SIRIA – (12 Dicembre)

Con il fiato sospeso

Il Paese al voto: un passo verso la democrazia?

Si vota oggi in Siria per le elezioni municipali a nove mesi dall’inizio delle manifestazioni popolari che, dal loro inizio, sono stime dell’Onu, avrebbero provocato circa 4.000 morti. Il voto, hanno riferito le autorità siriane, è stato organizzato sulla base della nuova elegge elettorale entrata in vigore di recente: a contendersi le oltre 17 mila cariche in 1.337 amministrazioni (consigli regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali) sono circa 43 mila candidati. Il clima di tensione, sottolineato anche dalle rigide misure di sicurezza, è alimentato dagli scontri tra rivoltosi armati, disertori e forze dell’Esercito, con altre vittime, secondo l’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo, in diverse zone del Paese, soprattutto nelle regioni di Idleb e Deraa. Le opposizioni hanno indetto uno sciopero generale e il boicottaggio del voto. Da parte del primo ministro Adel Safar è giunto un invito a votare “per salvare la nazione dai complotti”.

Un passo in avanti? “Da quel che posso vedere si nota una certa affluenza alle urne nonostante le azioni di disobbedienza civile volute dalle opposizioni – riferisce al SIR mons. Jean Clement Jeanbart, arcivescovo greco melkita di Aleppo, seconda città della Siria –. Qui, è bene dirlo, esiste un’opposizione pacifica che vuole cambiare la Costituzione e il regime, rinnovando la politica e cercando la democrazia. Queste elezioni sono state decise oltre due mesi fa e non sono improvvisate. Il voto di oggi è un passo che s’inserisce in questo percorso di riforme e di ricerca di democrazia. In Siria, però, opera anche un’altra opposizione, minoritaria, che proviene dall’estero e che usa armi e metodi violenti spargendo paura e terrore in molti villaggi specie quelli alle frontiere turche e libanesi”. Secondo il vescovo cattolico, “un brusco rovesciamento del potere di Bashar Assad potrebbe preludere all’instaurazione di un regime islamico fondamentalista che imporrebbe la Sharia, la legge coranica”.

Riforme subito. Per mons. Jeanbart “coloro che vogliono la destabilizzazione della Siria sono una minoranza, sostenuta da Paesi esterni, soprattutto di alcuni dell’area del Golfo, da integralisti sunniti come gruppi salafiti vicini ad Al Qaeda con basi in Libano”. “Sono certo – aggiunge il vescovo – che la maggioranza dei siriani non vuole un regime islamico nel quale verrebbe abolito il principio di cittadinanza che garantisce l’uguaglianza di trattamento per tutte le minoranze, cristiana, drusa, sciita, alauita, ismailita. Allo stesso modo sono convinto che il regime attuale non debba restare così come è. Auspico che siano varati provvedimenti che tengano presente il rispetto dei diritti, la laicità positiva, la democrazia. Assad deve velocizzare le riforme e farle diventare realtà. Urge uscire dal governo del partito unico – Baath – a vantaggio del pluralismo politico. Un solo partito favorisce la corruzione e l’autoritarismo. Uscire velocemente da questo sistema consentirà di raggiungere progressivamente la democrazia e mantenere quella convivialità e laicità positiva che distingue la nostra società da quelle vicine”.

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