«So di essere stata salvata / di essermi infranta e di essermi levata in alto / so che loro risplende da lontano / e la poesia che mi ha preceduta / lo stupore che mi ha superata / e gli specchi che scoprono la mia memoria / e il crisantemo solitario / e molto molto / e facile facile / spiccheranno un giorno il volo dal terrazzo della mia anima / come una piuma una piuma / incuranti di me ». Intorno cè il solito frastuono del Salone, ma mentre Valentina Colombo legge la sua traduzione dei versi di Nada El Hage si crea una bolla di silenzio, che diventa ancora più consistente quando la poetessa libanese scandisce le stesse parole in arabo. È lincontro fra due mondi, riuscito nonostante la diversità delle lingue.
«La poesia è questione di musica – commenta lautrice -, una musica che non ha nulla di forzato e nasce invece dallintimo dellesperienza». A Torino Nada El Hage è arrivata grazie alla pubblicazione di Veli di passione (Interlinea, pagine 128, euro 12, testo originale a fronte), la prima delle sue raccolte a essere presentata al pubblico italiano. Cristiana di Beirut e legatissima al padre, il poeta Ounsi El Hage, è considerata una delle voci più sensibili e ispirate della letteratura araba contemporanea. «Anche se – precisa – ho cominciato a scrivere in francese e solo in seguito sono passata allarabo».
Il Libano è sempre stato un Paese molto vicino allEuropa.
«Sì, certo, ma ogni cammino è personale, specie per quanto riguarda la poesia. Quando mi chiedono se mio padre mi ha influenzato, rispondo che uninfluenza cè stata, ma non sul piano letterario. Mio padre è stato importante perché era una persona straordinaria e perché, con la sua umanità, mi ha insegnato a praticare la libertà e il rispetto».
Sono i valori di cui il Medioriente di oggi avrebbe bisogno, non trova?
«Il Libano è un osservatorio molto particolare. Siamo da sempre un mosaico di culture, una terra in cui diciotto diverse confessioni religiose hanno saputo convivere pacificamente fino a quando, negli anni Ottanta, questa differenza non è stata trasformata in elemento di conflitto. La guerra fu una ferita terribile, che il Paese è riuscito a superare anche grazie allintervento di Giovanni Paolo II. “Il Libano non è un Paese, è un messaggio”, amava ripetere papa Wojtyla. Oggi quel messaggio è tornato attuale, viviamo nuovamente insieme, abbiamo riconquistato libertà di pensiero e di azione, di espressione e di culto. Ma quello che è avvenuto con le cosiddette “primavere arabe” non può non preoccuparci».
Perché?
«Perché quelle grandi manifestazioni di piazza hanno avuto come effetto una ripresa di fanatismo e violenza. La politica ha impedito lunica rivoluzione di cui ci sarebbe davvero bisogno, e cioè la conquista della libertà. In Libano, al momento, gli estremisti sono isolati e irrilevanti. Non così in altri Paesi, purtroppo».
Adonis, il grande poeta siro-libanese, è persuaso che violenza e fanatismo siano caratteristiche tipiche dei monoteismi.
«La mia convinzione è che luomo sia incline a fraintendere in modo catastrofico il suo rapporto con Dio. Siamo unemanazione dellamore divino e questo rende preziosa e intoccabile la vita di ciascuno. Anziché onorare la luce di cui è un riflesso, luomo cerca di sfruttare Dio per i propri scopi, deformandone limmagine e stravolgendola. Lincomprensione della fede, non la fede, determina la violenza e induce al fanatismo».
La sua è una poesia religiosa, a tratti mistica.
«La mia storia personale e più ancora quella del mio Paese mi portano a prediligere la dimensione interiore della spiritualità. Non scrivo di Dio perché mi sento obbligata a farlo in quanto cristiana. Il punto è che, riconoscendo la fiamma dAmore che splende in me, non posso non accorgermi che il medesimo fuoco arde in ogni altra persona. Allo stesso modo, so che nei miei versi agisce una componente femminile molto spiccata, ma non mi riconosco in unidea femminista della poesia. Cantare la realtà materiale è una via per accedere al mistero dellanima, e questo riguarda tutti, indistintamente. La poesia esprime sempre e soltanto quello che si vive».
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