IRAQ – ( 3 Aprile )

IRAQ: LA NOSTRA TERRA È LA TERRA DI ABRAMO

 

Intervista con monsignor Bashar Matti Warda, arcivescovo caldeo di Erbil

 

ROMA, lunedì, 2 aprile 2012 (ZENIT.org) – Quando il nuovo ambasciatore iracheno presso la Santa Sede ha presentato le sue credenziali, Papa Benedetto XVI ha affermato in modo inequivocabile che la Chiesa irachena sta lottando per la sua stessa sopravvivenza. In collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), Mark Riedemann ha intervistato per Where God Weeps (Dove Dio Piange) monsignor Bashar Matti Warda, C.Ss.R., arcivescovo caldeo di Erbil, nel nord del Paese, sulla storia dei cattolici in Iraq.

Un anno prima della sua ordinazione, è stato ucciso l’arcivescovo caldeo di Mosul. Ci sono state delle minacce di morte alla gerarchia ecclesiastica. Davanti a tutte queste sfide, di cui Lei era ben consapevole, non è stato tentato di dire: “Non voglio questa responsabilità, è troppa”?

Monsignor Bashar Matti Warda: Non è naturale, ma ho detto che ero pronto, a qualunque costo. E’ obbedienza. Sapevo che era impegnativo e difficile. Da allora ho avuto varie esperienze a Bagdad sia durante che dopo la guerra. Fortunatamente Erbil è sicura, ma c’è anche lì un naturale senso di paura, ma una volta che ti sei lanciato vai semplicemente avanti, tutto qui.

Lei ha completato i suoi studi a Lovanio, in Belgio, e la tesi era sulla violenza nell’Islam. Perché aveva scelto questo argomento particolare?

Monsignor Bashar Matti Warda: Nel 1993 e 1994, il precedente regime iracheno si voltò verso l’islam e il movimento islamico, non perché ci credevano ma per stabilire un maggiore controllo specialmente durante il periodo delle sanzioni internazionali. Abbiamo sperimentato allora un aumento della violenza all’interno dell’Islam e tra i musulmani in particolare in Medio Oriente. Ho studiato le radici di questi movimenti e aspettavo un aumento della politicizzazione e una radicalizzazione dell’islam. Dal 2001 al 2003 si vedeva chiaramente l’emergere di movimenti islamici radicali sulla strada, il che non era normale. Mi resi conto che tutto il Medio Oriente stava attraversando un momento molto delicato e di grandi sfide, soprattutto a causa del radicalismo islamico.

La violenza è inerente all’Islam o l’Islam viene manipolato dai fondamentalisti?

Monsignor Bashar Matti Warda: Direi la seconda, cioè la manipolazione, perché abbiamo vissuto insieme per tanti anni in una coesistenza pacifica con i musulmani sciiti o sunniti. C’è certamente violenza nella storia dell’islam e ce n’è ancora; non molto tempo fa un vescovo è stato ucciso e numerose famiglie sono state costrette a lasciare Mosul e Bagdad. Molti gruppi in Iraq credono che l’Islam sia l’unica religione e che usare la violenza per raggiungerlo è giustificato.

C’è una campagna che mira a costringere i cristiani di andarsene?

Monsignor Bashar Matti Warda: La violenza è in tutto il Paese. La situazione dei cristiani è un fenomeno speciale. Gli sciiti rispondono con la violenza ai sunniti quando vengono attaccati e viceversa, mentre i cristiani sono l’unica comunità che non risponde con la violenza. Ciò li rende speciali….

Un bersaglio facile, dunque…

Monsignor Bashar Matti Warda: Esattamente. E ci sono tanti motivi per attaccare i cristiani, i cristiani sono vittime di un processo sociale, economico e politico. Ci sono persone che discriminano e attaccano i cristiani perché sono cristiani, ci sono altri gruppi che attaccano i cristiani perché “fa notizia” a livello internazionale, cioè per mostrare al mondo intero che il processo politico in Iraq è un fallimento, che ci sono persone che attaccano i cristiani per interessi sociali ed infine altri per ragioni economiche. Questo ultimo gruppo minaccia le famiglie cristiane, costringendole a lasciare le loro case semplicemente per occupare le case abbandonate.

