Iraq. L’orribile arma della resistenza del Daesh: i bimbi-kamikaze. Nuove fosse comuni

La battaglia tra esercito iracheno e guerriglieri continua a Mosul (Lapresse)
Più si stringerà la morsa attorno ai jihadisti nella parte ovest di Mosul, più assisteremo a un accanimento del Daesh contro l’infanzia. Hanno sempre “usato” i bambini. Nei modi più terribili. I fatti sono stati ampiamente documentati negli ultimi due anni: sotto il Califfato, i minori sono stati le prime vittime innocenti.
Vittime di un indottrinamento incentrato, oltre che sull’addestramento militare, sull’incitamento contro tutte le categorie di «infedeli e apostati». Vittime anche di una propaganda jihadista che, operando come una macchina da guerra, ha impiegato, decine e decine di volte, dei bambini per mandare messaggi al nemico oppure per costituire plotoni di esecuzione contro ostaggi e soldati. Vittime di un culto della morte che esalta l’azione suicida contro gli infedeli come l’atto più “sublime” di un pio musulmano. In base ai comunicati ufficiali dell’agenzia jihadista Aamaq, Daesh ha impiegato dal 18 ottobre, data di inizio della battaglia di Mosul, fino a oggi circa trecento kamikaze contro le forze governative, i peshmerga curdi e i miliziani sciiti della Mobilitazione popolare.
I volti dei “martiri” che accompagnano i bollettini mostrano spesso, nonostante altisonanti nomi di guerra, dei quindicenni. Qualche volta anche meno. Nelle ultime settimane ne abbiamo censiti parecchi: Abu Khattab al-Shami (il Siriano), Abu Aisha al-Ujayli, Abu Hamza al-Mosuli, Abu al-Barra al-Ansari, Abu Usama al-Urduni (il Giordano), Abu Aws al-Iraqi e tanti altri. Tra di loro figurano anche molti ragazzini yazidi, fatti prigionieri a Sinjar, principale città abitata da questa comunità nel nord dell’Iraq, occupata nell’estate 2014 dal Daesh e riconquistata dalle forze curde nel novembre 2015.
In un video diffuso due settimane fa dai jihadisti, si mostra la vita nel campo militare di Amjad e Asaad, due fratelli yazidi di 12-14 anni, che dopo la conversione all’islam hanno assunto i nomi di Yusuf al-Sinjari e Abu al-Khattab. Si vedono prima le lezioni di islam e di addestramento militare. Poi il più piccolo parla al microfono, dicendo: «Siamo del villaggio di Tal Kasba, nel distretto di Sinjar. Con l’aiuto di Dio, io e mio fratello compiremo azioni suicide». Il commentatore afferma in seguito che molti altri ragazzi del campo «hanno abbandonato la loro antica fede apostata e hanno trovato guida nell’islam». «Molti di loro – aggiunge – hanno compiuto missioni suicide dopo la conversione».
Il timore di assistere a un incremento del ricorso ai bambini era stato espresso, poco tempo fa, dal portavoce di Unicef Italia. Commentando la relazione annuale dell’Intelligence da cui emergeva che un elemento chiave della strategia del Califfato è proprio quello di puntare sui più piccoli per indottrinarli, addestrarli e poi mandarli a combattere, «più arretra Daesh in ambito territoriale – affermava Andrea Iacomini –, più aumenta il fenomeno dei bambini usati come soldato o come kamikaze». Sta succedendo. Ma a Mosul, città che diventa sempre meno difendibile, il Daesh sembra aver deciso di fare leva anche su altre categorie deboli. Di ieri la notizia che i jihadisti hanno scarcerato decine di detenuti comuni. Alcuni erano stati arrestati perché sorpresi a vendere sigarette, violando il bando del fumo, o perché trovati in possesso di un cellulare.
Un  improvviso “atto di generosità” del Daesh in un momento di profonda  crisi, oppure un baratto: la loro libertà con l’arruolamento? Non è  ancora chiaro. I jihadisti non hanno mostrato in passato rispetto per i  prigionieri. Ieri un portavoce della Mobilitazione popolare ha  annunciato la scoperta, nei pressi di Mosul, di «un’altra grande  fossa comune contenente i resti di circa 500 prigionieri civili uccisi  dalle bande del Daesh nella prigione di Badush», usato dai jihadisti come carcere centrale dell’organizzazione. 
Le vittime erano musulmani sciiti
Secondo quanto riferiscono le milizie, le esecuzioni dei prigionieri risalgono a oltre due anni e mezzo fa e i civili uccisi erano, per la maggior parte, musulmani sciiti. Moltitudine popolare riferisce che la sua seconda brigata ha catturato 87 combattenti del Daesh che ritengono responsabili del massacro nel carcere di Badush. In questo carcere, che è il secondo più grande dell’Iraq, non è stato trovato nessun detenuto vivo, secondo quanto ha riferito all’agenzia Efe il comandante delle operazioni militari nella provincia di Ninive, il generale Nayem al Yaburi. Ninive è la provincia di cui Mosul è capoluogo.

La vita dei civili rimasta a Mosul è molto difficile (Lapresse)
Le altre fosse comuni
Il Daesh ha preso il controllo del carcere di Badush l’11 giugno del 2014 e ha compiuto esecuzioni su centinaia di detenuti, liberandone invece migliaia di altri, fra cui alcuni leader e combattenti del gruppo terroristico stesso che stavano scontando condanne. La prigione è stata riconquistata dall’esercito iracheno mercoledì scorso.
Durante l’offensiva contro lo Stato islamico, le autorità irachene hanno trovato diverse fosse comuni, l’ultima delle quali con circa 100 cadaveri lo scorso 26 febbraio. A novembre è stata trovata un’altra fossa comune a sud di Mosul con i corpi di 300 persone, per la maggior parte poliziotti uccisi dai jihadisti, e a giugno scorso ne è stata scoperta un’altra con circa 400 vittime a Falluja.

Un civile che ha scelto di restare a Mosul riceve aiuti dalle forze irachene impegnate nella lotto al Daesh (Lapresse)
L’offensiva per liberare Mosul
Lo  scorso 18 ottobre le forze irachene hanno lanciato un’offensiva per  liberare Mosul. La parte est è stata riconquistata e ora l’offensiva si  concentra sulla parte ovest, più densamente abitata. Proprio ieri è  stata espugnata la più grande centrale idrica della città, e quindi lo  Stato Islamico non ha più acqua potabile nella sua ultima grande  roccaforte in Iraq. “Le forze della 16esima divisione dell’esercito  hanno liberato il villaggio Khawajah Khalil” issando la bandiera  irachena sulla centrale idrica Al Qubbah che si trova sulle rive del  fiume Tigri ad est del distretto di Badush a circa una ventina di metri a  nord-ovest di Mosul, come ha detto il comandante della campagna  militare per la liberazione della città, generale Abdul Amir
Yarallah.
 
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