TUNISIA – ( 17 Dicembre )

Tunisia. Manifestazioni di piazza nel terzo anniversario della rivoluzione dei gelsomini


Terzo anniversario, ieri, in Tunisia della morte di Mohamed Bouazizi, il venditore ambulante che, a 26 anni, si diede fuoco nella città di Sidi Bouzid per contestare il regime di Ben Ali, caduto poco dopo. Quel gesto estremo diede avvio alla rivoluzione dei gelsomini e alle cosiddette “primavere arabe”. Oggi, manifestazioni a Tunisi contro il governo. Il Paese sta ancora scrivendo la propria Costituzione, è in difficoltà economica, ha da poco nominato un premier di transizione, mentre attende le elezioni del prossimo anno. Ma cosa vuol dire parlare di democrazia nei Paesi interessati dalla “primavera araba”? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto al prof. Roberto Tottoli dell’Università Orientale di Napoli e coautore del libro, pubblicato da Editrice La Scuola, “L’Autunno delle primavere arabe”:RealAudioMP3

R. – Significa aspettarsi sicuramente anni di contrapposizioni anche molto forti e una lotta politica nuova, diversa, sicuramente più libera, ma con molti problemi rispetto a quella che era la grande stabilità dei regimi precedenti. Ma in Tunisia, come anche in Egitto, è evidente che decenni di repressione di espressione politica determinano una situazione di grande instabilità, che può preludere anche a situazioni molto complesse e in cui anche l’espressione pienamente democratica è difficile.

D. – Le spinte dei salafiti, i Fratelli musulmani e il dibattito politico in corso: il Paese sta andando nella giusta direzione, secondo lei?

R. – Sì, anche se la situazione è molto difficile. Anche chi visita il Paese, vede un Paese profondamente diverso. Ma era un percorso assolutamente inevitabile. Era ormai ineludibile la necessità di abbandonare le ristrettezze dei regimi antidemocratici precedenti. E, una fase di grande turbolenza era quanto mai prevedibile. Vedo nella Tunisia, comunque, forze molto attive che avranno difficoltà nei prossimi anni davanti alle spinte delle forze religiose, ma con una capacità maggiore che in altri Paesi musulmani di saper costruire un’idea futura che sia democratica e che sappia, in qualche modo, venire a patti con le diverse realtà del Paese.

D. – Egitto, Tunisia, Libia, Yemen, solo per fare alcuni esempi: Paesi molto diversi, ma si può tracciare una linea di bilancio su quelle che sono state le primavere arabe?

R. – Rimane una situazione politica più aperta, ma con grossi dubbi sugli sviluppi futuri dovuti anche alla possibilità delle forze di ispirazione religiosa – dalla Fratellanza musulmana più moderata, del salafismo più estremo – di partecipare al dibattito politico. Queste forze, che in molti casi sono maggioranze, generano una serie di problematiche nella costruzione delle nuove realtà – certo con situazioni molto diverse da Paese a Paese – ma questa situazione politica è proprio il frutto delle politiche di reislamizzazione o di ricentralizzazione del fattore religioso, i cui sviluppi nessuno è in grado di capire ora, ma che per la prima volta dopo decenni entrano nel gioco politico.

D. – Che cosa è successo a livello di religione in questi Paesi?

R. – L’emergere con forza delle componenti religiose della Fratellanza musulmana e del salafismo ha sicuramente messo in grossa difficoltà quei Paesi che hanno importanti minoranze cristiane come l’Egitto e la Siria stessa, che vive questa tragedia della guerra civile. Da un altro lato, la partecipazione di queste forze – soprattutto da parte del salfismo che è movimento politico di netta contestazione con i metodi della democrazia partecipativa – sollecita quella che è la definizione stessa di nazione. Quindi, da questo punto di vista, il fattore religioso, che non è il primo fattore nelle primavere arabe, è entrato direttamente a complicare ancor più il quadro delle situazioni nazionali. Ma non poteva che essere così.

D. – A tre anni dalla rivoluzione in Tunisia, si parla di record di disoccupazione e di un clima di insicurezza generale. Come interpretare questi dati?

R. – Da un lato, è causa dell’equilibrio precario economico col quale vivevano le realtà nazionali precedenti e dall’altro l’instabilità successiva ha tagliato realtà come sicurezza, turismo, che hanno ulteriormente aggravato la situazione economica.

D. – Da una parte, c’è chi guarda i Paesi delle “primavere” con preoccupazione, dall’altra chi con grande aspettativa. Qual è il suo punto di vista?

R. – Sono moderatamente ottimista sul fatto che questi Paesi possano trovare in qualche modo la loro via, e la stanno cercando anche in maniere molto diverse a sottolineare la specificità. Certo, che questo moderato ottimismo non nasconde che anni di instabilità nel quadro regionale saranno inevitabili e andranno a toccare direttamente anche quell’Europa che si affaccia sul Mediterraneo.


Ultimo aggiornamento 18 dicembre 2013

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del sito Radio Vaticana
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