TUNISIA – ( 9 Febbraio )

Tunisia: manifestazione degli islamici in difesa della Costituente



Sempre alta la tensione in Tunisia. “Ennahda”, il partito islamista al potere, ha indetto una manifestazione in difesa dell’Assemblea Costituente nel centro di Tunisi, all’indomani dei funerali del leader dell’opposizione, Belaid, assassinato il 6 febbraio scorso. In queste ore, mentre è in corso la manifestazione – almeno tremila gli islamisti in piazza – sono state attaccate diverse sedi del partito. Da parte sua, il premier Jebali ha detto che si dimetterà se non riuscirà a formare a breve un “governo tecnico”. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Ilaria Guidantoni, esperta di Tunisia:RealAudioMP3

R. – Purtroppo è sconcertante quanto è avvenuto, ma non inatteso e inaspettato. Evidentemente c’è una situazione ingestibile legata soprattutto all’assenza di lavoro e di programmazione economica. Su questo il governo non ha tenuto. Complice la corruzione e una macchina burocratica che non funziona, si è spaccato il partito di maggioranza vanificando anche quello che definirei un po’ ironicamente il “compromesso storico in salsa araba”, cioè l’unione al governo con i laici.

D. – È in gioco il ruolo dell’islam nella società tunisina?

R. – Ritengo che non si possa parlare di islam radicale o islam moderato perché mi sembrano semplificazioni inutili. Si può parlare di persone moderate o persone estremiste. Ritengo che l’islam politico, così come è stato concepito, probabilmente è fallimentare… In una società multiculturale – quale la Tunisia è sempre stata – è importante massimizzare il dialogo con la diversità, e i cristiani e gli ebrei di Tunisia possono avere un ruolo importante.

D. – Da dove può ripartire la Tunisia?

R. – A mio avviso sono due i punti di partenza fondamentali. Il primo è l’associazionismo trasversale della società civile. Speriamo che la paura e l’autocensura non abbiano mai la meglio. In particolare è molto importante il ruolo delle donne che stanno dando prova di questo. L’altro punto fondamentale trasversale è il ruolo del sindacato per il lavoro. L’Ugtt (Unione generale dei lavoratori tunisini) è molto forte; è uno dei sindacati arabi più importanti con oltre mezzo milione di iscritti, una cifra notevole se pensiamo che la popolazione tunisina non arriva ad 11 milioni di persone. Un loro motto dice questo: “La rivoluzione ci ha unito, i partiti ci hanno diviso. I partiti fanno ognuno i propri interessi, ma l’Ugtt può pensare a tutto”. Quindi, ascoltare la piazza e non la rabbia. In ultimo, vorrei dire che è molto importante il ruolo dei cristiani europei, proprio in questo senso di mediazione e di accoglienza tra istanze diverse, perché probabilmente noi abbiamo una tradizione e un’esperienza ormai metabolizzata…

D. – I giovani in questo quadro sono disorientati?

R. – Spaesati, acerbi politicamente, perché è una generazione che si è formata sotto una dittatura che ha distrutto la possibilità del dialogo politico. Ci sono pochi giovani intellettuali in prima linea – dai rapper ai blogger in particolare, che sono poi quelli che conosciamo all’esterno – e ci sono invece molti giovani che, purtroppo, stanno cominciando a rimpiangere il vecchio regime perché sentono di perdere i propri privilegi e di non aver altro. Forse non hanno ancora la consapevolezza di quanto sia importante la libertà di espressione, ma è anche comprensibile la loro fretta di trovare un lavoro e un ruolo sociale. D’altra parte, in Rete vedo circolare molta rabbia e forse troppa emotività: dall’inno di una laicità radicale – che può portare solo allo scontro – ai giovani di “Ennahda”, della cosiddetta fascia più moderata, che hanno scritto espressioni del tipo: “Le mani che hanno paura non faranno la storia”. Ma, in qualche modo, questo è un invito alla battaglia. Sono istanze pericolose se iniziano ad affermarsi.

D. – Come ne esce l’obbiettivo di formare un governo di tecnici?

R. – Bisognerà vedere se effettivamente si concretizza. Credo che il governo dei tecnici – ne sappiamo qualcosa da vicino – è sempre in funzione di emergenza e di transizione. Penso che se al sindacato si darà un ruolo strutturale importante, possa valere la pena di percorrere questa via, che al momento mi sembra l’unica accettabile.

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del sito Radio Vaticana
 
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