SANTA SEDE/MEDIO ORIENTE – ( 13 Marzo 2015 )


15:20
Un appello alla comunità internazionale affinché sostenga “la radicata presenza storica” di tutte le comunità etniche e religiose del Medio Oriente. È qui, infatti, che le religioni del mondo sono nate, incluso il Cristianesimo. Oggi queste sono minacciate dallo Stato Islamico (Daesh), da Al Qaeda e dai vari gruppi terroristici affiliati” con il rischio di “scomparsa completa per i cristiani”. È quanto si legge in una dichiarazione congiunta di Santa Sede, Federazione Russa e Libano, presentata oggi al Consiglio dei diritti umani di Ginevra, dall’osservatore permanente della Santa Sede, l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi. La dichiarazione, che porta il titolo “Sostenere i diritti umani dei cristiani e delle altre comunità, in particolare nel Medio Oriente” è stata sottoscritta da 63 Paesi, tra cui l’Italia, che così vogliono manifestare “una volontà politica positiva” per eliminare tali violazioni dei diritti umani. Il testo evidenzia la “pericolosa situazione che i cristiani devono affrontare” nella zona e denuncia “gli abusi che vengono subiti da persone di qualsiasi appartenenza religiosa, etnica e culturale” che vogliono semplicemente esercitare la loro “libertà di religione e di credo, senza essere perseguitati o uccisi”. La situazione si aggrava sempre di più e minaccia “l’esistenza di molte comunità religiose” e tra queste “i cristiani sono oggi particolarmente colpiti e la loro sopravvivenza “è in questione”. (segue)

15:20
“Parliamo degli atti barbarici di cui sono vittime i cristiani e non solo loro naturalmente, ma soprattutto loro. In questo caso volevamo fare risaltare l’abbandono in cui politicamente si trovano queste comunità cristiane, che sono vittime di decapitazioni, con persone che vengono bruciate vive, bambini che vengono ammazzati, donne e piccoli venduti al mercato come schiavi. Davanti a questa situazione, abbiamo voluto sottolineare che i diritti umani di queste persone sono uguali a quelli di tutte le altre persone”. La dichiarazione ricorda il contributo dei cristiani alla storia della regione: “La presenza cristiana nel Medio Oriente costituisce il fermento di una vitalità unica nella regione e contribuisce a un senso di pluralismo che rende possibile lo sviluppo della democrazia. Perché senza questa presenza c’è, appunto, il pericolo che venga imposta un’uniformità tale che non lasci spazio a sviluppi democratici. Il diritto di rimanere nelle loro case e nelle loro proprietà per i cristiani come per le altre comunità religiose – sciiti, sunniti, yazidi, alawiti – è qualcosa che è indipendente dalla credenza religiosa: è un diritto che viene alle persone. Sono cittadini come tutti gli altri, con gli stessi diritti e gli stessi doveri”. (segue)

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“L’idea è di creare non una posizione politica, ma una sensibilità umanitaria di rispetto dei diritti delle vittime della violenza, particolarmente dei cristiani, nella regione del Medio Oriente. Perché se non si fa qualcosa per loro – la possibilità che i loro diritti come cittadini vengano rispettati, che possano ritornare alle loro case: il diritto quindi di ritorno per i rifugiati – c’è il serio pericolo che le comunità, ridotte al minimo già adesso dopo più di un secolo di continuo dissanguamento, spariscano completamente e che il Medio Oriente, la regione dove Gesù è nato, dove il cristianesimo ha cominciato a svilupparsi, diventi una regione del mondo vuota della testimonianza e della presenza cristiana”. Da qui l’auspicio che “i governi e tutti i leader civili e religiosi del Medio Oriente si uniscano per affrontare tale allarmante situazione” e “costruire insieme una cultura di convivenza pacifica”: nel nostro mondo globalizzato – conclude la dichiarazione – “il pluralismo è un arricchimento”. Un Medio Oriente “senza le diverse comunità” significa dunque un Medio Oriente che rischia “nuove forme di violenza, esclusione e assenza di pace e sviluppo”.
 
 
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