Voglio fare una domanda sugli sfollati interni provenienti dal sud e l’afflusso al nord. Qual è l’impatto sulla vostra diocesi?

Monsignor Bashar Matti Warda: L’esperienza di questa povera gente ci ha spinti a prenderci cura di loro pastoralmente. Quindi è una grazia di Dio e un segno di speranza per noi. Nelle diocesi di Bagdad e di Mosul sono costretti a chiudere le chiese mentre noi stiamo pensando a costruirne nuove per queste famiglie. Abbiamo oltre 5.000 nuove famiglie cristiane e hanno bisogno di un posto. Non è tuttavia temporaneo, in quanto molte persone, grazie a Dio, acquistano proprietà a Erbil e Ankawa. L’acquisto di un immobile è un segno che pensano di rimanere permanentemente.

Che è un buon segno per il Paese…

Monsignor Bashar Matti Warda: Sì, è un buon segno per il Paese e anche per il cristianesimo perché possiamo trovare un equilibrio tra una zona di sofferenza e una zona pacifica. Questo darà anche speranza agli altri vescovi e sacerdoti a Baghdad e Mosul che, almeno, vedranno un segno di speranza perché quello che ci rattrista sono quelle famiglie che lasciano il Paese. Questa è davvero una storia triste, perché sappiamo che non torneranno mai più.

Pensando ai profughi, c’è una storia particolare che l’ha colpita personalmente?

Monsignor Bashar Matti Warda: Ad una famiglia è stato chiesto di preparare la loro figlia a sposare un emiro, il capo di un piccolo gruppo radicale, entro 24 ore. L’ultimatum era il matrimonio, convertirsi all’Islam e lasciare la casa.

C’è stata una proposta per creare un’enclave cristiana nella Piana di Ninive. Si tratta di una buona idea?

Monsignor Bashar Matti Warda: Nelle discussioni con i politici cristiani, nessuno ha mai pensato assolutamente a questa idea. Non c’è nessuno che crede che sia una buona idea raccogliere i cristiani in un punto. Questo è stato malinteso sin dall’inizio. Ci sono alcuni storici villaggi e città, conosciuti come cristiani. Un certo gruppo islamico ha iniziato a comprare le proprietà cristiani al doppio del prezzo solo per possedere la proprietà e per modificare la situazione demografica del villaggio fino a quando la gente ha capito la motivazione più profonda alla base di questo e hanno smesso di vendere. La domanda è, invece, quella di cambiare la demografia di queste città, di avere diritti costituzionali a quelle città storiche e villaggi. Nessuno, però, ha chiesto di radunare i cristiani in un unico luogo.

Viste le difficoltà, si verifica anche un numero straordinario di fedeli che frequentano la Messa, nonché un aumento delle vocazioni?

Monsignor Bashar Matti Warda: La nostra terra è la terra di Abramo. Fu chiamato in un momento di aridità. Fu anche un momento di difficoltà e Dio gli disse: guarda il cielo e la moltitudine di stelle, la tua discendenza sarà come questo. Così è sempre stato. Dio ci dà il segno della speranza in mezzo alla sofferenza in modo che possiamo contare su di Lui ed andare avanti. Questa è la gioia che sperimentiamo e lodiamo Dio in mezzo alla sofferenza. Nel mezzo di una crisi, Dio ci darà sempre il segno della speranza e della gioia che Lui è con noi, Emmanuel.

Cosa possiamo fare per aiutare i cristiani in Iraq?

Monsignor Bashar Matti Warda: La Chiesa in Iraq è una Chiesa sofferente, ma dacci la speranza e l’incoraggiamento per continuare la nostra missione, perché vediamo che il cristianesimo è prezioso per il Paese. Non possiamo dire: ‘bene che respingono e dovremmo andarcene’, no. Abbiamo ancora tanta gente che crede con noi che abbiamo una missione verso questa comunità soprattutto nei momenti di violenza. Abbiamo una missione lì, una missione da svolgere fiduciosamente un ruolo molto importante nel portare riconciliazione a tutti i partiti politici. Per questo, abbiamo bisogno di molte preghiere da parte vostra e anche la consapevolezza che la Chiesa è ancora molto viva lì.

Il testo completo si trova su:

http://www.zenit.org/article-30166?l=italian

condividi su