ASIA/INDONESIA – Un gesuita: “Il populismo islamico, pericolo per l’Indonesia”

Antara
Giacarta (Agenzia Fides) – Per molti indonesiani, ieri è stato un  giorno triste. Sconfitto al ballottaggio nelle elezioni per il seggio di  governatore di Giacarta, Basuki Tjahaja Purnama, cristiano protestante  di etnia cinese conosciuto come “Ahok”, è stato arrestato dopo che un  tribunale ha dichiarato colpevole di blasfemia e condannato a due anni  di carcere.
 Interpellato dall’Agenzia Fides, il gesuita Franz Magnis-Suseno, noto  studioso e docente universitario, da 56 anni in Indonesia, ha detto: “E’  una sentenza ingiusta, approvata dai giudici sotto le forti pressioni  degli islamisti”. Analista politico e direttore della scuola di  filosofia dei gesuiti a Giacarta, Magnis-Suseno rileva il fenomeno del  “populismo islamico”. “Gli estremisti cercheranno di continuare la loro  campagna in vista delle elezioni presidenziali del 2019 per battere il  presidente Joko Widodo (detto Jokowi). A beneficiarne sarebbe il  politico Prabowo Subianto, l’uomo che Jokowi ha battuto nel 2013.  Cercheranno di battere sul tasto che Jokowi non è un vero musulmano”.
 Un altro scenario è ancora più preoccupante, aggiunge il gesuita  tedesco: “Da più di un anno sembra si sta sviluppando una coalizione  silenziosa tra ex generali e militanti islamici. Un aumento dei  disordini e del caos sociale potrebbe ‘costringere’ i militari ad  assumere il potere, con il sostegno islamista. Va notato che i vecchi  generali non hanno mai accettato la riforma democratica messa in atto  dopo la caduta del dittatore Suharto”.
 Secondo Magnis, ci sono due lezioni da imparare oggi: “La prima è che  l’estremismo islamico è stato sottovalutato, anche dalle grandi  organizzazioni musulmane della società civile,  Muhammadiyah e Nahdlatul  Ulama (NU). Negli ultimi sei mesi, dietro al leader estremista Habib  Rizieq Shihab si sono radunati in modo entusiasta anche i giovani  seguaci di NU e soprattutto di Muhammadiyah. Quindi, è possibile si stia  già verificando un cambiamento nell’equilibrio nell’islam indonesiano. I  radicali si proclamano come rappresentanti di tutto l’islam  indonesiano, battendo sull’identità islamica e assumendo un ruolo  centrale sulla scena politica”.
 La seconda lezione tocca la minoranza cristiana: “Le parole di Ahok e la  sua stessa presenza come candidato – spiega Magnis-Suseno – hanno  rappresentato fin dall’inizio una provocazione. Non è ancora maturo in  Indonesia il tempo perché un cristiano diventi leader nazionale.  Tantopiù un cristiano di origine cinese (vi sono sentimenti anti-cinesi  nella società), e poi una persona arrogante e supponente come Ahok”, che  ha inutilmente istigato i radicali, con il suo discorso sul Corano. In  ogni caso, conclude il gesuita, “i cittadini cristiani hanno offerto ad  Ahok un sostegno pacifico, in segno di solidarietà lo hanno accompagnato  fino alla prigione, cantando l’inno nazionale e lanciando questo  messaggio: i battezzati non vogliono lasciare che l’Indonesia cada nelle  mani dei fanatici e degli estremisti”. (PP- PA) (Agenzia Fides  10/5/2017)
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