SIRIA – ( 7 Marzo )

Siria: rapiti da un gruppo ribelle 21 caschi blu dell’Onu.

Sale ad un milione il numero dei profughi in fuga



Siria. Allerta nella comunità internazionale per il rapimento di un convoglio di circa 20 Caschi Blu da parte di un gruppo ribelle. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ne ha chiesto “l’immediato rilascio”, deprecando l’atto. Il servizio è di Marina Calculli: RealAudioMP3

Un convoglio di circa venti osservatori dell’Onu è stato fermato sulle alture del Golan dai ribelli dell’esercito siriano libero. Sono stati gli stessi insorti a dare la notizia in un video su youtube, girato davanti a un blindato dell’Onu. In cambio della liberazione degli ostaggi i ribelli chiedono il ritiro dei soldati di Asad da Jamlah, nella provincia di Daraa. Il capo dei sequestratori ha detto di appartenere alla brigata dei “Martiri di Yarmouk”. L’episodio si è verificato proprio nel giorno in cui anche l’Inghilterra si era detta pronta a fornire equipaggiamento militare ai ribelli. Intanto la Lega Araba ha offerto alla coalizione nazionale siriana, il gruppo di opposizione politica guidata da Moaz al Khatib, un seggio nell’organizzazione, a patto che la coalizione nomini un comitato esecutivo. Per la Lega, inoltre, gli Stati arabi “sono liberi di offrire aiuto militare ai ribelli”. Il seggio della Siria nella Lega era stato sospeso nel 2011. Intanto l’agenzia dell’Onu per i rifugiati ha annunciato che i siriani fuggiti dal paese hanno raggiunto il milione: circa la metà sono bambini per la maggior parte sotto gli undici anni. Ogni giorno migliaia di persone attraversano il confine. L’emergenza umanitaria – secondo l’agenzia – rischia di diventare presto insostenibile.

Sono sempre di più i rifugiati che fuggono dalle violenze; secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati si tratta di “un disastro su larga scala“, con un milione di siriani che hanno lasciato il Paese, la metà dei quali sono bambini. Francesca Sabatinelli ha intervistato Reem Alsalem, portavoce di Unhcr in Libano:RealAudioMP3

R. – The number of people who have registered or are waiting registration …
Il numero delle persone che si sono registrate, o che stanno aspettando ancora di essere registrate, ha toccato oggi il milione. Noi sappiamo però che il numero dei siriani dev’essere molto, molto più alto di questo, perché ci sono molti che ancora non sono arrivati al luogo della registrazione o che mai si registreranno. Quello che l’Alto Commissariato ha fatto, in realtà, questa mattina è suonare l’allarme, perché questa situazione rappresenta la grave situazione umanitaria che risulta dalla guerra in Siria. Oltre a questo milione di profughi all’estero, ci sono quattro milioni di persone all’interno della Siria – e queste sono stime prudenti – che hanno bisogno di assistenza. Ora, se si aggiungono quattro milioni di persone all’interno della Siria al milione di persone che si trova fuori dal Paese, stiamo parlando di cinque milioni di persone che rappresentano il 20 per cento della popolazione siriana. E queste, come ho detto, sono stime prudenti perché noi non abbiamo accesso a molte zone della Siria.Ecco, tutto questo dimostra che siamo arrivati ad un punto cruciale della crisi siriana.

D. – Quali sono le condizioni fisiche e psicologiche di queste persone?

R. – We have to remember that this is really a refugee crisis women and children. …
Dobbiamo ricordarci che questa crisi di rifugiati riguarda sostanzialmente donne e bambini. Oltre il 60 per cento dei rifugiati sono donne e bambini; noi li accogliamo nei punti di valico tra con la Giordania; li incontriamo anche pochi giorni dopo il loro arrivo in Libano … Quella che vediamo è una situazione veramente tragica. Molti arrivano feriti, o soffrono di gravi problemi di salute, vengono con i vestiti che indossano, hanno pochissimo denaro; alcuni hanno viaggiato per giorni e in situazioni di pericolo; alcuni sono stati feriti con arma da fuoco mentre cercavano di uscire dalla Siria. Quando arrivano, sono molto preoccupati per i familiari che sono rimasti nel Paese, i bambini, in particolare, hanno visto cose che nessun bambino a quell’età dovrebbe vedere: l’uccisione di membri della famiglia, la distruzione delle loro case. E’ evidente il trauma che hanno sofferto: bagnano il letto, sono molto chiusi, non vogliono parlare con nessuno e quando lo fanno manifestano comportamenti aggressivi. E’ una situazione veramente molto triste. Loro vengono senza sapere cosa il futuro riservi loro; molti non sanno per quanto tempo saranno rifugiati e non c’è nessuno che possa sostenerli, e trovare un alloggio nei Paesi di accoglienza è per loro una grande sfida. Ovviamente, oltre il 60 per cento dei rifugiati vive fuori dai campi e ho visto con i miei occhi oltre 20 famiglie affollare un singolo edificio, ovviamente in condizioni igienico-sanitarie molto limitate, in Libano come in Giordania. Detto questo, bisogna però ricordare anche che le comunità del Libano e della Giordania sono state di una generosità estrema, aprendo le loro case alle famiglie e condividendo le loro povere risorse, il pane e l’acqua, con le famiglie siriane. Forse però tutto questo non riuscirà ad indurre la comunità internazionale a rendersi conto che questa non può essere una situazione duratura: se queste condizioni si protrarranno, senza fondi adeguati, la Giordania, il Libano, perfino la Turchia e l’Iraq – che pure hanno i loro problemi – non saranno in grado di tenere aperte le loro frontiere e crolleranno di fronte a tale pressione.

D. – Questo sarà il risultato dei mancati finanziamenti?

R. – Exactly. The Un and the humanitarian Ngos and agencies have asked …
Esatto. A dicembre 2012, le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative e le agenzie umanitarie hanno chiesto un miliardo di dollari per rispondere alle esigenze di base dei rifugiati fino a giugno. Purtroppo, di questo miliardo di dollari che abbiamo chiesto – la più grande richiesta di aiuti umanitari della storia – ne abbiamo ricevuto soltanto il 25 per cento. Qualche cosa sta entrando, ma come le ho detto, questo disastro umanitario sta crescendo ad un ritmo così veloce che per rispondere con la stessa velocità, la comunità internazionale dovrebbe contribuire altrettanto velocemente. Se oggi non riusciamo ad avere i fondi necessari, veramente non saremo in grado di affrontare le esigenze più elementari. E quando dico “elementari”, non sto parlando di operazioni umanitarie di gran lusso; parliamo di riuscire a fornire i 20 litri di acqua, le 2.000 calorie di cui le persone hanno bisogno, una coperta, una tenda. Se non riusciremo ad ottenere altri fondi, dovremo addirittura stabilire delle priorità tra i più vulnerabili e lasciare fuori da questo piano di emergenza tutti gli altri.

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del sito Radio Vaticana
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