Onu: in Sud Sudan 3 mila persone rischiano di morire di fame

Sud Sudan, cittadini verso un compound Onu – EPA
Oltre trentamila persone in Sud Sudan rischiano di morire di fame e altre ”decine di migliaia” sono ”a rischio carestia”. La denuncia arriva da Fao, Unicef e World Food Program in un comunicato congiunto. Le persone maggiormente colpite sono quelle che vivono nello stato dell’Unità, nel Nord del Paese, un tempo regione principe per la produzione di petrolio ora è teatro di atrocità che vanno dagli stupri di donne e bambini ai sequestri di massa. Il Paese africano è funestato dal 2013 da una guerra civile tra governo e ribelli. ”A meno che non venga garantito urgentemente l’accesso umanitario illimitato – si legge nel comunicato congiunto delle tre agenzie delle Nazioni Unite – l’insicurezza alimentare potrebbe deteriorare fino a produrre carestia in zone dello Stato dell’Unità”. Difficile la situazione umanitaria anche nella zona compresa tra Sudan e Sud Sudan, in particolare nelle ricche regioni del Sud Kordofan e del Nilo Blu, dove i ribelli del Movimento di liberazione del Sudan combattono contro il governo di Khartoum. Uno spiraglio per la pace del Sudan si è aperto oggi: Khartoum, infatti, ha accettato di prendere parte ai negoziati di pace con i ribelli, previsti per il mese prossimo ad Addis Abeba. Sulla difficile situazione umanitaria che vive l’area Elvira Ragosta ne ha parlato con Enrico Casale, redattore della rivista “Africa” dei Padri Bianchi:
R. – Da quanto risulta dalle testimonianze dei missionari che ancora operano sul territorio, la situazione è particolarmente problematica perché nonostante sia stato raggiunto un accordo di pace fra il presidente Salva Kiir e il capo ribelle Riek Machar, gli scontri sul territorio continuano e di fronte a questi scontri la popolazione fugge, scappa e spesso si rifugia in zone in cui non esiste nulla per potersi approvvigionare, per poter trovare cibo e acqua, soprattutto acqua pulita.
D. – Su questo accordo di pace che previsioni ci sono per il futuro?
R. – L’accordo di pace è molto delicato. Fa ben sperare il fatto che recentemente l’Uganda ha accettato di ritirare le proprie truppe che avevano sostenuto il presidente Salva Kiir. Quindi il presidente si trova senza un sostegno molto forte.
D. – C’è un’altra emergenza umanitaria che riguarda gli Stati del Sudan confinanti con il Sud Sudan: stiamo parlando del Sud Kordofan e del Nilo Blu, dove è in atto un altro scontro tra i ribelli del Movimento di liberazione del Sudan contro il governo del Sudan, di Khartum. Com’è la situazione al momento?
R. – Si profila un probabile accordo, si spera. Anche perché da un lato il governo del Sudan ha accettato di deporre le armi e dall’altro il movimento dei ribelli ha accettato in questi giorni di mettere in pratica una tregua. Queste sono regioni molto ricche e di conseguenza gli appetiti su questi due Stati sono molto forti. Il Sud Sudan ha sempre cercato fin dagli accordi di pace, e anche dopo l’indipendenza, di fomentare queste regioni e sostenere i movimenti ribelli affinché queste regioni si staccassero dal Sudan e entrassero nell’orbita del Sud Sudan. Quindi c’è un interesse diretto da parte di Juba a mettere le mani su queste ricchezze che sono veramente ingenti.
D. – Che influenza ha l’Unione africana in questo contesto regionale?
R. – Si sta creando e si sta addestrando in Sud Africa una forza dell’Unione africana che potrebbe essere impiegata in questo tipo di crisi come forza di interposizione per le parti. Ecco l’Unione africana dovrebbe riuscire a prendere in carico queste crisi e risolverle senza un ricorso esterno. E sarebbe opportuno che intervenisse in modo deciso anche l’Onu, le Nazioni Unite, con una propria forza di intervento.
Il testo originale e completo si trova su:
http://it.radiovaticana.va/news/2015/10/22/onu_in_sud_sudan_30000_persone_rischiano_di_morire_di_fame/1181159