SIRIA – (7 Settembre 2017)

Il raid. «I caccia di Israele colpiscono fabbrica di armi chimiche in Siria”


Luca Geronico giovedì 7 settembre 2017
L’operazione nella provincia di Hama allo Scientific Researchers Center: sette le vittime. Gerusalemme «nega». L’azione a poche ore dal rapporto Onu che accusa Assad di avere usato ancora il gas Sarin
Il puntatore di un missile Tomahawk styatunitense che si abbatte sulla base aerea siriana di Shayrat, l'8 aprile scorso

Il puntatore di un missile Tomahawk styatunitense che si abbatte sulla base aerea siriana di Shayrat, l’8 aprile scorso

Aerei da guerra israeliani hanno preso di mira una postazione dell’esercito siriano vicino Masyaf, nella provincia siriana di Hama, e il bilancio è di due (anche se fonti indipendenti parlano di 7) soldati morti. È quanto denuncia il comando generale dell’esercito della Siria. I media israeliani, citando testate arabe, riportano che sarebbe stato colpito lo Scientific Researchers Center, cioè una struttura dell’esercito in cui si sviluppano armi chimiche. L’esercito siriano, secondo quanto si legge sull’agenzia di stampa di Stato siriana Sana, afferma che “gli aerei israeliani hanno sparato diversi razzi dallo spazio aereo libanese alle 2.42 di giovedì”.

L’esercito minaccia “pericolose ripercussioni di questa azione aggressiva sulla sicurezza e stabilità della regione” e afferma che “questa aggressione giunge nel disperato tentativo di innalzare il morale crollato dei terroristi dell’Isis dopo le vaste vittorie riportate dall’esercito siriano su più di un fronte” e quindi conferma “il diretto supporto fornito da Israele all’Isis e ad altre organizzazioni terroristiche”. Un portavoce dell’esercito israeliano si è rifiutato di commentare la notizia del raid in Siria, affermando che l’esercito non commenta questioni operative. In passato funzionari israeliani hanno ammesso che Israele aveva attaccato carichi di armi diretti al gruppo libanese Hezbollah sostenuto dall’Iran, alleato del presidente siriano Bashar Assad, senza però precisare quali.

Un ex capo dell’intelligence militare israeliana, Amos Yadlin, ha scritto su Twitter che non si tratta di routine e che quello preso di mira è un centro scientifico militare: “La struttura a Masyaf produce anche armi chimiche e barili esplosivi che hanno ucciso migliaia di civili siriani”, ha scritto. Non ci sono conferme indipendenti che l’obiettivo del raid fosse effettivamente questo, ma in passato il governo siriano è stato accusato anche dall’Onu di condurre attacchi chimici, cosa che Damasco nega. Inoltre in passato funzionari israeliani hanno riferito che Israele e Russia, altro alleato di Assad, mantengono contatti regolari per coordinare l’azione militare in Siria.
L’attacco, il primo dalla tregua che di fatto ha paralizzato le attività delle forze russe e in parte di quelle siriane, arriva a poche ore dalla pubblicazione di un rapporto delle Nazioni Unite che accusa il regime di Assad di aver usato ancora una volta, e in almeno tre occasioni, armi chimiche: in particolare il tremendo gas Sarin

La strage di Khan Sheikhoun

Fu infatti un Sukhoi 22 a compiere «quattro attacchi aerei a Khan Sheikhoun alle 6.45 ora locale» dello scorso 4 aprile. In tre raid «furono utilizzate tre bombe convenzionali e una chimica», affermano gli ispettori delle Nazioni Unite. Nessun dubbio, per la Commissione Onu, su chi abbia compiuto l’attacco costato la vita a 83 persone (fra cui 28 bambini e 23 donne) in cui sono rimaste ferite altre 293 persone (di cui 103 bambini): «Solo le forze siriane usano questo tipo di aereo ». Fu quella strage a provocare la repentina risposta americana con il lancio , l’8 aprile scorso, di missili Tomahawk contro la base aerea siriana di Shayrat, nella provincia di Homs, dal quale si presume sia stato sferrato l’attacco. Il 14esimo rapporto della Commissione Onu sulle violazioni dei diritti umani e sui crimini di guerra commessi in Siria – relativo al periodo compreso fra il primo marzo e il 7 luglio – rappresenta il primo ed esplicito atto d’accusa da parte delle Nazioni Unite contro il regime di Bashar al-Assad: fra marzo e giugno di quest’anno l’esercito di Damasco ha impiegato almeno quattro volte armi chimiche, compreso l’attacco del 4 aprile a Khan Sheikhoun.

