KENYA – ( 1 Ottobre )

KENYA
Nairobi, bombe  alla messa dei bambini:  due piccoli morti
 
 
Ancora vittime innocenti e chiese nel mirino dei terroristi in Kenya. Questa volta l’escalation di violenza iniziata nell’ottobre 2011, quando le truppe di Nairobi sono scese in campo contro gli Shabaab somali, ha colpito la messa per i bambini in una chiesa di Nairobi. L’ultimo attentato risaliva a tre mesi fa: il duplice attacco contro una chiesa a Garissa, nel nord del Paese al confine della Somalia, e nella cattedrale cattolica della città provocò la morte di 18 fedeli riuniti in preghiera.

Ieri mattina la tragedia, costata la vita a due piccoli, si è consumata nel quartiere di Pangani, della capitale, a due passi da quello di Eastleigh, soprannominato “piccola Mogadiscio”, perché abitato per lo più da rifugiati somali o kenioti di origine somala che poi ha rischiato di essere vittima della rappresaglia di centinaia di cristiani. In quel quartiere vivevano anche i due bambini di appena nove anni uccisi dalla bomba esplosa all’interno della chiesa mentre, insieme a un gruppo di coetanei, stavano partecipando alla funzione domenicale. Tutto è accaduto in una manciata di minuti, poco dopo le 10.30, quando la preghiera era appena cominciata, raccontano i testimoni: una forte esplosione ha interrotto improvvisamente il suono melodioso delle voci bianche che intonavano canti al Signore. Era in corso una funzione dedicata ai piccoli, tutti compresi tra i 6 ed i 10 anni, come spiega ai media locali il responsabile della comunità religiosa anglicana di san Policarpo, Livingstone Muiruri.  “Ho sentito una forte esplosione e poi le urla dei bambini”, ha detto un fedele. “Sono traumatizzato da quello che ho visto, i bambini feriti e il sangue ovunque”, racconta un altro.

Alla fine il bilancio conta almeno otto feriti, tutti bambini, trasportati al vicino ospedale Guru Nanak: due sono in condizioni disperate, secondo l’ultimo bollettino diffuso dalla Croce Rossa locale.

La polizia presume che qualcuno abbia lanciato dall’esterno una granata e che le vittime siano state colpite mortalmente da schegge di vetro e lamiere.  E mentre i soccorritori erano ancora all’opera, tre giornalisti della tv via cavo somala Hon, sono stati fermati mentre scattavano fotografie all’interno e all’esterno della chiesa. Un episodio che ha contribuito a scatenare la reazione di un centinaio di giovani cristiani accorsi sul luogo della tragedia.

La tensione è esplosa in pochi minuti: il gruppo ha deciso di attaccare per rappresaglia la vicina moschea di Alamin e di aggredire alcuni musulmani e residenti somali del quartiere. Solo l’intervento della polizia ha impedito che le minacce si concretizzassero, mentre il capo degli agenti, Mosè Ombati ha diffuso subito dopo un comunicato in cui ha invitato i residenti ad evitare azioni di rappresaglia.

“Arresteremo chiunque sarà coinvolto in azione di rappresaglia”, ha assicurato Ombati. Appelli alla calma sono arrivati anche dal vice primo ministro Uhuru Kenyatta che sul suo account Twitter ha condannato gli attentati affermando che il “conflitto non deve degenerare in una guerra di religione”. “Mi appello a voi per non permettere a questi terroristi di vincere e dividerci”, ha scritto Kenyatta.

E la violenza si estende: in serata, due ufficiali di polizia sono stati uccisi a Garissa, nei pressi del confine somalo. Il governo di Nairobi corre ai ripari e ha già predisposto per le prossime settimane ulteriori misure
straordinarie all’esterno di chiese e luoghi di culto cristiani.

Nessun gruppo ha rivendicato finora la responsabilità dell’attentato, ma le autorità locali sono certe che l’attacco rappresenti l’ennesima rappresaglia di simpatizzanti del gruppo islamico di al Shabaab dopo l’offensiva militare dell’esercito kenyano in Somalia. Ieri i militari hanno costretto i miliziani a ritirarsi da Chisimaio, la città portuale strategica divenuta l’ultima roccaforte degli islamici nel Paese, che hanno già perso Mogadiscio e ora minacciano di trasformare il Paese in un “campo di battaglia”. Ieri le navi kenyane hanno continuato a bombardare i distretti del sud, prima di iniziare l’avanzata per la conquista definitiva della città.

 
 
 
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