R. Si è trattata di una fuga di notizie della quale io non sono responsabile. La notizia è sostanzialmente esatta: cè stata una decisione dello Stato siriano, che fa seguito a una messa tra parentesi del mio permesso di residenza già nel marzo scorso e che ora arriva a una conclusione poco felice. Devo dire, con benevolenza, che lo Stato siriano ha chiesto al vescovo di operare in modo che non sia un fatto semplicemente di polizia. Il vescovo per ora non cè e quando tornerà se ne occuperà. Io propongo al vescovo e ho proposto allo Stato siriano nella figura della sua massima autorità di accettare un tempo di meditazione da parte mia, quindi di un maggiore impegno spirituale e minore sul versante culturale e politico, in cambio per così dire del poter rimanere in Siria. Ciò perché ho dei doveri religiosi, monastici e di presenza con la gente del posto, che alla fine deve essere la prima e la più importante. Quindi, spero che questa mia domanda di poter restare in Siria sia ascoltata forse tanti amici si stanno muovendo in questo senso e spero sia accolta e che io non sia costretto a lasciare il Paese, che considero il luogo del mio apostolato, la mia patria di elezione, il luogo del mio impegno.
D. Qual è il suo impegno nel Paese dal punto di vista religioso, dal punto di vista politico, e qual è, quindi, il suo sentimento in questo momento?
R. Io sono qui da 30 anni, ho lavorato al dialogo islamo-cristiano, ho lavorato per creare una comunità monastica consacrata al servizio dellarmonia islamo-cristiana, che poi è una priorità mondiale. Siamo una ventina di persone fratelli e sorelle di diversi Paesi: tutti studiano larabo, tutti studiano il cristianesimo orientale e anche la religione musulmana e si dedicano allospitalità. Durante questultima, dolorosissima crisi, ci siamo impegnati per la libertà dopinione, per la libertà di coscienza, per la libertà despressione e sono tanti anni che cerchiamo di operare, di cooperare per un accesso graduale alla democrazia matura, di far fronte allemergenza della società civile, a un dialogo che garantisca lunità nazionale, la protezione delle differenze, la valorizzazione delle specificità, senza una democrazia di un primato di un gruppo sugli altri, ma in una dinamica di creazione, di costruzione continua e dinamica del consenso nazionale. Questo richiede degli strumenti. Io ho scritto un articolo sulla democrazia consensuale, che ha avuto un certo impatto locale e internazionale. Adesso cè un nostro appello per Natale in diverse lingue sulla riconciliazione, che si può trovare su Internet. Noi crediamo, crederemo fino allultimo, e anche dopo lultimo, nella riconciliazione, nel dialogo, nel negoziato, per evitare al massimo la sofferenza della gente e costruire un futuro che non sia quello dellodio e della vendetta.
D. Qual è la situazione in questo momento nel Paese?
R. Di dialogo insufficiente. Questo irrigidimento va verso una tragedia. Comunque, chiunque vinca, sarebbe una tragedia. Non vogliamo che vinca nessuno: vogliamo che vinca larmonia.(ap)
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