Tra marzo e luglio di quest’anno

Gli altri tre attacchi con armi chimiche compiuti fra marzo e luglio dalle forze governative, di cui riferisce sempre la Commissione d’indagine Onu, sono avvenuti ad al-Latamneh, nella regione di Ghouta est, e in due casi nel governatorato di Damasco, dove è stato utilizzato gas cloro. Già a giugno gli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) avevano confermato l’impiego di «Sarin o di una sostanza simile al Sarin» nell’attacco a Khan Sheikhoun senza però indicare un re- sponsabile. Interviste e informazioni secretate, afferma il rapporto, indicano l’intervento di un Sukhoi 22, in dotazione solo alle forze siriane. Nella zona sono stati trovati resti della bomba e, nonostante la Commissione non sia riuscita a determinare il tipo esatto di arma chimica utilizzata, «le parti sono compatibili con bombe di gas Sarin realizzate dalla ex Unione sovietica». Tenendo conto delle precedenti conclusioni dell’Opac sull’uso di gas Sarin, la Commissione con indagini indipendenti ha concluso che «i sintomi riportati dalle vittime sono compatibili con l’esposizione al gas Sarin», un fatto che è definito come un crimine di guerra. Sempre secondo la Commissione Onu, con le tregue locali sono avvenute evacuazioni che equivalgono al «crimine di guerra dello spostamento forzato», come nei casi di Madaya e Barza, Fua e Kefraya, nonché Tishreen e Qabun. Accuse pesantissime contro il regime di Bashar al-Assad, ma il rapporto non risparmia una stoccata anche agli Usa che sono criticati per non aver «preso tutte le precauzioni» necessarie per proteggere i civili nel raid contro una moschea di Aleppo lo scorso marzo.

Ieri 10 morti sono stati provocati da un’esplosione a Idlib, mentre prosegue la battaglia a Deir ez-Zor: i combattenti del Daesh hanno risposto con una controffensiva alle truppe lealiste che martedì avevano rotto, dopo quasi tre anni, l’assedio alla città. Secondo fonti citate dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), durante la notte i miliziani dello Stato islamico hanno attaccato, anche con l’uso di quattro autobomba guidate da kamikaze, le truppe governative che erano riuscite ad aprire un varco fino alla base assediata della Brigata 137. L’obiettivo del Daesh è di rompere il collegamento stabilito dai lealisti con la base nella parte ovest della città, da cui poi intendono procedere verso il centro. Nei distretti liberati, ha precisato il ministero della Difesa russo, quasi tutte le infrastrutture sono state distrutte dai terroristi del Daesh: «Tutte le stazioni elettriche e le stazioni di pompaggio dell’acqua sono state fatte saltare in aria, gli ospedali, le scuole e le strutture sociali sono state distrutte».

Intanto l’aviazione militare russa ha intensificato le sue missioni, compiendone oltre 1.400 in particolare sulla zona di Deir ez-Zor. Secondo il ministero della Difesa di Mosca sono stati uccisi 1.200 guerriglieri jihadisti. In parallelo missili da crociera russi sono stati lanciati contro obiettivi del Daesh dalla flotta presente nel Mediterraneo. Una volta riconquistata Deir ez-Zor, ancora per metà in mano al Califfato, Raqqa – sotto assedio da mesi – sarà l’ultima roccaforte dei jihadisti in Siria.

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