SUD SUDAN – ( 28 Maggio )

Sud Sudan. Sfollati oltre 1 milione. Msf: si profila carestia


2014-05-28 Radio Vaticana

 

In Sud Sudan il numero degli sfollati interni ha superato un milione di unità. Lo denuncia l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati. Il Paese è afflitto dalla guerra civile da oltre sei mesi e nonostante siano trascorse tre settimane dall’ultimo accordo per la tregua, continua a crescere il numero di persone in fuga: 370 mila i rifugiati in Etiopia, Kenya, Sudan e Uganda. Le Nazioni Unite hanno dato ordine ai peacekeeper di proteggere i civili. Nell’area anche l’impegno di Medici Senza Frontiere. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Stefano Zanini, responsabile supporto operazioni di MFS:

R. – La situazione nel Sudan del Sud è estremamente preoccupante. Prima di tutto, c’è il fatto che continuano, anche se con intensità inferiori, i combattimenti nel Paese e continua lo spostamento massiccio di persone. I bisogni sono enormi e sono di tutti i tipi: un problema di protezione, cibo, acqua pulita e l’accesso alle cure mediche è estremamente limitato. Le capacità di intervenire sono estremamente ridotte e lo saranno ancora di più durante la stagione delle piogge, che è una stagione dove tradizionalmente il 60% del Paese viene completamente tagliato fuori dal resto.

D. – Riuscite a essere presenti sul territorio, nonostante i combattimenti?

R. – Si, la negoziazione con gli attori armati, siano essi governativi o ribelli, rimane una delle sfide principali per garantire la sicurezza. Nel Sudan del Sud, abbiamo in questo momento il più grosso intervento di Msf con oltre 300 operatori presenti nel Paese. Abbiamo curato, in questi ultimi cinque mesi, oltre 270 mila persone e stiamo lavorando anche nei Paesi limitrofi, come l’Etiopia, come il Kenya, come il Sudan e come l’Uganda, dove affluiscono i rifugiati.

D. – Da una parte il conflitto che non cessa nonostante la tregua, ma c’è anche il problema non assolutamente secondario della semina che viene impedita. Questo cosa sta provocando?

R. – I combattimenti di questi ultimi mesi hanno impedito la popolazione locale di procedere alla tradizionale semina che precede la stagione delle piogge e che permette poi di avere i raccolti nel secondo semestre dell’anno. Questo sostanzialmente significa due cose. La prima cosa è che molte persone hanno abbandonato le loro terre e il loro Paese proprio per la paura di una prossima carestia e il secondo effetto, la seconda conseguenza, che si comincerà ad avere è proprio una possibile crisi malnutrizionale, il che rappresenterebbe un’ulteriore emergenza sull’emergenza.

D. – E’ presente anche una grave emergenza colera a Juba?

R. – Questa è l’ultima triste notizia che arriva da Juba, la capitale del Sudan del Sud. Si è sviluppata in queste ultime due settimane, le ultime cifre parlano di oltre 700 casi di colera in capitale con 29 morti, il che significa un tasso di mortalità superiore al 3%, quindi alla soglia di emergenza.

D. – In questo caso cosa fate?

R. – Sostenere l’ospedale principale della capitale. Abbiamo aperto tre centri per il trattamento di colera e curato a oggi un centinaio di pazienti e stiamo operando per aprire ulteriori centri per il trattamento, punti di reidratazione, garantire distribuzione di acqua potabile e fare quante più attività preventive e informative possibili presso la popolazione locale.

D . – Qual è l’auspicio di fronte a una situazione del genere?

R. – L’auspicio è che le cose migliorino il prima possibile. Che questo Paese e la sua popolazione riescano a uscire finalmente e definitivamente dall’incubo della guerra e a costruire un Paese solido e in pace. Mai come nel Sudan del Sud, purtroppo, a pagare il prezzo più caro delle guerre e degli scontri sono le persone più povere e i più vulnerabili.

 
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