PERSECUZIONI CRISTIANI – (10 Gennaio 2018)

Cristiani pakistani in preghiera
              Cristiani pakistani in preghiera 

Cristiani perseguitati: 215 milioni. Cresce radicalismo islamico e induista

Aumenta la persecuzione dei cristiani nel mondo. A guidare la classifica dei 50 Paesi più oppressori è la Corea del Nord. Ma la Nazione con maggiori violenze è il Pakistan, mentre in India cresce il radicalismo induista. Lo rivela il Rapporto 2018 dell’organizzazione Porte Aperte-Open Doors. Intervista a Cristian Nani.

Roberta Gisotti – Città del vaticano

Oltre 215 milioni i cristiani perseguitati nel mondo, secondo l’organizzazione internazionale Porte Aperte, che ogni anno stila la lista ‘nera’ dei 50 Paesi – su un centinaio monitorati – dove i fedeli cristiani sono oppressi, vessati, discriminati, oggetto di abusi e violenze fino ad essere uccisi,  condizionati nel privato e nella vita pubblica, a causa della loro fede religiosa.

Oltre 3 mila martiri per la fede 

“Il numero dei fedeli perseguitati è in crescita – sottolinea con preoccupazione Cristian Nani, direttore in Italia di Porte Aperte – 1 cristiano su 12 nel mondo è infatti vittima di violenze o abusi. Oltre 15.500 chiese, case, negozi di cristiani sono stati attaccati, nel periodo compreso nel rapporto, tra novembre 2016 e ottobre 2017″.

A guidare la classifica dei Paesi persecutori sono Corea del Nord, Afghanistan, Somalia, ma il triste primato di nazione con il più alto punteggio nella violenza anti cristiana spetta al Pakistan.

“Rispetto all’anno precedente – informa Nani – sono più che duplicati i martiri cristiani, cioè le persone, uomini e donne e anche bambini, che sono stati uccise in quanto cristiani. Quindi non stiamo parlando di cristiani morti in guerre civili o sotto bombardamenti come accade in Medio Oriente. Stiamo parlando di 3.066 persone che sono state uccise premeditatamente in quanto cristiane. Questo è un dato che senza dubbio va sottolineato e dà un’idea dell’impatto della persecuzione anticristiana nel mondo”.

Oppressione islamica e nazionalismi induista e buddista

“La fonte principale delle persecuzioni – prosegue il direttore di Porte Aperte -resta ‘l’oppressione islamica’, che va estendendo la sua morsa in varie aree. La definiamo così, perché comprende ma va oltre i fatti di estremismo islamico, vale a dire che è un concetto più ampio che attiene a tutto quell’insieme di leggi sociali o legate alla nazione islamica, per le quali il cristiano soffre o viene in qualche modo limitato nei propri diritti fondamentali”.

Nel rapporto si indicano alcune tendenze: la radicalizzazione di aree dominate dall’Islam, in Africa orientale, occidentale e del Nord e nel mondo non arabo asiatico; il divario tra sunniti-sciiti, che ha il terreno di maggior scontro in Asia; l’espansionismo islamico in zone a prevalenza non musulmana, specie in Africa sub-sahariana e in Indonesia, Malesia e Brunei; la pratica di ‘pulizia etnica’ in base affiliazione religiosa, crescente in Kenya, Nigeria, Somalia e Sudan.

“C’è poi un’altra fonte di persecuzione in ascesa – aggiunge Nani – il ‘nazionalismo religioso’, che vuole assoggettare un’intera nazione  ad una sola religione e l’esempio più vistoso si ha in India, dove l’escalation di intolleranza anticristiana si deve al radicalismo induista, che abbina al concetto di nazionalismo, e quindi di essere parte integrante della nazione, il concetto religioso: cioè, per essere indiani bisogna essere indù. Quindi, chiunque sia di un’altra religione, anche cristiana, va incontro ad una serie di restrizioni o vessazioni, fino a ciò che sta effettivamente accadendo in India: attacchi, aggressioni fisiche, rapimenti o addirittura alcuni omicidi”.

Oltre l’India, il ‘nazionalismo religioso’ induista sta aumentando anche in Nepal e uguale tendenza si riscontra anche nel mondo buddista, specie in Sry Lanka, Bhutan e Myanmar. A questo si aggiunge il ‘nazionalismo ideologico’, spesso colleagato al comunismo come nel caso di Cina, Vitenam e Laos.

La paranoia dittatoriale 

“In cima alla lista è però da 16 anni la Corea del Nord, dove la persecuzione si deve a ‘paranoia dittatoriale’ – spiega Nani – legata al regime in sé, in questo caso personificato da Kim Jong-un, che ultimamente è molto dibattuto, molto presente nei nostri media. In questo caso è un dittatore, che ha una sorta di avversione per la confessione religiosa cristiana, che considera una minaccia, forse legata anche al mondo occidentale: cioè, il regime considera il cristianesimo una religione occidentale, in particolar modo legata al mondo americano e quindi la considera una minaccia dell’imperialismo americano”.

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