Papa in Egitto. Mounir Farag: un messaggio di pace contro ogni fondamentalismo
“L’Egitto ha una grande storia umana. Si dice che è madre del mondo e culla della civiltà. Questo Egitto ha un ruolo fondamentale per la pace in Medio Oriente e il messaggio che è scaturito dal viaggio di papa Francesco va oltre l’Egitto e avrà un impatto anche sul terrorismo in Europa fomentato da alcuni imam”. È il pensiero e la speranza di Mounir Farag, medico chirurgo egiziano, docente universitario al Cairo e membro della Pontificia Accademia per la vita

A tenerlo costantemente aggiornato “minuto per minuto” del viaggio di papa Francesco al Cairo, anche dallo stadio dell’aeronautica militare dove alla messa era seduto in “prima fila”, è stato il numero due di al-Azhar, il professor Abbas Shuman, vice del grande imam al-Tayyib. “Segno di un dialogo che piano piano è chiamato a farsi vita, a diventare incontro”. È questa l’eredità lasciata da papa Francesco e a sottolinearla è Mounir Farag, medico chirurgo egiziano, docente universitario al Cairo, padre di famiglia, legato al Movimento dei Focolari, nonché membro della Pontificia Accademia per la vita.
Un viaggio breve ma particolarmente intenso. Dottor Farag, da  “egiziano”, può dirci che cosa ha colpito di più gli egiziani della  persona di papa Francesco?
 Il fatto che sia una persona che incarna nei fatti quello che dice. Del  Papa hanno colpito la semplicità, il coraggio, l’umiltà, la franchezza,  la sapienza, la diplomazia. In tanti hanno parlato di una diplomazia  senza “trucco”. Anche i musulmani hanno detto che è una persona che  incarna il Vangelo. La messa allo stadio è stata trasmessa dalle reti  nazionali e
gli egiziani si ricorderanno di lui per le parole pronunciate nell’omelia, quando ha detto che l’unico estremismo è quello dell’amore.
Sì, in quella occasione Francesco ha parlato del coraggio del  perdono. Parole forti che cadono in un contesto non facile per i  cattolici. Ci può dire che cosa significa essere una minoranza  cristiana?
 Siamo noi, cristiani per primi, a non voler utilizzare la parola  “minoranza”. Certo siamo una minoranza numerica: 200mila cattolici su  una popolazione di 90 milioni di abitanti. Ma l’impatto che abbiamo  sulle scuole e altre iniziative fa della comunità cattolica egiziana un  prezioso punto di riferimento per l’intera nazione. Abbiamo le migliori  scuole del Paese e questo impegno nell’educazione dei giovani ci pone  all’origine del Paese perché formiamo le nuove generazioni dell’Egitto.  Certo, non è facile. Soffriamo sulla nostra pelle un martirio nascosto.  Ma io cambierei la sua domanda e direi piuttosto che il Papa ha dato  coraggio a quello che noi siamo. Non so se avete visto le  video-testimonianze dei familiari delle vittime degli ultimi attentati.  Sono colpiti nel profondo ma non c’è rancore nel loro cuore. Hanno avuto  parole di perdono. Sono state fatte litanie di perdono verso coloro che  hanno ammazzato e ucciso. E mi pare che tutto questo sia in sintonia  con l’appello del Papa. È difficile, ma nelle parole dei familiari si  avverte chiara l’azione di una forza sovraumana che è più forte  dell’uomo. Quando si sente un papà che ha perso la moglie, la figlia e  la mamma, pronunciare parole di perdono, ci rendiamo conto di essere di  fronte a un miracolo dell’amore.
Tawadros e Francesco. Due fratelli con un cuore e un’anima sola. Che messaggio hanno dato al mondo cristiano?
 Il segno di un dialogo di vita e tra fratelli. Questa venuta di papa  Francesco in Egitto ha confermato questo rapporto soprannaturale che  esiste tra loro. È un dialogo della carità nella verità. E la verità è  che ci sono state tante sofferenze negli ultimi anni, tra cattolici e  ortodossi, a causa della condotta di alcuni anche se di una minoranza.  Si vede che lo Spirito Santo ha scelto questi due Papi in questo momento  per dare una spinta, per compiere un passo nuovo sulla via  dell’ecumenismo. Molto importante è la Giornata della fraternità che le  due Chiese vivono ogni anno il 10 maggio. Ma anche
la Dichiarazione firmata, che chiede lo sforzo di porre fine alla dolorosa storia dei ri-battesimi, è il più grande miracolo d’amore che hanno compiuto questi due uomini della Chiesa.
Ad al-Azhar, il Papa ha rivolto un discorso chiaro e diretto,  in particolare ribadendo un no assoluto alla violenza in nome di Dio.  Realisticamente quali conseguenze potranno avere queste parole su  un’istituzione come al-Azhar?
 Dobbiamo dire che al-Azhar è un’istituzione sunnita millenaria, punto di  riferimento per milioni di musulmani. Purtroppo si sa che per diverse  ragioni, si sono infiltrate ideologie ispirate al salafismo e i fratelli  musulmani. I cristiani silenziosamente accettano, amano, subiscono.  D’altra parte, è anche vero che da un po’ di tempo, quando c’è un  attentato e ci sono dei morti, da al-Azhar si alzano voci da parte di  pensatori musulmani che si distanziano in maniera ferma da quelle  violenze e le condannano. In questo contesto, il messaggio del Santo  Padre è stato chiaro mettendo in rilevo nel suo discorso le cause  ideologiche che sono dietro alle azioni di fondamentalismo ed  estremismo. Ha detto che le azioni di morte non possono in alcun modo  essere giustificate con la fede. Qualcuno può obiettare che c’è una  certa rigidità al cambiamento. Teniamo però conto che sono gli stessi  musulmani a subire e patire per le ideologie di pochissimi. Credo che  questo messaggio del Papa aiuterà a pensare e parlare nella verità. Non  sarà facile. Anche qui ci troviamo di fronte ad un primo passo. Ma  abbiamo tanta speranza. Il messaggio di papa Francesco unito ai  pensatori illuminati di al-Azhar può aiutare, pian piano, a ripulire il  discorso religioso, a diminuire il peso del fondamentalismo, a chiarire  lo sbaglio, che fanno le ideologie, e ribadire che non si può in alcun  modo legare fede e terrorismo, fede e fondamentalismo. Vorrei però  aggiungere un altro elemento. E, cioè, sottolineare l’importanza del  dialogo della vita e dell’incontro. A fine marzo ho partecipato ad un  convegno in Vaticano sulle cure palliative al quale ha partecipato anche  l’università di al-Azhar. Se cristiani e musulmani sono uniti nella  difesa e nella promozione della dignità di ogni essere umano, danno una  testimonianza dirompente che contraddice ogni forma di terrorismo.
Quanto e come può tutto questo contribuire alla pace in Medio Oriente e mettere fine al terrorismo in Europa?
 L’Egitto ha una grande storia umana. Si dice che è madre del mondo e  culla della civiltà. Questo Egitto ha un ruolo fondamentale per la pace  in Medio Oriente. Il messaggio che è scaturito da questo viaggio e il  lavoro di dialogo nella verità che si vuole portare avanti, vanno oltre  l’Egitto e, ne sono sicuro, avranno un impatto anche sul terrorismo in  Europa fomentato da alcuni imam. Sebbene minoranza, sono purtroppo ben  organizzati e manipolano con le loro ideologie i musulmani in Europa.  Dall’Egitto può dunque partire un messaggio di pace e di amore per  tutti.
Il testo originale e completo si trova su: