SIRIA – ( 14 Marzo )

Siria. Mons. Zenari: serve il coraggio di idee nuove per uscire dal dramma



“Una catastrofe umanitaria inconcepibile”, così l’Onu definisce la situazione in Siria alla vigilia del terzo anniversario dall’inizio della crisi che ha prodotto, secondo gli ultimi dati, più di nove milioni di sfollati e tre milioni di civili ancora intrappolati in aree circondate dalla violenza. E sul futuro è il presidente Assad a esprimere oggi la sua sfiducia, bocciando la Conferenza di “Ginevra 2” come un “terreno non valido per una soluzione pacifica”. Dunque, una Siria ferita e divisa, davanti alla quale però “non possiamo perdere la speranza”: questo in sintesi il pensiero del nunzio apostolico a Damasco, mons Mario Zenari. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Proprio in questi giorni, fuori Damasco vedevo la primavera che sta arrivando con irruenza, i mandorli in fiore, e pensavo: quand’è che si vedrà la cosiddetta Primavera araba, una Siria rinnovata, che è poi nell’intenzione e nel desiderio di tutti? Purtroppo, qui da tre anni la gente invece si trova con un gelo, con queste statistiche terribili. Però, di fronte a questo quadro, credo che non dobbiamo perdere la fiducia, la speranza, quello che continuamente insomma ci dice il Santo Padre e che recentemente anche i vescovi cattolici di Siria, riuniti in Assemblea plenaria, hanno richiamato, incoraggiando i fedeli a mantenere la fiducia, a fare leva sulla forza della preghiera e a dare la testimonianza della solidarietà in questo momento così difficile.

D. – Tutte le grandi organizzazioni che sono attive in Siria, oltre a dare dati, in queste ore lanciano appelli, chiedono azioni urgenti, chiedono di mettere in campo tutte le azioni possibili. Se lei dovesse fare un appello alla diplomazia internazionale che sembra allo stallo dopo “Ginevra 2”, cosa si sentirebbe di dire?

R. – Direi questo: lavoriamo tutti quanti affinché si trovi il modo di sbloccare questa situazione. C’è bisogno di avere coraggio per cercare possibilità sempre nuove per uscire da questo tunnel.

D. – Che fine ha fatto quel pluralismo così ricco, così bello, il pluralismo religioso e etnico della Siria?

R. – Io voglio sperare che non sia andato perduto. Questa convivialità, in particolare tra musulmani e cristiani era esemplare: è stata molto disturbata in questi ultimi due anni da questo estremismo. Ma, voglio sperare, che possa essere restaurata.

D. – In particolare, i cristiani siriani hanno risentito di questo clima cupo che si è creato in questi tre anni, facendo molto, ma anche pagando un duro prezzo. Cosa dire loro?

R. – I cristiani hanno sofferto come tutti i cittadini siriani. Sono stati sotto i bombardamenti, hanno dovuto spostarsi, sono sfollati interni. L’ultimo di questi tre anni di conflitto è stato un po’ più duro per loro in certe località. Quindi, farei leva ancora su questo messaggio di speranza dei vescovi siriani che incoraggiano a cercare, nel limite del possibile, di rimanere qui, nella loro terra. I cristiani rappresentano, per così dire, un’apertura, una finestra sul mondo, con il loro sentimento così universale. Ho sentito anch’io dei capi religiosi musulmani che si sono detti dispiaciuti di certi attacchi che certe comunità cristiane hanno subito, che hanno rigettato certi comportamenti da parte di estremisti. Inoltre, vogliono e desiderano che i cristiani rimangano.

D. – Come vede oggi la Siria a tre anni dall’inizio della rivolta? Un Paese diviso e in rovina, che lotta per la sopravvivenza?

R. – Ci sono delle immagini che colpiscono, immagini e statistiche che veramente fanno male. Credo, naturalmente, sia necessario vedere anche la reazione che c’è da parte di tanta gente che non accetta questa situazione e che dice “Basta!” a questo clima di violenza. Spero che questa maggioranza silenziosa, che per il momento non ha la possibilità di esprimersi a tutti i livelli sociopolitici, possa emergere sempre di più.

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del sito Radio Vaticana
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