YEMEN – ( 7 ottobre 2015 )

Crisi Yemen, si tratta sul piano di pace Onu

militanti yemeniti Houthi  - EPA

militanti yemeniti Houthi – EPA

Il Congresso generale del popolo (Gpc), il partito dell’ex presidente yemenita, Ali Abdullah Saleh, tra i sostenitori dei ribelli sciiti yemeniti Houthi, avrebbe accettato il piano di pace in sette punti presentato dall’Onu, durante i colloqui tra rappresentanti di Stati Uniti e Iran ed esponenti delle fazioni yemenite in lotta, tenuti a fine maggio scorso, a Muscat in Oman. Intanto, resta tesa la situazione nel Paese, dove ieri si sono verificati una serie di attacchi: almeno 15 ribelli Houthi sono morti in un attacco suicida a Sana’a, capitale dello Yemen. Ma che prospettive ci sarebbero se il piano di pace venisse effettivamente accolto anche dagli Houthi? Maria Caterina Bombarda lo ha chiesto a Eleonora Ardemagni, analista geopolitica dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi):

R. – Il partito di Saleh, l’ex presidente, si è detto disponibile ad accettare un piano di pace elaborato dall’inviato dell’Onu e negoziato in queste settimane con grande fatica dall’Oman, il Paese mediatore per eccellenza in questa crisi. Il piano di pace si basa sulla Risoluzione 2216 dell’Onu dello scorso aprile, la quale chiede agli Houthi, quindi ai ribelli sciiti, e alle forze fedeli a Saleh di ritirarsi dai territori occupati e di restituire le armi sottratte all’esercito. Il partito di Saleh chiede però lo stop immediato dei bombardamenti della coalizione a guida saudita e la fine dell’embargo. Non si sa ancora se gli Houthi accetteranno o no questo piano. Questi segnali di pace che arrivano da Saleh e che non sono una novità – nel senso che già mesi fa Saleh tentò di smarcarsi da questa alleanza strumentale con gli Houthi per cercare di recuperare potere – arrivano nel momento in cui la coalizione saudita, che ha mandato soldati sul terreno da alcune settimane, sta recuperando alcuni territori strategici in particolare nell’area del Bab el-Mandeb nello stretto fondamentale per il commercio e per i transiti petroliferi.

D. – Oltre al cessate-il-fuoco e al ritiro delle milizie armate, l’intese prevede anche il ritorno del governo da Aden alla capitale Sana’a. Che significato simbolico avrebbe questa operazione?

R. – Sana’a è la capitale dello Yemen unito dal 1991. In realtà, Sana’a in questa fase è ancora occupata sia dagli Houthi che dalle forze fedeli a Saleh. Aden è diventato il rifugio del governo riconosciuto dalla comunità internazionale.

D. – Ieri, si sono verificati degli attentati sia da parte dello Stato islamico sia da parte dell’Arabia saudita. Qual è ora la situazione nel Paese?

R. – Per quello che riguarda Aden, ieri si è assistito ad un evento nuovo. Non si è trattato di un attacco di militari sciiti, degli Houthi, ma di due autobombe – per quanto riguarda l’albergo – più altre due nei pressi di un quartiere militare saudita rivendicate dal sedicente Stato islamico. Questo dimostra che l’intensificarsi del conflitto civile e della violenza in Yemen hanno aperto uno spazio un po’ più grande per la violenza jihadista non solo di Al Qaeda nella Penisola arabica, ma anche delle rivendicazioni di cellule che si rifanno allo Stato islamico.

D. – Parallelamente, c’è anche l’allarme rifugiati. Secondo l’Unhcr, il numero di rifugiati fuori dal Paese ha superato le 114 mila unità e potrebbe superare le 200 mila il prossimo anno. Qual è la situazione umanitaria in questo momento?

R. – Lo Yemen, il Paese più povero della Penisola arabica e non solo, anche di tutto il mondo arabo, viveva già una condizione di crisi umanitaria, di carenza idrica, di malnutrizione da prima dell’inizio del conflitto yemenita e dei bombardamenti dell’Arabia Saudita, iniziati lo scorso marzo. L’imposizione di questo blocco navale e di questo embargo non hanno fatto che peggiorare questa situazione. Ricordiamoci inoltre che nelle terre settentrionali di origine degli Houthi, dopo le sei guerre combattute tra gli Houthi e il governo centrale fra il 2004 e il 2010, c’erano già tantissime persone sfollate. Quindi, non c’è solamente la questione dei profughi, ma anche quella degli sfollati interni.

Il testo originale e completo si trova su:

http://it.radiovaticana.va/news/2015/10/07/crisi_yemenita_trattative_su_piano_di_pace_onu/1177462

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