Non una figura qualsiasi, ma il numero due del movimento: Khairat al-Shater, di fatto luomo-simbolo della Fratellanza di cui è ideologo, finanziatore e stratega politico. È considerato uno dei più ricchi imprenditori dEgitto, abilissimo nel dirigere il suo impero economico anche dal chiuso di una cella di prigione, dove ha trascorso dodici anni. Insomma, una candidatura forte che irrompe come un ciclone nella gara alla poltrona di raìs e prefigura un nuovo regime allinsegna dellintegralismo islamico dopo quello autoritario di Mubarak.
Una mossa a sorpresa che i Fratelli Musulmani hanno cercato di giustificare con la necessità di opporsi allarroganza della giunta militare. In queste settimane infatti il Consiglio supremo delle Forze Armate ha bloccato la formazione di un nuovo governo a guida islamista e non sembra intenzionato a lasciare il potere.
Ma i contrasti più laceranti sono esplosi allinterno dellAssemblea costituente dove i Fratelli Musulmani hanno il monopolio assoluto. In segno di protesta la minoranza liberal-democratica ha deciso di non prendere parte alle sedute. Ieri il boicottaggio è stato annunciato anche dai delegati della Chiesa copta. E gli stessi giudici della Corte Costituzionale si sono ritirati dallAssemblea, sulla cui legittimità dovrà pronunciarsi il tribunale del Cairo.
Incurante delle proteste il blocco islamista, composto dalla Fratellanza e dai rappresentanti del movimento salafita, intende portare avanti la stesura di una nuova Costituzione ispirata ai principi della sharia. È una china pericolosa quella che sta imboccando lEgitto, a differenza di quanto deciso pochi giorni fa in Tunisia dove il partito islamista Ennahda ha deciso di mantenere il primo articolo della vecchia Costituzione escludendo il ricorso alla legge coranica.
Maestri di doppiezza, i Fratelli Musulmani dEgitto si presentano come sostenitori della tolleranza e della democrazia ma non transigono sui principi dellislam politico. Ed il loro candidato alla presidenza, al-Shater, è un campione dambiguità: conservatore e pragmatico, accentratore allinterno del movimento e dialogante con chi sta fuori, teorico delleconomia islamica e amico dei finanzieri di Wall Street oltre che in buoni rapporti con il Dipartimento di Stato americano.
Prima che venisse annunciata ufficialmente sabato sera, la candidatura di al-Shater era stata anticipata ad Hillary Clinton che non ha avuto obiezioni. Il suo portavoce ha dichiarato che «gli Stati Uniti non sono allarmati dai nuovi sviluppi della campagna presidenziale in Egitto».
Finora nei sondaggi risultava in testa Amir Moussa, lex segretario generale della Lega Araba. Anche lex esponente dei Fratelli Musulmani, Abdel Aboul Futuh, gode di un consenso non indifferente, soprattutto tra gli attivisti democratici di piazza Tahrir. Ma lo scenario è cambiato con la discesa in campo del miliardario islamico, lasso pigliatutto della Fratellanza che insegue il potere con un cinismo degno di Machiavelli.
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