TURCHIA – ( 17 Febbraio )

TURCHIA
Una porta si socchiude
Presto il riconoscimento giuridico anche alla Chiesa cattolica?
 

È fissata per lunedì prossimo, 20 febbraio, l’audizione del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, alla Commissione parlamentare che sta lavorando alla redazione della nuova Costituzione turca. A dare la conferma a Sir Europa circa la data dell’audizione sono fonti del Patriarcato ecumenico, che parla di “fatto sicuramente positivo, segno di un clima diverso e favorevole”. Il Patriarca porterà all’attenzione della Commissione parlamentare le istanze delle minoranze religiose nel Paese. Successivamente, la Commissione sentirà anche i pareri delle minoranze ebraiche e armene. Varie sono le istanze che stanno a cuore al patriarca Bartolomeo: tra queste il problema del riconoscimento delle comunità religiose come persone giuridiche, in modo che possano acquistare proprietà e beneficiare dei fondi comunitari.

Nella giusta direzione. “Un passo molto importante e valido”, dice a Daniele Rocchi che lo ha intervistato per Sir Europa, mons. Ruggero Franceschini, presidente della Conferenza episcopale di Turchia (Cet), che pure non nasconde la sua delusione per la mancata convocazione, da parte della Commissione parlamentare, di un rappresentante della Chiesa cattolica, minoranza religiosa non ancora riconosciuta dallo Stato. Motivo per cui la Chiesa rischia di non vedersi restituiti i suoi beni, confiscati dai vari governi turchi dopo il 1936, come invece prevede una legge del 27 agosto scorso, emanata dal premier Tayip Erdogan. “Siamo soddisfatti per questa audizione che va nella giusta direzione del diritto e del rispetto delle minoranze – afferma l’arcivescovo di Smirne – e dispone, come ci dicono alcuni osservatori ed esperti conoscitori della realtà turca, ad una prossima restituzione dei nostri beni. Un fatto che ci rende soddisfazione, anche se non mancano le preoccupazioni legate alle risorse necessarie per valorizzare e ristrutturare questi immobili, molti dei quali storici. “Questo riconoscimento giuridico, per cui credo sia solo questione di tempo, non può essere negato a un’istituzione viva operante nella società come la Chiesa”, afferma il presidente della Cet, per il quale “la Turchia si sta aprendo veramente molto, e sta progettando un cammino più aperto. L’Europa dovrebbe capire che non si può cambiare una mentalità, una storia, in poco tempo, solo con una votazione”.

Una spinta all’ecumenismo. I siti appartenenti alla Chiesa cattolica latina sono circa 500, e sono elencati nella cosiddetta “Lista Bompard” firmata, l’8 dicembre 1913, dal ministro degli Esteri dell’Impero Ottomano, Said Halim Pasa, e dal rappresentante della Chiesa in Turchia, l’ambasciatore di Francia, Maurice Bompard. Ed è anche su questa lista che si appuntano le speranze della Chiesa cattolica di Turchia per il suo riconoscimento giuridico. Secondo quanto riferito a Sir Europa dal portavoce della Cet,Rinaldo Marmara, “questo accordo del 1913 proverebbe che la Chiesa cattolica era già una Fondazione prima del 1936. Mi auguro, quindi, che il decreto legge del 27 agosto scorso possa prevedere una soluzione anche per gli edifici, esistenti o confiscati, della Chiesa latina”.
“Gli immobili della Chiesa – ricorda mons. Franceschini – sono in gran parte case, chiese e scuole. Abbiamo bisogno di chiese specialmente lungo la costa Egea, dove vivono attualmente le comunità cristiane e cattoliche più numerose, formate in larghissima parte da lavoratori immigrati, come ad Alanya, Bodrun, Marmaris, Antalya… Speriamo sia possibile trasformare quello che ci verrà restituito secondo le necessità più urgenti. Avremo bisogno di luoghi di culto, di un Centro di formazione per i nostri sacerdoti, che attualmente siamo costretti a inviare all’estero, con il rischio che non rientrino più. Avremo bisogno anche di luoghi di formazione per religiosi e religiose che qui operano. Siamo felici che questo riconoscimento e queste restituzioni vengano concessi anche a noi. Molti edifici che ci saranno restituiti saranno una spinta anche per l’ecumenismo, dal momento che il loro uso potrebbe essere condiviso anche con altre Confessioni cristiane presenti”.

La chiesa di Tarso. “La Chiesa di Turchia – dice mons. Franceschini – non ha molte possibilità economiche, e per questo cercheremo di alienare immobili, al momento inutilizzati, a vantaggio di altri, in zone dove la presenza cattolica è più numerosa grazie anche ai pellegrinaggi che qui sono molto frequenti. Permangono dubbi sulla restituzione della ‘Chiesa-Museo’ di san Paolo, a Tarso, per la cui concessione ad uso esclusivo di culto tanto si prodigò in vita mons. Luigi Padovese. È una chiesa contesa, ingiustamente, sottolineo, poiché in origine nacque come chiesa cattolica. Ricordo che io stesso, quando fui ordinato vescovo ero lì, al Sud, e con i miei collaboratori ci siamo subito dati da fare per liberare quella chiesa, abbandonata e adibita allora a deposito di legna e fascine. Solo in tempi recenti è stata rivendicata da armeni e ortodossi, i quali, poco tempo dopo la sua costruzione, si susseguirono nel servizio di quella chiesa, e in parte la trasformarono (aggiunta dell’Iconostasi). Con essi non mancheremo di trovare un accordo. Cosa, questa, che è più difficile da raggiungere con lo Stato turco, che potrebbe dichiarare Musei alcuni dei luoghi più significativi per la cristianità. Lo stesso vale per la Grotta di san Pietro, ad Antiochia, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Spero vivamente che sia presto utilizzabile anche per il culto. La volontà e il desiderio del governo di trovare una soluzione in questo senso ci fanno essere ottimisti”.

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