SIRIA – ( 12 Novembre )

Siria: gli Usa appoggiano gli insorti. Rischio di coinvolgimento di Israele


Gli Stati Uniti assicurano pieno sostegno alla nuova opposizione siriana unificata. Dopo la firma in Qatar dell’accordo che riunisce tutti i gruppi che lottano contro il presidente Assad, il Dipartimento di Stato Usa ha fatto sapere che Washington lavorerà con la coalizione nazionale per garantire assistenza umanitaria e non letale. Intanto, aumenta il rischio di coinvolgimento di Israele nel conflitto siriano. Ieri, l’esercito dello Stato ebraico ha sparato colpi sul Golan, in risposta a colpi di mortaio provenienti dal territorio siriano. Della svolta avvenuta nel fronte degli insorti, Giancarlo La Vella ha parlato con Stefano Polli, responsabile esteri dell’Agenzia Ansa:RealAudioMP3

R. – Sicuramente, è una svolta importante perché uno dei problemi che l’opposizione ha avuto in questi mesi – sia del punto di vista politica, con un riflesso poi anche sul terreno, sia dal punto di vista militare – è proprio la frammentazione: il fatto di essere molto divisa, molto eterogenea. Quindi, la decisione presa a Doha è importante, perché adesso l’opposizione ha una sua unità, ha un suo leader riconosciuto e ha un programma politico e militare unificato. Sicuramente, anche il riconoscimento venuto dagli Stati Uniti è fondamentale, perché è chiaramente un segnale forte che viene dato al regime siriano. Comunque, adesso è ancora presto: bisognerà vedere e capire se concretamente questa unità di intenti dimostrata a Doha avrà poi dei riflessi veri sul terreno. Per cui, questa presa di posizione degli Stati Uniti è fondamentale, perché lancia un messaggio ad Assad: è chiaro che questo è il primo passo, ma a questo punto gli Stati Uniti sono scesi in campo.

D. – Rischia di aprirsi comunque un altro fronte decisivo anche con Israele: secondo te, lo Stato ebraico potrebbe essere coinvolto nella crisi siriana?

R. – Purtroppo sì. Un altro dei problemi che vi sono stati, dovuti proprio alla lentezza della reazione internazionale, è il rischio dell’effetto contagio. Questo in parte è già successo, per esempio, con il Libano, ma anche con la Turchia c’è una situazione molto delicata. Adesso è successo anche con Israele, ma Israele non è la Turchia e non è neanche il Libano. Israele è pronta a rispondere alle provocazioni che vengono dalla Siria e questo va a complicare un teatro già difficile, perché Israele – in questo momento – ha tre fronti aperti e non solo con la Siria, ma al sud con Gaza e inoltre c’è sempre l’ombra del nucleare iraniano con la possibilità di un attacco israeliano, più di una volta ventilato. Insomma, la situazione è molto complicata e ogni giorno che passa il puzzle diventa più difficile.

D. – Da tutto questo rimane fuori l’ipotesi di un intervento umanitario, a fronte di una emergenza che sta diventando ogni giorno sempre più drammatica…

R. – Questa è la vera emergenza. La popolazione siriana continua a scappare da un Paese, dove c’è una guerra civile vera e propria: ci sono centinaia di morti tutti i giorni, la gente fugge e l’emergenza umanitaria è gravissima. In questa situazione, è difficile agire, perché è difficile arrivare in Siria ad aiutare questi profughi e anche sui confini dei Paesi vicini non si sta facendo abbastanza.

 
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