PAKISTAN – ( 2 Marzo )

Pakistan: 3 anni fa veniva ucciso Shahbaz Bhatti. Paul Bhatti: lotto per Paese pacificato



In Pakistan almeno 5 miliziani uccisi per alcuni raid aerei dell’aviazione contro postazioni dei terroristi islamici nel nord ovest del paese. L’operazione avviene all’indomani dell’attentato contro la scorta di team antipollio che ha provocato 12 morti. Il tutto mentre ieri ricorreva il terzo anniversario della morte di Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico per le Minoranze, ucciso tre anni fa a Islamabad dai terroristi islamici. Tante le iniziative di preghiera nel mondo. Ieri alle 16, presso la Chiesa romana di Gesù e Maria, si è tenuta una Messa voluta dall’Associazione dei pakistani cristiani in Italia e la Federazione delle associazioni dei pakistani cristiani. Massimiliano Menichetti ha intervistato Paul Bhatti, fratello di Shahbaz, oggi politico pakistano impegnato in prima linea nel rispetto delle minoranze nel Paese: RealAudioMP3

R. – Mio fratello, Shahbaz Bhatti, ha lasciato una eredità difficile e molto significativa. La situazione in Pakistan presenta un incremento di estremismo, terrorismo e fanatismo e mio fratello, già anni fa, lo prevedeva. Per questo, ha cominciato a parlare di dialogo interreligioso, ha cominciato a parlare di unità fra tutte le diverse fedi. In maniera particolare, lui è stato molto vicino ai più deboli e ai più poveri.

D. – Oggi, questo suo pensiero da chi è accolto?

R. – Non solo dalle persone che gli volevano bene, dai suoi seguaci, ma anche dal governo pakistano, anche dai militari. Adesso si è arrivati alla conclusione che questo estremismo, questo fanatismo, vada assolutamente combattuto perché altrimenti non ci sarà sopravvivenza.

D. – Uno dei fronti di lavoro di suo fratello era la tutela delle minoranze, la corretta applicazione della legge sulla blasfemia. Anche lei è molto impegnato su questo fronte: qual è adesso la situazione?

R. – La situazione delle minoranze è direttamente proporzionale alla situazione generale del Paese. Attualmente il Paese è in stato guerra, in un certo senso. E la priorità del governo è ora creare un Paese pacifico, un Paese stabile. Il governo riconosce il fatto che le minoranze debbano essere tutelate. E su questa legge siamo abbastanza avanti, anche a livello di consensi di molti leader musulmani e anche avvocati islamici di un certo livello sono con noi. Credono che questa tutela non solo dovrebbe essere data ai cittadini pakistani, ma che faccia parte del loro credo religioso, dell’Islam: le minoranze devono essere tutelate in tutti i sensi. C’è quindi un buono consenso e io penso che l’anno prossimo vedremo dei risultati abbastanza concreti.

D. – Ricordiamo ancora una volta il caso di Asia Bibi: lei rimane in carcere dal 2009 e su di lei c’è un’accusa per blasfemia, con una condanna a morte… L’ultima udienza, per il ricorso, è stata ancora rinviata. Qual è il punto su questo caso?

R. – Chiaramente lei è vittima, come tantissimi altri, di questa legge e di come questa legge sia stata usata scorrettamente. Poi lei, poveretta, è analfabeta e non sapeva neanche cosa dicesse il Corano. Recentemente, abbiamo preso in mano noi la situazione, anche se non del tutto, perché prima il caso veniva da altri… La sua famiglia, suo marito e i suoi bambini sono venuti due mesi fa da me. Ho contattato alcuni avvocati, ho parlato anche con dei leader religiosi e con tanta altra gente e sembra ora che questa vicenda andrà a buon fine. Ci stiamo interessando.

D. – Il Pakistan in questi mesi è flagellato dagli attacchi dei terroristi, ma la popolazione come vive questa situazione?

R. – Ci sono sentimenti di timore, di tristezza e di delusione. Nello stesso momento, però, tutta la gente del Pakistan vuole che questa filosofia radicale venga eliminata, in tutti i sensi. Nessuno vuole più sopportare tutto questo.

D. – Si riuscirà a sconfiggere l’estremismo e il terrorismo, secondo lei?

R. – Io sono molto ottimista, quindi sì. Abbiamo fatto sacrifici, abbiamo avuto momenti anche difficili, abbiamo sacrificato anche la famiglia. Però, io penso che il risultato di questi nostri sacrifici verrà.

D. – In certo qual modo, lei ha raccolto la sfida di suo fratello: qual è la sfida che è presente in questo terzo anniversario?

R. – Creare una convivenza pacifica in Pakistan. Creare una giustizia sociale e diritti uguali per tutti e non solo per i cristiani: anche una persona che non crede, noi la vogliamo difendere, perché è un diritto di base di ogni essere umano quello di credere o non credere e di conseguenza di professare la propria religione, secondo la propria convinzione personale. Questo è quello che noi vogliamo in Pakistan. E’ per questo che io sto combattendo: giustizia sociale, diritti uguali per tutti e libertà religiosa.

Ultimo aggiornamento: 3 marzo

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del sito Radio Vaticana
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