SIRIA/TURCHIA – ( 8 Ottobre )

Manifestazioni di solidarietà a Kobane: 12 morti in Turchia

Kobane città siriana curda

Scontri e 12 morti in alcune città della Turchia. Sono degenerate alcune manifestazioni a favore di Kobane, la città siriana curda al confine con la Turchia che cerca di resistere ai jihadisti dell’Is.  Si moltiplicano gli appelli per Kobane: l’inviato Onu, De Mistura, preme per un’azione concreta a favore della popolazione.  Il servizio di Fausta Speranza

Ankara spiega al mondo la sua decisione di non intervenire con il suo esercito posizionato a 800 metri dalla città assediata rilanciando: il presidente Erdogan sottolinea che non bastano i raid aerei della coalizione, ci vuole un intervento di terra. Chiede una fly-zone in Siria e la rimozione di Assad. A difendere Kobane, come l’ultimo baluardo della fascia occidentale siriana, al momento e ci sono i curdi: nonostante 5 raid della coalizione, la città sta per cadere in mano ai jihadisti dell’Is. Solidarietà a Kobane e critica alle autorità turche, in vari Paesi. A Bruxelles, ilano, Parigi.  Ma è proprio in Turchia, ad Istanbul, Ankara e distretti del sud est, che si sono avute le proteste più violente. In particolare a Diyarbakir, la piu’ grande citta’ a maggioranza curda della Turchia. Dinamica incerta ma tutti concordano che non sono state le forze di sicurezza a sparare.  E c’è poi l’Iran che denuncia “la passivita’ della comunita’ internazionale” di fronte all’attacco su Kobane. Resta da dire che Obama fa sapere che il suo inviato speciale l’ex generale John Allen, sarà domani in Turchia per discutere la strategia contro il sedicente Stato islamico.

Delle scelte di Ankara e della questione dei curdi che sono rimasti gli ultimi a combattere l’avanzata dell’Is in Siria, Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:

R. – Secondo me, la Turchia ha preso posizione e ha preso la posizione di non intervenire in maniera tale da indebolire ancora di più, se ce ne fosse bisogno, la Siria da una parte e i curdi dall’altra. Siria e curdi sono due degli obiettivi che la Turchia persegue già da moltissimo tempo. La Siria, da quando c’è il nuovo presidente Erdogan, mentre la questione curda invece è annosa, antica, vecchia ma irrisolta e che pare non interessi praticamente a nessuno. Oggi, i curdi sono in Siria l’ultimo baluardo all’avanzata del “Califfato” e la Turchia si guarda bene dall’intervenire, per non fare un favore alla Siria, da una parte, e ai curdi dall’altra. E, ancora una volta, vedo che tutti stanno fermi. È vero che c’è stata la promessa di armi per i curdi, ma quelle armi che sono arrivate non hanno avuto conseguenze, nel senso che non c’è stato un rifornimento adeguato e un ulteriore rifornimento rispetto a quello che già era stato fatto. A breve, i curdi non avranno più le munizioni con cui tentare di bloccare il “Califfato”.

D. – A questo punto, visto tutto l’evolversi della zona mediorientale, la questione curda si ripropone con accenti un po’ nuovi, anche se restano i punti fermi della questione di sempre…

R. – Sì, la questione curda è stata, per anni e anni, completamente dimenticata e anche travisata, perché si è considerato come rappresentante del movimento curdo soltanto il Pkk. Ma il movimento curdo non è soltanto il Pkk, non è soltanto il Partito comunista. La questione curda è una questione estremamente grave, che in questo momento si è ripresentata in tutta la sua drammaticità proprio perché vengono perseguitati: sono i combattenti ma vengono abbandonati ancora una volta.

D. – Lo ricordiamo, la questione è che c’è un popolo senza uno Stato…

R. – Assolutamente sì, o meglio, ci sarebbe un territorio a cavallo tra la Turchia e la Siria, che sarebbe il Kurdistan; non esiste uno Stato. L’avevano pensato con i Trattati di Pace di Versailles ma, alla fine – stiamo parlando del 1919 – non se n’è fatto più niente, perché evidentemente non c’erano interessi politici nell’area, o meglio, i curdi non servivano, lo dico brutalmente.

D. – Possiamo dire, molto cinicamente e tristemente, che in tutto questo complicarsi della situazione in Medio Oriente alla fine ci guadagnano gli jihadisti del cosiddetto Stato islamico?

R. – E’ naturale, è assolutamente vero. La debolezza di alcuni gruppi, o il disinteresse degli Stati legittimi fa sì che questi gruppi possano radicarsi ancora di più sul territorio, avere l’appoggio di gruppi estremisti in altri Stati e, praticamente, dominare la scena. Io voglio ricordare una cosa: la politica che lo pseudo-Califfato sta adottando in Iraq in questi ultimi giorni, in queste ultime ore: non sta più utilizzando solo le armi come strumento di controllo del territorio, ma sta usando uno strumento ancora più grave, che è il controllo dell’acqua. E di questo, a tutt’oggi, non se ne parla. Eppure il controllo dell’acqua vuol dire, a questo punto, schiacciare le popolazioni nei villaggi dove si trovano.

 

Il testo completo si trova su:

http://it.radiovaticana.va/news/2014/10/08/manifestazioni_di_solidarietà_a_kobane_12_morti_in_turchia_/1108113

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