SIRIA – ( 9 Febbraio )

SIRIA
Prima che sia troppo tardi
Intervista con il nunzio apostolico
 
Oltre 70 persone sono state uccise oggi in diverse località dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad. La maggior parte delle vittime, secondo i Comitati di coordinamento locale degli attivisti anti-regime, si sono registrate ad Homs, terza città siriana dove sono ripresi i bombardamenti, probabilmente preparatori ad una offensiva di terra. Il conflitto non si svolge solo sul terreno ma anche su quello dell’informazione dove regime e opposizione si rimpallano le accuse. L’ultima, gravissima, è quella relativa alla morte di 18 neonati in incubatrice, nell’ospedale di Homs, dopo un black out provocato dai bombardamenti. Intanto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha annunciato una possibile missione congiunta delle Nazioni Unite e della Lega araba in Siria, dopo che quest’ultima aveva sospeso la missione dei propri osservatori il 28 gennaio scorso proprio a causa delle crescenti violenze da parte delle forze del regime nelle città siriane protagoniste delle rivolte di questi ultimi mesi. Ad aumentare la preoccupazione anche l’allarme lanciato dal ministro israeliano della Difesa, Ehud Barak, per il quale “bisogna stare all’erta per impedire il trasferimento di armi sofisticate dalla Siria a Hezbollah e al Libano”. Su quanto sta accadendo in Siria il SIR ha posto alcune domande al nunzio apostolico nel Paese, mons. Mario Zenari.

I giornali di oggi parlano di strage di neonati a causa dei bombardamenti sulla città di Homs, notizia smentita dal regime di Damasco che accusa, a sua volta, “i terroristi” di aver lanciato bombe contro i civili…
“È penoso vedere quanti bambini sono morti. Questa mattina seguivo in televisione una testimonianza da Homs che raccontava di come un bambino di 10 anni sia rimasto ucciso da colpi di arma da fuoco, mentre andava a comprare del pane. Si spara, diceva la tv, su ogni cosa che si muove. La speranza è che tutto finisca presto e che si risparmino vite umane. È veramente difficile essere oggettivi con i media che si accusano gli uni gli altri di disinformazione”.

Intanto prendono corpo varie iniziative diplomatiche, una delle ultime è della Turchia che vuole organizzare “al più presto” una Conferenza internazionale sulla Siria…
“La comunità internazionale non ha smesso d’interessarsi alla situazione in Siria. Le reazioni, anche forti, di questi ultimi giorni, ce lo stanno a dimostrare. Speriamo, quindi, che si riesca a trovare una soluzione in tempi brevi”.

Crede che ci siano ancora spazi per il dialogo?
“Voglio sperare di sì. La tensione è alta, ma vicino alle proteste per soluzioni programmate e mancate c’è anche un forte livello di solidarietà specialmente tra la popolazione che sta prendendo sempre più coscienza e conoscenza dei fatti e per questo cerca vie di uscita. Ma occorre anche l’impegno della comunità internazionale e degli organi istituzionali”.

Benedetto XVI, in più occasioni, ha chiesto la fine delle violenze in Siria ed espresso grande preoccupazione per conflitti come quello israelo-palestinese e in Iraq…
“Benedetto XVI ha occhi particolari per il Medio Oriente che da anni è una spina nel cuore di tutti e della cristianità in particolare. È qui, infatti, che è nata la Chiesa. La Siria è chiamata, dopo Gerusalemme, la culla della cristianità. Il cuore del Papa è sempre vicino a coloro che soffrono e patiscono crisi e conflitti”.

Qual è la situazione dei cristiani in Siria in questo momento particolare?
“Finora, e compatibilmente con i fatti in corso, non è particolarmente tragica. La Siria è uno di quei Paesi in cui c’è un buon livello di tolleranza religiosa e di dialogo tra cristiani e musulmani. La Siria può essere considerata un modello di convivenza”.

Non ci sono notizie di violenze anticristiane come in Egitto?
“Finora non abbiamo notato dei segni particolari di violenza anticristiana o di persecuzioni. Ci sono stati episodi in cui i cristiani hanno perso la vita, come molti altri, ma non ci risulta per motivi religiosi. Le Chiese non sono state toccate come accaduto in Paesi vicini. Da informazioni in mio possesso posso dire che i cristiani sono apprezzati e rispettati ed è un particolare da rilevare in questa fase. Anche nei villaggi sono ben visti e accolti poiché sono un ‘ponte’. Essi avvicinano le parti, tessono relazioni, si trovano bene con tutti per la loro apertura mentale e buon senso. Per questo li incoraggiamo affinché restino in Siria. È importante per il loro Paese”.

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