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SUDAN – (11 Aprile 2019)

Africa. Colpo di Stato in Sudan: via al-Bashir dopo trent’anni


Redazione Internet giovedì 11 aprile 2019
Si è dimesso il presidente Omar al-Bashir, dopo mesi di proteste di piazza. I militari si sono schierati con i dimostranti
Dimostranti a Khartoum (Ansa)

Dimostranti a Khartoum (Ansa)

Colpo di stato in Sudan. Al potere da 30 anni, si è dimesso il presidente Omar al-Bashir, mentre l’esercito, che aveva circondato il palazzo presidenziale, ha annunciato la formazione di un governo di transizione. Arrestati politici e funzionari di governo. Nella capitale Khartum, al quinto giorno di un sit in di protesta di migliaia di persone che invocavano la rinuncia di Bashir, la gente festeggia la sua uscita di scena. Le proteste sono state scatenate tre mesi fa da una pesante crisi economica e dalla voglia di democrazia.

Tutti i membri del governo del Sudan sono stati arrestati dopo le dimissioni del presidente: lo riferisce la giornalista e presidente di Italians for Darfur, Antonella Napoli, che cita Yassir Arman, già leader del Sudan people liberation movement del Nord e oggi segretario per gli Affari esteri della coalizione Sudan Call, che raggruppa 22 partiti di opposizione.

Verso un governo di transizione

L’esercito sudanese ha annunciato la formazione di un Consiglio militare di transizione che governerà il Paese dopo le dimissioni del presidente al-Bashir. Il consiglio di transizione sarà guidato da Ahmed Awad Ibn Auf, il primo vicepresidente e ministro della difesa del Sudan, secondo quanto riferito dall’esercito. L’Associazione dei professionisti sudanesi, che ha guidato le proteste, ha affermato che accetterà solo il passaggio di potere a un governo di transizione civile.

Stamani all’alba l’esercito ha circondato il palazzo presidenziale con uomini e mezzi. Militari sono anche entrati nella sede dell’emittente radiotelevisiva di Stato che ha cominciato a trasmettere solo marce militari.

A Khartoum la folla in festa

La folla celebra nelle strade di Khartoum con canti patriottici e slogan quali «nuova era, nuova nazione» gli avvenimenti delle ultime ore. Gli abitanti della capitale hanno accolto in massa l’appello dell’Associazione professionale sudanese a unirsi ai manifestanti che partecipano dal fine settimana scorso al sit-in di protesta davanti alla sede dell’esercito.

La studentessa simbolo delle proteste

Si chiama Alaa Salah, ha 22 anni, e da tre giorni è diventata il simbolo delle proteste. Soprannominata «Kandaka», che significa «regina nubiana», Alaa è stata immortalata in un video diventato virale su Twitter mentre intona canti tradizionali che invocano il cambiamento. La studentessa è salita sul tetto di un’auto, guidando i cori dei manifestanti. «I miei genitori mi hanno insegnato ad amare il mio Paese», ha sottolineato Alaa, che durante la protesta indossava il «thobe», un abito bianco tradizionale. «All’inizio – ha spiegato – ho trovato un gruppo di sei donne ed ho cominciato a cantare, loro mi hanno seguito, e la gente è arrivata sempre più numerosa». «La religione dice che se gli uomini vedono che qualcosa va male, non possono restare in silenzio», ha cantato, mentre la gente rispondeva gridando «Rivoluzione!».

Le tappe della caduta di Bashir

LE PROTESTE DEL PANE. Per la prima volta, il 19 dicembre 2018 a centinaia si riversano nelle strade di Atbara e di altre cittadine per protestare contro il prezzo triplicato del pane. Le manifestazioni avvengono in contemporanea con il ritorno in patria del principale leader dell’opposizione, ex premier Sadiqal-Mahdi, spodestato dal colpo di Stato di Bashir nel 1989.

PRIMI SCONTRI, PRIME VITTIME. All’indomani, le proteste si diffondono nel Paese, con i manifestanti che inneggiano a «libertà, pace e giustizia» e chiedono «la caduta del regime». La polizia cerca di disperdere la folla e ci sono i primi scontri: in 8 vengono uccisi. Nei giorni seguenti le truppe vengono dispiegate a Khartoum e altrove, mentre dal presidente arriva una promessa di «reali riforme».

LA RESISTENZA DI BASHIR. Nonostante il protrarsi delle manifestazioni, Bashir risponde alla richiesta di un «nuovo regime» con il licenziamento del ministro della Salute messo alla gogna per l’aumento dei prezzi delle medicine. E alle proteste contro di lui contrappone una manifestazione di sostegno a Khartoum.

GLI APPELLI COMUNITÀ INTERNAZIONALE. La comunità internazionale esorta il Sudan a rispettare i diritti dei manifestanti, Human Rights Watch diffonde dei video che documentano la violenza delle forze di sicurezza. A fine febbraio, diversi attivisti dell’opposizione vengono arrestati mentre i dimostranti marciano sul palazzo presidenziale. Bashir reagisce il 22 febbraio dichiarando lo stato di emergenza, sciogliendo i governi provinciale e federale e nominando esponenti dell’esercito e dell’intelligence come governatori. Qualche giorno più tardi passa i poteri come leader del National Congress Party (Ncp) al suo vice.

SIT-IN DAVANTI AL QUARTIER GENERALE ESERCITO. Il 6 aprile in migliaia di nuovo scendono in piazza a Khartoum arrivando per la prima volta fuori dal quartier generale delle forze armate cantando «un esercito, un popolo». Viene allestito un campo e il sit-in prosegue nonostante i tentativi della polizia di disperderlo. Dopo tre giorni, gli agenti decidono di seguire la linea dell’esercito di non-intervento. L’11 aprile, al sesto giorno di sit-in, Bashir si dimette, i membri del governo vengono arrestati e l’esercito annuncia la formazione di un Consiglio militare di transizione che governerà il Paese.

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Il testo originale e completo si trova su:

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/sudan-in-atto-colpo-di-stato

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