Tunisia nel caos: perché si tace sull’Islam?
Sulla stampa occidentale e nei dibattiti culturali si lamentano le guerre, i terrorismi, le dittature, ma l’Islam resta ancora un argomento tabù
Roma, 10 Febbraio 2013 (Zenit.org). Padre Piero Gheddo, PIME | 127 hits
Il 6 febbraio scorso, lassassinio di Chokry Belaid, avvocato che protestava per i diritti delluomo violati del governo, ha provocato una rivolta di una parte del popolo tunisino, che teme una dittatura islamica e vorrebbe un governo democratico e laico. Il quadro della primavera araba nei paesi sunniti diventa sempre più indecifrabile, pare si ritorni allautunno e allinverno della democrazia nei paesi islamici. La situazione oggi è questa:
– nessun paese a maggioranza islamica (e sono più di trenta) ha un governo passabilmente democratico, non pochi di questi sono in uno stato di guerra civile: Siria, Egitto, Tunisia, Afghanistan, Pakistan, Mali, Nigeria, Yemen, Sudan, Somalia;
– in nessun paese a maggioranza islamica cè piena libertà religiosa per i cristiani e le altre religioni;
– in alcuni paesi nei quali i fedeli del Corano sono minoranza consistente, ci sono guerriglie e terrorismi separatisti: Filippine, Thailandia, India, Cina, Birmania, Indonesia.
Conosciamo tutti le notizie dattualità, gli avvenimenti che giorno per giorno confermano questa situazione. Stupisce invece il fatto che lOccidente non si interroga, non discute da dove nasce e come si propaga questa instabilità del modo islamico, queste rivolte, guerriglie, terrorismi che scoppiano tutte o quasi nei paesi islamici e cosa si può fare per andare alla radice di questo estremismo violento, mina vagante che minaccia la pace mondiale.
Quando il nazismo, prima della II guerra mondiale, era già una potenza in espansione, il mondo libero ne discuteva a livello popolare, studiava lideologia e visitava la Germania, cercava di fare accordi, si convocavano conferenze internazionali per la pace nel mondo. Dopo la II guerra mondiale, quando il comunismo internazionale era in fase espansiva, dagli anni quaranta al 1989, si avvertiva il pericolo di un contagio, si discuteva su come prendere provvedimenti per arginare la diffusione di questa ideologia-religione, si studiavano le radici del marxismo-leninismo e cosa fare per contrastarne la diffusione nel mondo libero. Il comunismo era un pericolo, se ne parlava molto.
Lo stesso non succede con lestremismo islamico, condannato da tutti ma che rimane come un oggetto misterioso. Non lo dico per avversione allislam e meno ancora ai musulmani. Sono convinto che lislam è una grande religione ed ha avuto il merito storico impagabile di portare molti popoli dal politeismo al monoteismo di Abramo padre di tutti i credenti e dal tribalismo allunità nella fede: ha dato a popoli divisi e nemici un Libro, una Legge e una Comunità che li hanno uniti e resi solidali.
Oggi però lestremismo islamico ha preso il sopravvento sulla grandissima maggioranza dei fedeli dellislam e rappresenta un nuovo pericolo per lumanità e il nostro Occidente, demonizzato dal grande Satana americano in giù, di cui si dichiara nemico giurato.
Insomma, dellislam non si parla. Si lamentano le guerre, le rivolte, i terrorismi, le dittature, ma della radice di tutto questo silenzio assoluto sulla stampa occidentale e negli incontri e dibattiti culturali. Un argomento tabù. Al massimo si maschera il problema scrivendo, ad esempio, che la persecuzione dei salafiti contro i cristiani in Egitto, in Sudan e in Nigeria non viene da una motivazione religiosa, ma da interessi economici, mezza verità a cui non crede nessuno.
Cosa possiamo fare? Tante cose, ma penso che in Italia ci sono due milioni circa di lavoratori e studenti musulmani, in genere brave persone che cercano solo lavoro, casa, cordialità di rapporti, sicurezza, pace sociale, benessere. Il tema delle radici dellestremismo islamico va pubblicizzato, discusso, dibattuto, portato a livello popolare, per coinvolgere la gente comune e gli ospiti musulmani, in un clima di rispetto e di fraternità fattiva.
Nella lectio magistralis a Ratisbona (12 settembre 2006) Benedetto XVI aveva detto con chiarezza che lislam deve confrontarsi con la ragione umana, secondo la quale la violenza per Dio non esiste. Al Papa risposero poco meno di 200 imam e docenti universitari islamici dicendosi daccordo e avviando un dialogo su questo tema fondamentale per lislam oggi.
Nel viaggio in Terrasanta come pellegrino di pace (8-15 maggio 2009), Benedetto XVI ha ripreso il tema quando ha dato la chiara indicazione del come andare daccordo fra i fedeli delle tre religioni monoteiste, ebrei, cristiani e musulmani. Sullaereo che lo portava in Giordania ha detto che la chiave dellandare daccordo è parlare alla ragione e appoggiare le posizioni realmente ragionevoli. E poi, negli incontri con i musulmani in Giordania ha insistito su questo: la religione è ragionevolmente contro la violenza sulluomo. Questa visione della religione, ha aggiunto, rifiuta tutte le forme di violenza e di totalitarismo: non solo per principi di fede, ma anche in base alla retta ragione. La ragione spinge a servire il bene comune, a rispettare la dignità delluomo, che dà origine ai diritti umani universali.
Ma in seguito non si è più parlato né discusso di questo, anche nelle democrazie occidentali dove vivono milioni di musulmani e cè libertà di pensiero e di stampa. In un paese democratico e di libertà come il nostro, temi tabù non dovrebbero esserci, perché non producono nulla di buono.
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