Colonne di fumo che si alzano al confine tra Turchia e Siria
Truppe turche entrano in Siria. Padre Lufti: si riapre ferita che credevamo guarita
Marco Guerra – Città del Vaticano
Nel secondo giorno dell’operazione militare della Turchia nel nord-est della Siria continuano i bombardamenti contro obiettivi curdi. Fonti militari di Ankara riferiscono che sono stati conquistati due villaggi a ovest di Tal Abyad. Il bilancio a meno di 24 ore dall’inizio delle operazioni è di almeno 109 morti, che il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito “terroristi”. Allo stesso tempo Mezzaluna rossa curdo-siriana parla di 10 civili uccisi.
Erdogan: l’Ue non interferisca
Media turchi hanno precisato che le truppe sono entrate da quattro punti diversi, Intanto oggi ci sarà la riunione del Consiglio di sicurezza Onu ma Erdogan ha messo in guardia la comunità internazionale sulle conseguenze di ogni possibile ingerenza. Se l’Ue ci accuserà di “occupazione” della Siria e ostacolerà la nostra “operazione” militare, “apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi”, ha detto il Presidente turco, parlando ai leader provinciali del suo partito, l’Akp.
Russia chiede dialogo
Dal canto suo il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha detto che l’operazione militare della Turchia nel nord-est della Siria è il risultato delle azioni degli Stati Uniti in quell’area. Lavrov citato dall’Interfax ha aggiunto che la Russia promuoverà il dialogo “tra Damasco e Ankara” e che “promuoverà i contatti tra Damasco e i gruppi curdi che rinunciano all’estremismo e alle tattiche terroristiche”.
Nessun via libera dagli Usa
Anche il Segretario di Stato americano Mike Pompeo si è fatto sentire, ribadendo che gli Stati Uniti “non hanno dato il via libera” all’invasione della Siria. L’esponente dell’amministrazione Usa ha tuttavia affermato anche che ”i turchi hanno preoccupazioni legittime legate alla sicurezza”.
Mfs preparati ad aumento pazienti
Lo scoppio dei combattimenti fa temere una nuova emergenza umanitaria. In un comunicato Medici Senza Frontiere (Msf) fa sapere che è pronta a fornire cure mediche a seguito dell’azione militare. “Le nostre équipe a Tal Abyad – si legge – si stanno preparando per un potenziale aumento dei pazienti a causa del conflitto, mentre le nostre équipe a Ain Al Arab (Kobane), Ain Issa, Al Mallikeyeh (Derek), Raqqa e Tal Tamer sono in stand-by, pronte a fornire assistenza in caso di necessità”.
Croce Rossa: preservare lo spazio umanitario
In allerta anche il Comitato Internazionale della Croce Rossa che si dice “profondamente preoccupato che qualsiasi escalation nel nord-est del Paese possa danneggiare una popolazione già in difficoltà”. “Oggi, centinaia di migliaia di persone nella zona – che si trovino nei campi, nelle detenzioni o nei loro stessi villaggi e città – stanno di nuovo affrontando la prospettiva di ulteriori conflitti”, ha dichiarato Fabrizio Carboni, direttore del Cicr di Ginevra per il Vicino e Medio Oriente. “I bisogni umanitari in Siria sono immensi e il Cicr sta cercando di soddisfarli in quello che è già un ambiente incredibilmente complesso. Lo spazio umanitario deve essere preservato”.
Nel nord-est della Siria (governatorati di Hassakeh, Raqqa e Deir Ezzor), oltre 100.000 persone sono attualmente ospitate in campi, la maggior parte dei quali siriani e iracheni. Ci sono oltre 68.000 persone che vivono nel solo campo di Al Hol – due terzi dei quali bambini – dove il Cicr gestisce congiuntamente un ospedale da campo con la Mezzaluna rossa araba siriana e la Croce rossa norvegese.
Padre Lufti: nell’area presenti anche comunità cristiane
Sull’evolversi dei drammatici eventi e il rischio di una nuova emergenza umanitaria VaticanNews ha intervistato padre Firas Lufti, ministro dei frati minori della Regione di San Paolo, che comprende Siria, Libano e Giordania: