia_bibi_bhatti_notizia_dolorosa/1108728

 
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