



R. Bombe e attentati, rapimenti di bambini da parte di bande armate per autofinanziarsi e, proprio in questi giorni, dieci nuove esecuzioni capitali, 119 dallinizio dellanno. Non sembra essere lIraq un Paese avviato alla normalità.
D. Don Georges, quanti cristiani sono rimasti nel Paese e come vivono?
R. Le statistiche oggi non sono così certe, però di sicuro i cristiani sono diminuiti di un terzo da prima della guerra, dieci anni fa. Possiamo dire che circa 300-350 mila vivono precariamente a causa della situazione generale nel Paese, ma anche perché cè qualche azione terroristica che prende di mira alcune comunità cristiane. Tutto il Paese soffre comunque della mancanza di sicurezza: oggi non più come prima, perché gli atti terroristici sono per lo più il risultato di una lotta tra componenti politiche. A causa di queste situazioni, i fedeli emigrano per mancanza di lavoro e mancanza anche di servizi di base, come elettricità e carburanti, che forse per gli occidentali sono cose ovvie, ma da noi sono veramente essenziali e non si trovano facilmente.
D. – Mons. Sako chiede al governo in questo contesto di assumersi la responsabilità di fornire a tutti i gruppi che vivono in Iraq la sicurezza, la stabilità e la dignità. Chi potrà raccogliere questo appello, forse il primo ministro Maliki o il presidente Talibani o nessuno in questo momento?
R. Sicuramente, il primo dovrebbe essere il governo centrale che è rappresentato da Maliki. Ma anche il governo regionale del Kurdistan, e ognuno nel suo territorio, può assicurare ai cristiani di vivere in pace, in tranquillità e con dignità. Ma se vogliamo tutti quanti possono collaborare, ciascuno da parte sua, con decreti e raccomandazioni, anche nelle regioni, nelle città, per assicurare una vita dignitosa ai cristiani.
D. Non si può certo lasciare che i cristiani scompaiano da queste terre?
R. E doloroso pensarlo e vederlo accadere sotto i nostri occhi: i nostri fedeli scappano dallIraq per cercare una vita pacifica ed anche una vita di cultura, che oggi manca in Iraq e infatti leducazione scolastica è ridotta da molti anni.
D. Quindi, anche la tristezza e il dolore di vedere il loro Paese che non si riprende
R. Questo è vero perché è un Paese che dopo dieci anni di guerra è stato abbandonato dallOccidente, dagli alleati, dagli Stati Uniti. E un Paese abbandonato alla propria ignoranza e questo fa pena a noi, in quanto Chiesa che guida questo popolo e questa gente e che dà anche testimonianza alla popolazione intera.