TUNISIA – ( 29 Giugno 2015 )

Nella moschea “Perdono di Dio” che incita all’odio e alla Jihad

Rezgui, il terrorista di Sousse, frequentava il centro di culto nella città di Kairouan. Il padre del killer: uno manda il figlio all’università e lo indottrinano in questo modo

L’ingresso della moschea “Perdono di Dio”. Sono 80 le moschee chiuse da Tunisi


 



29/06/2015
INVIATA A KAIROUAN (TUNISIA)

L’asfalto bollente emana un calore enorme, insopportabile quasi quanto l’odore di olive rancide che si diffonde dalla fabbrica di olio poco distante. E la luce è talmente intensa da far risaltare ancora di più il bianco candido della cupola della moschea in cui si è concluso il reclutamento del Rambo della Sharia che venerdì scorso ha sterminato 38 turisti sulla spiaggia del resort Riu Imperial a Sousse. Seifeddine Rezgui, 23 anni, frequentava un master di ingegneria, ballava la break dance e poi veniva a pregare qui, in questa moschea di Kairouan, quarta città santa per i musulmani dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme. Di medie dimensioni, si chiama «Perdono di Dio» e per, ironia della sorte, si trova nel quartiere Garhbia, che significa «Occidente». Proprio quell’Occidente contro cui Seifeddine ha combattuto la sua battaglia. In un primo momento aveva frequentato la moschea grande di Kairouan e poi una molto piccola, allestita in una vecchia abitazione, dentro le mura della città vecchia, non lontana dall’abitazione che condivideva con altri due studenti.  

 

Indottrinamento  

È nella «Perdono di Dio» che il giovane ha incontrato gli estremisti salafiti che lo hanno convinto ad arruolarsi nell’Isis? Polizia e servizi segreti stanno lavorando per scoprirlo. Intanto, essa è finita tra quelle più attenzionate. Monitorata costantemente da agenti di un gruppo speciale in borghese. Anche solo avvicinarsi per scattare una foto, provoca la reazione degli agenti che vogliono conoscerne il motivo. Il posto non è molto lontano dalla casa del giovane soldato del Califfo, che in passato aveva preferito altri luoghi di culto. L’allarme dell’arruolamento alla sharia in alcune moschee è noto da tempo anche all’Imam dell storica «Grande moschea» di Kairouan, Taieb Ghozzi: «Già 5-6 mesi fa il governo ha iniziato a prendere provvedimenti per chiudere i centri a rischio. A Kairouan esistono 135 moschee e altre 600 nei dintorni. In tutta la Tunisia sono 5 mila: 120 sono state ritenute a rischio estremismo, alcune sono già state chiuse nei mesi scorsi. Ora si sta procedendo. Noi musulmani siamo gente di pace, predichiamo la fratellanza e la solidarietà. Il giovane terrorista Seiffadine sarà stato sicuramente strumentalizzato dai salafiti, con cui noi non vogliamo avere a che fare». L’imam è ancora più preciso: «Il salafismo non è da condannare, il problema è quando viene applicato alla Jihad, allora sì che diventa sinonimo di morte».  

 

Le indagini  

Al momento, l’intelligence non esclude neppure collegamenti tra i salafiti di Kairouan e quelli di Sousse. Proprio quest’ultima – che già un anno fa fu teatro di un attentato, per fortuna senza vittime – è considerata uno dei centri di reclutamento dei martiri della jihad. Almeno mille gli arruolati, attivi soprattutto nelle zone di Al Qalam, Al Kubra e Al Ryadh, da qui provenivano alcuni combattenti morti in Siria. L’elenco completo delle moschee più pericolose del Paese non è stato ancora ufficializzato. Ma tra le aree dove l’allarme è più alto ci sono la moschea Errahma, nella città di Jendouba, la Al Fath di Tunisi, tanto cara ai Salafiti, mentre si concentra l’attenzione nella municipalità di Hergla dove ci fu la rivolta delle mamme dei ragazzi arruolati dall’Isis in Iraq e Siria. Senza dimenticare, poi, che un campo di addestramento fu trovato a Hamman Linf, zona a 50 km da Tunisi. 

 

Il padre del terrorista  

Intanto il padre del terrorista respinge qualsiasi ipotesi di simpatie per il fondamentalismo islamico. «Sono un padre disperato – dice -. Non dormo da due giorni. Uno manda un figlio all’università e me lo indottrinano in questo modo. Persi già un figlio per un fulmine. Ora perdo quest’altro figlio maschio: morto e anche assassino». E dalle indagini continuano ad emergere dettagli inquietanti. Dal primo sparo di Sousse all’uccisione di Seifeddine Rezgui, è trascorso un tempo lunghissimo: 40-45 minuti. Un’eternità in cui è stata spezzata la vita a 38 persone, scelte dallo spietato assassino in base alle loro origini occidentali. I dipendenti tunisini sono stati tutti risparmiati, 7 sono rimasti feriti ma non in modo grave. Lo raccontano i testimoni della strage che ha messo in ginocchio la Tunisia. Secondo un sedicenne, Rezgui, mentre uccideva, mostrava un grande sorriso, sembrava che danzasse o ascoltasse musica. Al 21enne Seif il killer ha detto: «Vattene. Non sono qui per te». Il ministro della Sanità tunisino, Amir Ben Hadj Hassine, afferma che l’assassino era «totalmente calmo» e che l’unico agente armato, sceso dalla barca, non è andato immediatamente verso l’hotel per contrastare l’assassino. «Un animatore dell’hotel ha tentato di usare un’arma che però non ha funzionato». 

 

Le manifestazioni  

In tutto il Paese, nel frattempo, è un crescendo di iniziative contro la paura di nuovi attentati, nel nome della democrazia e della tutela del turismo, unica vera risorsa nazionale. Cortei, fiaccolate, candele accese. E la bandiera nazionale che torna a sventolare orgogliosa pressoché ovunque. La società civile esorcizza così il timore che la Tunisia venga scartata come meta delle vacanze. Manifestazioni si sono svolte sia a Sousse, dove un corteo spontaneo si era tenuto già la sera stessa dell’attentato, sia a Tunisi lungo avenue de Bourguiba. Non mancano neppure momenti di raccoglimento sulla spiaggia. La bandiera tunisina rossa sventola dappertutto. Persino sui kite e sui canotti dei bagnini. Uno schiaffo morale ai selfie, souvenir dell’orrore, accanto ai fiori adagiati sulla sabbia in memoria delle vittime. 

Il testo originale e completo si trova su:
http://www.lastampa.it/2015/06/29/esteri/nella-moschea-perdono-di-dio-che-incita-allodio-e-alla-jihad-uNy7hkDYzQXjv2lh31wLXJ/pagina.html

 

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